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A che punto siamo col COVID?


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6 minuti fa, mario61 ha scritto:

in effetti ha poco effetto sull'incidenza della malattia .... riduce solo la sua gravità e mortalità

L’integrazione di vitamina D riduce la gravità del COVID-19?: una revisione sistematica
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35166850/   ottobre 2022
I risultati di questo studio mostrano che l’integrazione di vitamina D è efficace nel ridurre la gravità del COVID-19.
Pertanto, la vitamina D dovrebbe essere raccomandata come terapia adiuvante per COVID-19.
 

 

Ricordo che i no-vax appoggiano questi "studi" sulla vitamina D , ma non ci sono certezze.  Ora che il Covid è meno aggressivo, rimane la raccomandazione e il diritto alla vaccinazione anti Covid, per tutti i soggetti di età superiore a 60 anni e per tutti i fragili di qualunque età (non sono sicuro se al momento il vaccino è comunque offerto a tutti indipendentemente dall'età e lo stato di salute) e il vaccino costituisce l'unica prevenzione certa e valida contro il Covid, il resto sono tutte chiacchiere senza alcun fondamento scientifico 😤 

Per la vitamina D basta essere comunque nel range dei valori sufficienti, in più non serve a niente e si può rivelare tossico e dannoso, mentre una grave  carenza può provocare problemi di vario genere

Al momento il Covid può costituire un problema solo per gli anziani e i fragili, ma ricordo che all'inizio il Covid poteva uccidere chiunque anche il più sano al mondo e quello che mangiava meglio di tutti e faceva del sano sport. Ora è facile parlare di Covid come un'influenza, che basta un po' di sole, pesce e arance, per non farti venire il raffreddore (altra bufala secolare) peccato che dopo quasi 4 anni di pandemia, c'è ancora tantissima gente che è seriamente convinta che mal gola, tosse e febbre, sono causati dal ventilatore, condizionatore e in generale dai colpi d'aria e di freddo 😂 

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5 hours ago, tornado said:

non esiste altra prevenzione, se non il vaccino,

Se vuoi salvarti da COVID è necessario stare lontani dallo stress e dalla paura. Quale tipologia di alimentazione o ambiente stressa il tuo corpo? Quali notizie generano paura e terrore nella tua mente? Ecco argomenti da approfondire. I microbi cosiddetti "cattivi" si combattono permettendo al tuo sistema immunitario di funzionare correttamente, e di lavorare, mentre quelli buoni non rappresentano un pericolo anzi. E ciò indipendentemente se COVID esista o meno (probabilmente non esiste). Anche perché si muore di tante patologie - inoltre chiunque potrebbe costruire in laboratorio e mettere in circolo organismi particolari quindi usarli come arma contro target ben identificati. E potrebbe chiamare tali nuovi virus artificiali: "vaccini". Non soltanto è necessario stare lontani dallo stress e dalla paura occorre anche Essere. Più passa il tempo e più il filtro si restringe. Molti sono chiamati pochi eletti.

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il buon senso della Mayo Clinic

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Non è chiaro se gli integratori di vitamina D aiutino a prevenire l’infezione da COVID-19.

Puoi aiutare a prevenire l’infezione dal virus COVID-19 seguendo questi passaggi:
- Vaccinarsi.
- Evitare le persone malate.
- Lavarsi spesso le mani con acqua e sapone.
- Non toccarsi il viso.
- Disinfettare regolarmente le superfici che si tocca.
- Migliorare il flusso d'aria, chiamato anche ventilazione, quando si è in ambienti chiusi aprendo le finestre o accendendo gli aspiratori.
- Indossare una maschera, soprattutto se i livelli di comunità COVID-19 nella zona sono elevati.

La vitamina D, come altre vitamine e minerali, aiuta il corpo a funzionare.
E la vitamina D è nota per avere un ruolo nella risposta immunitaria del corpo.
I ricercatori stanno esaminando l’effetto dei livelli di vitamina D su COVID-19.
Alcuni ricercatori studiano modi per prevenire le malattie.
Altri testano l’effetto della vitamina D somministrata alle persone ricoverate in ospedale con COVID-19 .

Non esiste un quadro chiaro su come o se la vitamina D debba essere utilizzata nella prevenzione o nel trattamento del COVID-19 , ma i ricercatori ritengono che non avere la quantità di vitamina D di cui il corpo ha bisogno, chiamata anche carenza di vitamina D, potrebbe esporre le persone a un rischio maggiore di contrarre il COVID-19 e malattie polmonari, chiamate anche respiratorie, in generale.
Avere abbastanza vitamina D può anche aiutare le persone a ottenere il massimo dalla vaccinazione contro il COVID-19 .

Se si  preoccupati per i propri livelli di vitamina D, meglio chiedere al medico di farli controllare, e se c'è carenza chiedere di come aumentarli.

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1 ora fa, tornado ha scritto:

 

Purtroppo tu tendi a credere a tutto quello che ti viene proposto 🫣 Gli studi non significano automaticamente certezza, quindi nel dubbio non bisogna prenderli per verità ☺️ e neppure seguirli e/o metterli in pratica (il sole senza protezione solare fa male, aumenta rischio tumori della pelle, oltre ai danni cellulari alla pelle) 

Ti rimando al sito del ministero della salute  https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/archivioFakeNewsNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&tagId=1314  dove si parla della bufala sulla vitamina D per contrastare il Covid (e in generale per tutte le infezioni virali e batteriche)  allego 2 screenshot per facilitarti visto che dici che ti faccio perdere tempo, ma non perdi tempo a leggere cavolate e ad approfondirle 😱 spero di essere stato chiaro che una << corretta >> non diminuiscono il rischio Covid e influenza. L'unica prevenzione è il vaccino 😤 

 

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Primo, dove hai letto che non mi vaccinerò? Secondo, dal post di Mario61:

"I risultati di questo studio mostrano che l’integrazione di vitamina D è efficace nel ridurre la gravità del COVID-19.
Pertanto, la vitamina D dovrebbe essere raccomandata come terapia adiuvante per COVID-19."

Ti ricordo che anche i vaccinati si possono ammalare di covid anche se in forma più leggera.

Ma non ho altro tempo da investire con chi non ha intenzione di capire, anche perché il topic non è su di me ma sulle novità sul covid. Bye

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Il 13/9/2023 at 17:38, G.a.b.r.i.e.l ha scritto:

Se vuoi salvarti da COVID è necessario stare lontani dallo stress e dalla paura. Quale tipologia di alimentazione o ambiente stressa il tuo corpo? Quali notizie generano paura e terrore nella tua mente? Ecco argomenti da approfondire. I microbi cosiddetti "cattivi" si combattono permettendo al tuo sistema immunitario di funzionare correttamente, e di lavorare, mentre quelli buoni non rappresentano un pericolo anzi. E ciò indipendentemente se COVID esista o meno (probabilmente non esiste). Anche perché si muore di tante patologie - inoltre chiunque potrebbe costruire in laboratorio e mettere in circolo organismi particolari quindi usarli come arma contro target ben identificati. E potrebbe chiamare tali nuovi virus artificiali: "vaccini". Non soltanto è necessario stare lontani dallo stress e dalla paura occorre anche Essere. Più passa il tempo e più il filtro si restringe. Molti sono chiamati pochi eletti.

Io per prenderlo da mio figlio e avere lo stramaledetto green pass gli facevo tamponi con cotton fioc e poi me li infilavo nel naso. Ho dovuto bere nella sua bottiglia e farmi tossire in faccia. Insomma, alla fine ce l'ho fatta ma è stata dura. E il test era vagamente positivo. Mio padre vaccinato aveva il red carpet di Venezia.

In vista della nuova stagione di cazzate pandemiche, stressiamoci per tempo.

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Infezione da SARS-CoV-2 come potenziale fattore di rischio per lo sviluppo del cancro
Front. Mol. Biosci., 11 September 2023 Sec. Molecular Diagnostics and Therapeutics
Volume 10 - 2023 | https://doi.org/10.3389/fmolb.2023.1260776
La pandemia di COVID-19 ha un impatto significativo sulla salute pubblica e il numero stimato di decessi in eccesso potrebbe essere più di tre volte superiore a quello documentato nelle statistiche ufficiali.
Numerosi studi hanno dimostrato un aumento del rischio di COVID-19 grave e di morte nei pazienti affetti da cancro.
Inoltre, è stato considerato il ruolo del SARS-CoV-2 come potenziale fattore di rischio per lo sviluppo del cancro. 
Sia la pandemia di SARS-CoV-2 che le sue conseguenze pongono sfide estreme ai sistemi sanitari.
Studi recenti suggeriscono meccanismi patogenetici comuni sia alla SARS-CoV-2 che all’oncogenesi.
SARS-CoV-2 sfrutta l’immunità dell’ospite stimola la segnalazione e le vie oncogeniche e può stabilire un microambiente oncogenico. Le persone con COVID-19 clinicamente guarite mostrano profonde alterazioni immunitarie che persistono per diversi mesi dopo la dimissione dall’ospedale.
I pazienti affetti da cancro corrono un rischio più elevato di infezione da SARS-CoV-2, malattia clinica grave, progressione del cancro e morte. Pertanto, questo gruppo di pazienti richiede cure speciali in termini di adeguata prevenzione della trasmissione virale e monitoraggio del decorso della malattia primaria.
Sono necessari ulteriori studi per determinare l’impatto a lungo termine dei sintomi asintomatici o lievi dell’infezione da SARS-CoV-2 sul decorso della malattia primaria nei pazienti affetti da cancro.
Inoltre, tutti i pazienti dovrebbero essere regolarmente sottoposti a screening per il cancro dopo l’infezione da SARS-CoV-2, poiché è stato dimostrato che il virus non solo influenza la progressione del cancro ma anche induce oncogenesi e recidiva del cancro.
Da segnalare, inoltre, che sono stati descritti casi di effetto benefico dell’infezione da SARS-CoV-2 sul decorso del processo neoplastico. È quindi necessario effettuare studi sia sperimentali che clinici che risolvano i dubbi esistenti a lungo termine. poiché è stato dimostrato che il virus non solo influenza la progressione del cancro, ma anche induce oncogenesi e recidiva del cancro.

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51 minuti fa, mario61 ha scritto:

Infezione da SARS-CoV-2 come potenziale fattore di rischio per lo sviluppo del cancro
Front. Mol. Biosci., 11 September 2023 Sec. Molecular Diagnostics and Therapeutics
Volume 10 - 2023 | https://doi.org/10.3389/fmolb.2023.1260776
La pandemia di COVID-19 ha un impatto significativo sulla salute pubblica e il numero stimato di decessi in eccesso potrebbe essere più di tre volte superiore a quello documentato nelle statistiche ufficiali.
Numerosi studi hanno dimostrato un aumento del rischio di COVID-19 grave e di morte nei pazienti affetti da cancro.
Inoltre, è stato considerato il ruolo del SARS-CoV-2 come potenziale fattore di rischio per lo sviluppo del cancro. 
Sia la pandemia di SARS-CoV-2 che le sue conseguenze pongono sfide estreme ai sistemi sanitari.
Studi recenti suggeriscono meccanismi patogenetici comuni sia alla SARS-CoV-2 che all’oncogenesi.
SARS-CoV-2 sfrutta l’immunità dell’ospite stimola la segnalazione e le vie oncogeniche e può stabilire un microambiente oncogenico. Le persone con COVID-19 clinicamente guarite mostrano profonde alterazioni immunitarie che persistono per diversi mesi dopo la dimissione dall’ospedale.
I pazienti affetti da cancro corrono un rischio più elevato di infezione da SARS-CoV-2, malattia clinica grave, progressione del cancro e morte. Pertanto, questo gruppo di pazienti richiede cure speciali in termini di adeguata prevenzione della trasmissione virale e monitoraggio del decorso della malattia primaria.
Sono necessari ulteriori studi per determinare l’impatto a lungo termine dei sintomi asintomatici o lievi dell’infezione da SARS-CoV-2 sul decorso della malattia primaria nei pazienti affetti da cancro.
Inoltre, tutti i pazienti dovrebbero essere regolarmente sottoposti a screening per il cancro dopo l’infezione da SARS-CoV-2, poiché è stato dimostrato che il virus non solo influenza la progressione del cancro ma anche induce oncogenesi e recidiva del cancro.
Da segnalare, inoltre, che sono stati descritti casi di effetto benefico dell’infezione da SARS-CoV-2 sul decorso del processo neoplastico. È quindi necessario effettuare studi sia sperimentali che clinici che risolvano i dubbi esistenti a lungo termine. poiché è stato dimostrato che il virus non solo influenza la progressione del cancro, ma anche induce oncogenesi e recidiva del cancro.

 

Vabbè non esageriamo 😁 che poi @cincin ci fa tutto un romanzo con questi << studi >> gli estremi sono troppi da entrambe le parti 🥹  limitiamoci al long Covid decisamente più noto 🙏🏼 di cui mia madre ci ha sofferto per più di un mese 🤕 faringite e febbre al di sotto dei 38 gradi per un mese 😓 

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4 hours ago, Freya said:

Io per prenderlo da mio figlio e avere lo stramaledetto green pass gli facevo tamponi con cotton fioc e poi me li infilavo nel naso. Ho dovuto bere nella sua bottiglia e farmi tossire in faccia. Insomma, alla fine ce l'ho fatta ma è stata dura. E il test era vagamente positivo. Mio padre vaccinato aveva il red carpet di Venezia.

In vista della nuova stagione di cazzate pandemiche, stressiamoci per tempo.

Già. Mai fatto tamponi perché non mi interessa sapere se ho raffreddore o influenza o qualcosa di equivalente e perché non credo nell'affidabilità e innocuità dei tamponi. E non avevo bisogno del lasciapassare.. Ma, sembrerebbe, che ci siano delle persone "predisposte" che prendono facilmente tali microbi - sempre se la teoria dei virus sia corretta - e persone molto più resistenti che non ne risentono affatto, del passaggio delle "ondate". Io non me ne proccupo, non avendo paura delle "pandemie" raffreddori influenze coviddi e cose similari però secondo certe statistiche c'è chi muore di influenza, a questi era dedicato il post sull'importanza di non stressare e non terrorizzare il sistema immunitario - non si sa mai, potrebbe fare disertore rinunciando alla battaglia per lasciare il soggetto disarmato.

1 hour ago, tornado said:

limitiamoci al long Covid decisamente più noto 🙏🏼 di cui mia madre ci ha sofferto per più di un mese 🤕 faringite e febbre al di sotto dei 38 gradi per un mese 😓 

Qui spiegano i fatti: “Sì, dipende dal sacro siero”. Bomba in diretta, panico alla Rai! L’ammissione dell’esperto, provoca il gelo nello studio del Tg. Qui il Video..

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1 ora fa, G.a.b.r.i.e.l ha scritto:

Già. Mai fatto tamponi perché non mi interessa sapere se ho raffreddore o influenza o qualcosa di equivalente e perché non credo nell'affidabilità e innocuità dei tamponi. E non avevo bisogno del lasciapassare.. Ma, sembrerebbe, che ci siano delle persone "predisposte" che prendono facilmente tali microbi - sempre se la teoria dei virus sia corretta - e persone molto più resistenti che non ne risentono affatto, del passaggio delle "ondate". Io non me ne proccupo, non avendo paura delle "pandemie" raffreddori influenze coviddi e cose similari però secondo certe statistiche c'è chi muore di influenza, a questi era dedicato il post sull'importanza di non stressare e non terrorizzare il sistema immunitario - non si sa mai, potrebbe fare disertore rinunciando alla battaglia per lasciare il soggetto disarmato.

Qui spiegano i fatti: “Sì, dipende dal sacro siero”. Bomba in diretta, panico alla Rai! L’ammissione dell’esperto, provoca il gelo nello studio del Tg. Qui il Video..

 Boh 🤔 sembra che qui si sia apparentemente rimangiato tutto 🤨

https://gruppoini.it/il-dr-fernando-lunedi-precisa-le-sue-affermazioni-sul-long-covid/

 

Comunque era chiaro che era necessario contestualizzare, e non fare affermazioni assolute. Poiché la quasi totalità della popolazione a rischio maggiore long Covid si è vaccinata (il resto è deceduta o fortunatamente non ha ancora avuto il Covid) è normale che tutti i pazienti con diagnosi di long Covid osservati erano pure vaccinati. Con Omicron il long Covid è diminuito sia nei sintomi che nella durata, e nella maggior parte dei casi si è trattato solo di Covid persistente, che doveva fare il suo corso, nel caso di mia madre probabilmente frammenti di virus nella gola le hanno causato una faringite (pizzicore e bruciore) con febbricola pomeridiana e serale associata. Si sa ormai con certezza che il long Covid è dovuto alla persistenza del virus nell'organismo, nelle vie respiratorie, nell'intestino, e in vari organi compreso il cervello che causerebbe la nebbia mentale, anche dopo tampone di controllo negativo (probabilmente per mia madre un tampone molecolare faringeo sarebbe uscito positivo per alcune settimane dopo l'esito negativo del tampone rapido nasale) 

Io invece non ho avuto long Covid, anzi credo che la protezione delle 3 dosi abbiano impedito nel mio caso di avere mal di gola, rinite e tosse, ho avuto solo febbre per 2 giorni e perdita di olfatto per alcuni giorni, e sentivo solo il salato e non gli altri gusti 🫣 Ma io ho il sistema immunitario più forte di mia madre, con il Covid ho avuto una guarigione totale rapida, che un semplice raffreddore mi durava di più e sempre con sviluppi di tosse e rinite per settimane 🙏🏼 l'influenza vera e propria invece mi ha sempre causato febbre per 5 giorni fino a 40 e un malessere generale, quindi credo nel mio caso che la vaccinazione abbia facilitato la guarigione da Covid  impedendo lo sviluppo di altri fastidiosi sintomi 

Edited by tornado
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Il 16/9/2023 at 23:14, tornado ha scritto:

 Boh 🤔 sembra che qui si sia apparentemente rimangiato tutto 🤨

Sempre più misteriosa la faccenda covid, eh? E qui, cosa dicono?

Neuropathic symptoms with SARS-CoV-2 vaccination

This article is a preprint and has not been peer-reviewed (...)

Background and Objectives: Various peripheral neuropathies, particularly those with sensory and autonomic dysfunction may occur during or shortly after acute COVID-19 illnesses. These appear most likely to reflect immune dysregulation. If similar manifestations can occur with the vaccination remains unknown.

Results: In an observational study, we studied 23 patients (92% female; median age 40years) reporting new neuropathic symptoms beginning within 1 month after SARS-CoV-2 vaccination. 100% reported sensory symptoms comprising severe face and/or limb paresthesias, and 61% had orthostasis, heat intolerance and palpitations. Autonomic testing in 12 identified seven with reduced distal sweat production and six with positional orthostatic tachycardia syndrome. Among 16 with lower-leg skin biopsies, 31% had diagnostic/subthreshold epidermal neurite densities (≤5%), 13% were borderline (5.01-10%) and 19% showed abnormal axonal swelling. Biopsies from randomly selected five patients that were evaluated for immune complexes showed deposition of complement C4d in endothelial cells. Electrodiagnostic test results were normal in 94% (16/17). Together, 52% (12/23) of patients had objective evidence of small-fiber peripheral neuropathy. (...)

Conclusions: This observational study suggests that a variety of neuropathic symptoms may manifest after SARS-CoV-2 vaccinations and in some patients might be an immune-mediated process.

• medRxiv

Traduzione:

Sintomi neuropatici con la vaccinazione SARS-CoV-2

Questo articolo è una prestampa e non è stato sottoposto a revisione paritaria (...)

Contesto e obiettivi: varie neuropatie periferiche, in particolare quelle con disfunzione sensoriale e autonomica, possono verificarsi durante o subito dopo la malattia acuta da COVID-19. Questi sembrano molto probabilmente riflettere la disregolazione immunitaria. Non è noto se manifestazioni simili possano verificarsi con la vaccinazione.

Risultati: In uno studio osservazionale, abbiamo studiato 23 pazienti (92% donne; età mediana 40 anni) che riferivano nuovi sintomi neuropatici iniziati entro 1 mese dalla vaccinazione SARS-CoV-2. Il 100% ha riferito sintomi sensoriali comprendenti gravi parestesie al viso e/o agli arti e il 61% presentava ortostasi, intolleranza al calore e palpitazioni. I test autonomici su 12 pazienti ne hanno identificati sette con ridotta produzione di sudore distale e sei con sindrome da tachicardia ortostatica posizionale. Tra i 16 soggetti con biopsie cutanee della parte inferiore della gamba, il 31% presentava densità di neuriti epidermici diagnostiche/ sottosoglia (≤5%), il 13% era borderline (5,01-10%) e il 19% mostrava gonfiore assonale anormale. Le biopsie di cinque pazienti selezionati casualmente che sono stati valutati per gli immunocomplessi hanno mostrato la deposizione del complemento C4d nelle cellule endoteliali. I risultati dei test elettrodiagnostici erano normali nel 94% (16/17). Insieme, il 52% (12/23) dei pazienti aveva evidenza oggettiva di neuropatia periferica delle piccole fibre. (...)

Conclusioni: questo studio osservazionale suggerisce che una varietà di sintomi neuropatici possono manifestarsi dopo le vaccinazioni contro SARS-CoV-2 e in alcuni pazienti potrebbero essere un processo immunomediato.

• medRxiv •

Edited by cincin
Nascondo per chiedere all'utente la traduzione che poi inserirò io. Edit: inserita traduzione fornita dall'utente, riapro.
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Mal di gola, poi congestione: i sintomi comuni del Covid ora seguono uno schema
I medici che curano Covid descrivono i modi in cui la malattia si è attenuata e si è spostata nel tempo fino a colpire principalmente il tratto respiratorio superiore, ed è sempre più difficile distinguere il Covid dalle allergie o dal comune raffreddore, anche se i ricoveri aumentano.
I segni distintivi del passato della malattia, come la tosse secca o la perdita del senso del gusto e dell'olfatto, sono diventati meno comuni.   https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(22)00327-0/fulltext
"Non sono gli stessi sintomi tipici che vedevamo prima. C'è molta congestione, a volte starnuti, di solito un lieve mal di gola".
Di solito arriva prima il mal di gola, poi la congestione.
I medici ora descrivono uno schema di sintomi più chiaro e coerente.
"Quasi tutti quelli che ho visto hanno avuto sintomi davvero lievi"
 "L'unico modo in cui sapevamo che si trattava di Covid era perché li stavamo testando".
Alcuni pazienti hanno descritto "una sensazione di bruciore come non avevano mai avuto, nemmeno con lo streptococco in passato". "Poi, non appena si verifica la congestione, sembra che la gola migliori".
Insieme alla congestione, alcuni pazienti avvertono mal di testa, affaticamento, dolori muscolari, febbre, brividi o gocciolamento retronasale che possono portare a tosse, sebbene la tosse non sia un sintomo primario.
L’affaticamento e i dolori muscolari durano solitamente un paio di giorni, mentre la congestione a volte può durare alcune settimane.
Solo il 10-20% circa dei suoi pazienti Covid perde il senso del gusto o dell’olfatto ora, rispetto a circa il 60-70% all’inizio della pandemia.
Ultimamente si vedono inoltre molto meno sintomi g-intestinali.
Nella maggior parte dei casi, pochi pazienti necessitano di ricovero ospedaliero – anche quelli che si presentano al pronto soccorso – e molti guariscono senza bisogno della pillola antivirale Paxlovid o di altri trattamenti.
"Soprattutto da luglio, quando è iniziata questa recente mini-ondata, i giovani che presentano sintomi delle vie respiratorie superiori - tosse, naso che cola, mal di gola, febbre e brividi - il 99% delle volte tornano a casa con cure di supporto".
Il dottor Dan Barouch, direttore del Centro di virologia e ricerca sui vaccini presso il Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston, ha attribuito i lievi sintomi riscontrati dai medici all’immunità dai vaccini e da precedenti infezioni.
"Nel complesso, la gravità di Covid è molto inferiore rispetto a un anno fa e due anni fa. Questo non perché le varianti siano meno robuste. È perché le risposte immunitarie sono più elevate".
Altri ritengono che lo stesso omicron abbia cambiato anche la presentazione dei sintomi del Covid, poiché alcuni studi hanno dimostrato che le prime versioni di esso non erano efficaci come le varianti precedenti nell’infettare i polmoni .
La sottovariante più diffusa attualmente in circolazione è l'EG.5, seguita da un ceppo chiamato FL.1.5.1. Insieme, questi due sembrano causare un aumento delle infezioni da Covid, sebbene gli scienziati stiano osservando anche BA.2.86 , una variante con un gran numero di mutazioni che sembra significativamente diversa dalle versioni precedenti di omicron.
Sebbene i casi di BA.2.86 siano in aumento negli Stati Uniti, non è tra le principali varianti in circolazione.
I nuovi vaccini dovrebbero essere efficaci contro questi tre ceppi e altri. 
I tassi di ospedalizzazione sono più alti tra le persone di età pari o superiore a 75 anni, seguiti dai bambini sotto i 6 mesi e dagli adulti di età compresa tra 65 e 74 anni. La maggior parte delle persone ricoverate in ospedale per Covid da gennaio non aveva ricevuto un richiamo bivalente, secondo il CDC.
Le persone anziane in particolare potrebbero avere un’immunità in declino se non sono state infettate o vaccinate di recente.
I pronto soccorso in genere non vedono la mancanza di respiro, i bassi tassi di ossigeno o la polmonite virale che in passato hanno portato alcuni pazienti a essere sottoposti a tubi di ossigeno o ventilatori, invece i tipici pazienti Covid ricoverati a Burbank sono più anziani e soffrono di disidratazione, perdita di appetito, debolezza o affaticamento.
Uno studio pubblicato questo mese ha rilevato che i tassi di long-Covid sono diminuiti una volta che l’omicron è diventata la variante dominante. I ricercatori non sanno se malattie più lievi abbiano contribuito a questa tendenza o se l’immunità della popolazione sia stata in gran parte responsabile.
L'accelerazione del battito cardiaco e l'intolleranza all'esercizio fisico sono tra i sintomi persistenti più comuni. 
Ogni reinfezione comporta il rischio di un long-Covid.
"Quello che stiamo vedendo nelle cliniche long-Covid non sono solo i ceppi più vecchi che continuano ad essere sintomatici e non migliorano: stiamo aggiungendo a quel numero anche il nuovo ceppo; ecco perché non prendiamo meno sul serio questa nuova ondata."

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I deterioramenti cognitivi a lungo termine del COVID e i deficit dell’ormone riproduttivo negli uomini possono derivare dalla morte neuronale del GnRH
https://www.thelancet.com/journals/ebiom/article/PIIS2352-3964(23)00350-X/fulltext
Lancet  eBioMedicine   2023;96: 10478 September 12, 2023

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'Université de Lille, Inserm, CHU LilleFrance ha scoperto una sorprendente connessione tra il virus SARSCoV2 e i disturbi cognitivi così come i deficit ormonali riproduttivi negli uomini.
La ricerca suggerisce che il virus può colpire e danneggiare direttamente i neuroni e i taniciti dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH) nel cervello, contribuendo potenzialmente allo sviluppo di sintomi prolungati di COVID e accelerando il declino cognitivo soprattutto per gli uomini.
Questa rivelazione ha implicazioni di vasta portata per la nostra comprensione dell’impatto del virus sulla salute umana.

Il legame tra GnRH e declino cognitivo
Il GnRH, spesso considerato il principale regolatore della riproduzione, svolge un ruolo cruciale nel mantenimento della salute riproduttiva; tuttavia, studi recenti hanno indicato che i neuroni GnRH si estendono oltre l’asse riproduttivo e hanno connessioni con varie regioni del cervello coinvolte nelle funzioni cognitive.
Gli individui con sindrome di Down (DS), che spesso presentano deficit cognitivi, invecchiamento precoce e cambiamenti neurodegenerativi simili alla malattia di Alzheimer (AD), mostrano una ridotta espressione di GnRH.
Questa osservazione ha portato gli scienziati a esplorare se l’insufficienza di GnRH, dovuta a fattori come l’età o la malattia, potrebbe essere un meccanismo comune che contribuisce al declino cognitivo in vari contesti.
Tra i sintomi del long-COVID vi sono spesso difficoltà cognitive, anosmia persistente (perdita dell'olfatto) e ipogonadismo (ridotta produzione di ormoni sessuali), principalmente nei pazienti di s&sso maschile. Questi sintomi sono paralleli alle caratteristiche degli individui con DS, sollevando dubbi sul fatto se la disfunzione del GnRH possa essere alla radice di queste lunghe manifestazioni di COVID.

Lo studio ha scoperto che alcuni pazienti maschi affetti da COVID19 presentavano ipotestosteronemia persistente (bassi livelli di testosterone), che potrebbe avere origine nell’ipotalamo.
In particolare, è stata riscontrata una correlazione inversa tra i cambiamenti dei livelli di testosterone e del peso corporeo nel tempo, evidenziando il coinvolgimento dell’ipotalamo sia nella regolazione ormonale che nelle funzioni metaboliche.
Inoltre, la ricerca ha scoperto due potenziali vie di invasione del SARSCoV2 nel cervello.
Innanzitutto, il virus ha infettato i neuroni sensoriali olfattivi, che sono collegati alla perdita dell’olfatto; in secondo luogo, il virus ha invaso i taniciti, cellule gliali multifunzionali all’interno dell’ipotalamo.
È importante sottolineare che è noto che questi taniciti interagiscono con i neuroni GnRH, suggerendo un collegamento diretto tra l’infezione da SARSCoV2 e la disfunzione del GnRH.
La cosa più allarmante è che lo studio ha scoperto che i neuroni GnRH stessi stavano morendo nel cervello di tutti i pazienti COVID19 esaminati, con conseguente riduzione significativa dell’espressione del GnRH.

Implicazioni per il COVID a lungo e oltre Le implicazioni di questi risultati sono profonde.
La neuroinvasione del SARSCoV2 nell’ipotalamo, che porta alla disfunzione dei neuroni GnRH e dei taniciti, può essere la causa alla base di vari sintomi COVID a lungo termine. Questa disfunzione potrebbe causare seri problemi riproduttivi, disturbi metabolici e problemi di salute mentale tra i pazienti affetti da long-COVID. Inoltre, solleva preoccupazioni circa il rischio a lungo termine di disturbi del neurosviluppo e neurodegenerativi in individui di tutte le fasce d’età che hanno sperimentato il COVID19.

Una preoccupazione immediata è il potenziale impatto sulla fertilità sia negli uomini che nelle donne; la perdita di GnRH l'espressione, il principale regolatore dell'asse riproduttivo, potrebbe portare a problemi successivi della fertilità nei sopravvissuti al COVID19. 
Inoltre, i neuroni GnRH hanno connessioni con le regioni del cervello responsabili delle funzioni cognitive, come la corteccia e l’ippocampo. Il GnRH svolge un ruolo nel mantenimento della connettività cerebrale e della funzione cognitiva negli adulti e la sua ridotta espressione è stata collegata a deficit cognitivi. Pertanto, la drammatica downregulation del GnRH e la morte dei neuroni GnRH nel cervello dei pazienti COVID19 possono accelerare il declino cognitivo correlato all’età. I sintomi cognitivi comunemente associati al COVID lungo, come la “nebbia cerebrale”, potrebbero essere esacerbati da questa disfunzione del GnRH.

Sebbene questo studio innovativo fornisca approfondimenti critici sul potenziale impatto del SARSCoV2 sui neuroni e sui taniciti del GnRH, sono essenziali ulteriori ricerche. Sono necessari studi longitudinali per monitorare i livelli ormonali e la funzione cognitiva nei sopravvissuti al COVID19 per un periodo prolungato per confermare la correlazione tra disfunzione del GnRH e declino cognitivo. Inoltre, sono giustificate indagini sui potenziali benefici della terapia sostitutiva del GnRH per mitigare questi deficit.

L'impatto sul metabolismo energetico e sui neonati
Lo studio evidenzia anche il ruolo dei taniciti nella regolazione del metabolismo energetico e la potenziale rottura di questa regolazione nei pazienti affetti da COVID19, con conseguente aumento del rischio di diabete.
Inoltre, la vulnerabilità dei neuroni GnRH fetali solleva preoccupazioni sulle infezioni materne o perinatali da COVID19 e sui loro potenziali effetti sui neonati. L’interruzione dei processi critici di sviluppo, come la minipubertà, potrebbe avere conseguenze a lungo termine sia sulla salute riproduttiva che su quella cognitiva.

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Effetti dell’integrazione di creatina per sei mesi sugli esiti riferiti dal paziente e dal medico e sui livelli di creatina nei tessuti nei pazienti con sindrome da stanchezza post-COVID-19
https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/fsn3.3597?utm_medium=email&utm_source=publicity&utm_content=WRH_9_18_23&utm_term=FSN3
L'aminoacido creatina è essenziale per la salute dei muscoli e del cervello e le persone usano comunemente integratori di creatina per migliorare le prestazioni fisiche e aumentare la massa muscolare.
I risultati di un recente studio clinico pubblicato su Food Science & Nutrition indicano che la creatina alimentare può anche apportare benefici agli individui che soffrono della sindrome da stanchezza post-COVID-19.
Nello studio, 12 persone con sindrome da stanchezza post-COVID-19 sono state randomizzate per assumere un placebo o 4 grammi di creatina monoidrato al giorno per 6 mesi.
L'assunzione di creatina ha causato un aumento significativo dei livelli di creatina nei muscoli delle gambe e in tutto il cervello sia ai controlli a 3 che a 6 mesi.
L’integrazione di creatina ha portato anche a una significativa riduzione dell’affaticamento generale dopo 3 mesi di assunzione e ha migliorato significativamente i punteggi per diversi sintomi correlati alla sindrome da stanchezza post-COVID-19, tra cui perdita del gusto, difficoltà respiratorie, dolori muscolari, mal di testa e difficoltà concentrazione: al follow-up a 6 mesi.
"Sostenere la creatina potrebbe essere di grande importanza nell'affrontare questa condizione prevalente, ma sono necessari ulteriori studi per confermare i nostri risultati in varie coorti post-COVID-19".
 

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La crescita dei contagi è rallentata questa settimana, significa che siamo prossimi al picco Eris 🙏🏼

 

Bollettino settimana 14-20 settembre 2023

• 36.081 nuovi casi (+17,2% rispetto alla settimana precedente)
• 117 decessi (+18,2%)

• 232.664 tamponi (+12,5%)
• Tasso di positività: 15,5% (+0,6%)

• Ricoveri: 2.533 (+155)
• Terapie Intensive: 91 (+15)

@covid19

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Efficacia della vaccinazione contro il COVID-19 sulla trasmissione: una revisione sistematica
COVID 2023, 3(10), 1516-1527; https://www.mdpi.com/2673-8112/3/10/103 : 23 September 2023
La vaccinazione contro le malattie infettive offre una protezione diretta dall’immunità indotta dal vaccino e un’ulteriore protezione indiretta per le persone non vaccinate.
È stata condotta una revisione sistematica per stimare l’effetto indiretto della vaccinazione COVID-19.
Nel complesso, i risultati dello studio hanno mostrato l’efficacia della vaccinazione COVID-19 contro la trasmissione della SARS-CoV-2 (intervallo 16-95%), indipendentemente dal tipo di vaccino o dal numero di dosi.
Un'efficacia statisticamente significativa contro la trasmissione è stata dimostrata nel 75% dei risultati dello studio.
Ciò indica che dopo un’infezione rivoluzionaria, le persone vaccinate hanno ridotto l’infettività e una minore possibilità di ulteriore trasmissione di SARS-CoV-2 ai loro contatti, sebbene questi risultati fossero meno pronunciati nell’era dell’omicron (intervallo 24–95% per le varianti pre-omicron rispetto a 16–31% per omicron).
I risultati degli studi sulla carica virale sono stati di supporto, mostrando che le infezioni da SARS-CoV-2 negli individui vaccinati avevano valori Ct più elevati, suggerendo una carica virale inferiore, rispetto alle infezioni tra i non vaccinati.
Sulla base di questi risultati, programmi di vaccinazione tempestivi potrebbero contribuire a ridurre la trasmissione della SARS-CoV-2, anche nell’era dell’omicron, ma è necessario studiare ulteriormente se vaccini meglio abbinati possano migliorare l’efficacia contro la trasmissione nell’era degli omicron.

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Efficacia del gabapentin per la disfunzione olfattiva post-COVID-19 [The GRACE Randomized Clinical Trial]
JAMA Otolaryngol Head Neck Surg. September 21, 2023.   https://jamanetwork.com/journals/jamaotolaryngology/fullarticle/2809346
La pandemia di COVID-19 ha colpito milioni di persone ed è diventata un’eziologia dominante della disfunzione olfattiva (OD).
Non esistono interventi con utilità clinica definitiva. Gabapentin rappresenta una potenziale terapia per l’OD da COVID-19
Il gabapentin è un farmaco antiepilettico utilizzato per la neuropatia diabetica e la nevralgia posterpetica, che è stato segnalato per migliorare la parosmia indotta da COVID-19. Il gabapentin agisce legando i canali del calcio voltaggio-dipendenti, che svolgono un ruolo importante nella trasmissione sinaptica neuronale. Le sue proprietà lipofile gli permettono di attraversare la barriera emato-encefalica e di trattare i disturbi del sistema nervoso centrale, come il dolore cronico e la sindrome della bocca urente. 
Grazie alle sue proprietà neurorigenerative e alla capacità di entrare nel sistema nervoso centrale, il gabapentin rappresenta un’opzione terapeutica efficace per l’OD indotto da COVID-19.
Sebbene esista una crescente letteratura che suggerisce trattamenti promettenti per l'OD che includono training olfattivo, teofillina intranasale e corticosteroidi intranasali, nessuno di questi trattamenti ha dimostrato in modo definitivo di essere clinicamente efficace.
Il gabapentin è stato valutato come potenziale bersaglio terapeutico per mitigare il danno indotto dal virus agli ORN. Tuttavia, i risultati di questo studio hanno dimostrato che un ciclo di 8 settimane di gabapentin non ha migliorato le misurazioni soggettive o oggettive dell’olfatto e non dovrebbe essere considerato un potenziale agente terapeutico per l’OD indotto da COVID-19.

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Gli scienziati sono sempre più vicini alla ricerca di un biomarcatore per il long-Covid, che potrebbe portare a test e trattamenti migliori
I test di routine spesso non rivelano che qualcosa non va, quindi i medici a volte presumono erroneamente che il long-Covid possa essere una forma di depressione o ansia o altrimenti sia tutto nella testa di una persona.
Ora, due studi piccoli ma molto dettagliati stanno fornendo approfondimenti sulla biologia alla base del long-Covid e, se riprodotti, potrebbero indicare potenziali biomarcatori per la condizione cronica, che colpisce circa il 6% di tutti gli adulti americani o più di 15 milioni di persone, secondo ai dati più recenti del CDC.
“Questa è una conferma per la comunità del fatto che non si tratta solo di un gruppo di persone che si lamentano molto. Esistono differenze biologiche tra le persone che soffrono di stanchezza persistente, problemi cognitivi e POTS”.

Nuovi indizi da studi approfonditi sul sangue
Il primo studio, condotto da ricercatori di Yale e Mount Sinai è stato pubblicato su Nature; le persone che si sono iscritte allo studio e avevano il Covid-19 avevano per lo più infezioni iniziali lievi e in media sono stati prelevati campioni di sangue più di un anno dopo essersi ammalati. L’affaticamento invalidante dopo l’esercizio è un sintomo comune del lungo Covid chiamato malessere post-sforzo.   https://www.nature.com/articles/s41586-023-06651-y

Hanno scoperto che le persone con long-Covid avevano livelli più bassi dell’ormone cortisolo al mattino; in effetti, i livelli di cortisolo erano circa la metà di quelli delle persone dei gruppi di controllo. Di tutte le variabili misurate in questo studio, questa differenza è stata il più forte predittore della possibilità che una persona abbia il long-Covid.
Questa scoperta è stata una delle più importanti per i ricercatori perché ha un senso biologico.
“Quando hai bassi livelli di cortisolo, avvertirai stanchezza, nausea, vomito, perdita di peso, debolezza e dolore”.
"Quindi livelli più bassi di cortisolo potrebbero contribuire ai sintomi."
Sebbene diversi risultati dello studio fossero statisticamente significativi – il che significa che era improbabile che fossero dovuti al caso – non sono state identificate soglie chiare che potrebbero dare a medici e pazienti un limite per sapere quando i loro risultati sono normali..
Evidenza di virus risvegliati
Il gruppo Covid lungo aveva anche prove di disregolazione immunitaria, cioè livelli più elevati di cellule immunitarie nel sangue chiamate monociti non convenzionali e livelli più bassi di un altro tipo di cellula immunitaria chiamata cellula dendritica di tipo 1 convenzionale. I test hanno rilevato anche una serie di altre differenze, suggerendo un sistema immunitario fuori controllo.
E il gruppo long-Covid ha mostrato cambiamenti immunitari che suggerivano che virus dormienti si fossero risvegliati nei loro corpi come il virus Epstein-Barr, che causa la mononucleosi, un’infezione nota soprattutto per causare affaticamento debilitante. Circa il 95% degli adulti è portatore della forma latente di Epstein-Barr.
“Quella stessa riattivazione potrebbe contribuire ad alcuni di questi sintomi”. I ricercatori pensano che il long-Covid possa in qualche modo danneggiare il sistema immunitario e impedire all’organismo di tenere sotto controllo questi virus “dormienti” o latenti.

Danno d'organo sulle scansioni MRI
Il secondo studio, condotto da ricercatori di Oxford e pubblicato su Lancet Respiratory Medicine, ha utilizzato la risonanza magnetica, o MRI, per scansionare 259 persone che erano state ricoverate in ospedale con Covid-19.
Dopo una media di cinque mesi dalla dimissione, i ricercatori hanno trovato prove di danni ai polmoni, al cervello o ai reni di 1 persona su 3 che era stata ricoverata in ospedale con Covid-19.
Le persone che erano state ricoverate in ospedale per le loro infezioni avevano tre volte il rischio di cambiamenti cerebrali come cicatrici e restringimenti in alcune aree, 14 volte il rischio di danni ai polmoni e due volte il rischio di lesioni ai reni.
Gli scienziati non hanno tuttavia trovato prove di danni duraturi al cuore o al fegato, suggerendo che tali organi fossero più resistenti.
Avere lesioni polmonari osservate alla risonanza magnetica era collegato al persistere di  sintomi di costrizione toracica e tosse, ma il danno ad altri organi non era necessariamente correlato ai sintomi di una persona.
Ad esempio, le persone che soffrivano di confusione mentale non sembravano avere più danni al cervello rispetto alle persone della stessa età che non avevano avuto il Covid-19.
Lo studio ha anche scoperto che le persone che avevano segni di danni a due o più organi avevano quattro volte più probabilità di riportare disabilità mentali e fisiche gravi e molto gravi.
I ricercatori hanno detto che non è chiaro se le lesioni che vedono nelle scansioni MRI miglioreranno nel tempo;  i pazienti studiati fino ad un anno avevano una percentuale simile di persone con danni sulle loro scansioni, suggerendo un danno duraturo.
"Ora ci sono prove concrete che ci sono cambiamenti in una serie di organi a seguito dell'infezione da Covid nelle persone che sono state ricoverate in ospedale, e i ricercatori possono ora iniziare a mettere insieme varie linee di prova, comprese quelle come le nuove scoperte di Yale e del Monte Sinai, e queste inizieranno ad aiutare i medici a capire quali test potrebbero essere utili per la diagnosi.
"Sfortunatamente, c'è ancora una percentuale molto elevata di pazienti che presentano ancora sintomi in corso, fino a un anno".

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Valutazione della variazione della pressione arteriosa nei pazienti affetti da COVID-19 guariti al follow-up a un anno: uno studio di coorte retrospettivo
Under Review  BMC Cardiovascular Disorders 27 Sep, 2023   https://doi.org/10.21203/rs.3.rs-3317308/v1 _
La malattia da coronavirus ha varie conseguenze, una delle quali potrebbe essere l’ipertensione (HTN).
L'obiettivo era valutare l'impatto di COVID-19 sulla pressione sanguigna (BP) in pazienti non ospedalizzati al follow-up di un anno.
In un’impresa senza precedenti, abbiamo esaminato gli effetti a lungo termine di COVID-19 sulla pressione arteriosa tra 5.355 pazienti non ospedalizzati che sono stati seguiti 12,5 ± 0,4 mesi dopo il recupero da COVID-19. Sia la pressione sistolica che quella diastolica erano significativamente più alte dopo l’infezione, con oltre un sesto che ha sviluppato ipertensione di nuova insorgenza o esacerbata.
Età, storia precedente di HTN, Diabete o eventi cardiaci e fumo erano fattori di rischio.
Il COVID-19 ha aumentato la pressione arteriosa sistolica e diastolica a lungo termine nei pazienti non ospedalizzati; tutti i pazienti dovrebbero essere valutati per quanto riguarda la pressione arteriosa, dopo il recupero da COVID-19, in particolare quelli con i fattori predittivi menzionati. 
Sebbene l’esatto meccanismo alla base di questo fenomeno resti sfuggente, potrebbe essere spiegato dalla disregolazione del RAAS (aumento di Ang II, iperreninemia e diminuzione di ACE 2, Ang 1-7 e Ang 1-9), processi infiammatori e tempesta sistemica di citochine, stile di vita sedentario e fattori psicologici (stress, ansia) successivi al COVID-19.

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SARS-CoV-2 infetta le arterie coronarie, aumenta l’infiammazione delle placche
https://www.nature.com/articles/s44161-023-00336-5#:~:text=SARS-CoV-2 induced a strong pro-atherogenic inflammatory,in patients with COVID-19.
Secondo uno studio del NATIONAL HEART, LUNG AND BLOOD INSTITUTE, il  COVID-19 può infettare direttamente le arterie del cuore e causare un'elevata infiammazione della placca di grasso all'interno delle arterie, aumentando il rischio di infarto e ictus. 
I risultati , pubblicati sulla rivista Nature Cardiovascular Research , possono aiutare a spiegare perché alcune persone che contraggono il COVID-19 hanno maggiori probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari o, se già le hanno, sviluppano più complicazioni legate al cuore, tuttavia, poiché i ricercatori hanno scoperto che il virus infetta e si replica nelle arterie indipendentemente dai livelli di placca, i risultati potrebbero avere implicazioni più ampie per chiunque contragga il COVID-19.
“Fin dai primi giorni della pandemia, sappiamo che le persone affette da COVID-19 hanno un rischio maggiore di malattie cardiovascolari o ictus fino a un anno dopo l’infezione; crediamo di aver scoperto uno dei motivi di questo”
I ricercatori sapevano che dopo che il virus raggiunge le cellule, il sistema immunitario del corpo invia globuli bianchi noti come macrofagi per aiutare a eliminare il virus. Nelle arterie, i macrofagi aiutano anche a rimuovere il colesterolo e, quando sono sovraccarichi di colesterolo, si trasformano in un tipo specializzato di cellule chiamate cellule schiumose.
Il team ha prelevato tessuti dalle arterie coronarie e dalle placche di persone morte a causa del COVID-19 e ha confermato che il virus era in quei tessuti. Quindi hanno prelevato cellule arteriose e della placca – compresi macrofagi e cellule schiumose – da pazienti sani e li hanno infettati con SARS-CoV-2 in una piastra da laboratorio. Hanno scoperto che il virus aveva infettato anche quelle cellule e quei tessuti.
Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che, confrontando i tassi di infezione di SARS-CoV-2, hanno dimostrato che il virus infetta i macrofagi a un ritmo più elevato rispetto ad altre cellule arteriose. Le cellule schiumose cariche di colesterolo erano le più suscettibili alle infezioni e incapaci di eliminare prontamente il virus. Ciò ha suggerito che le cellule schiumose potrebbero fungere da serbatoio di SARS-CoV-2 nella placca aterosclerotica. Un maggiore accumulo di placca, e quindi un numero maggiore di cellule schiumose, potrebbe aumentare la gravità o la persistenza del COVID-19.
I ricercatori hanno quindi rivolto la loro attenzione all’infiammazione che prevedevano potesse verificarsi nella placca dopo averla infettata con il virus. Hanno rapidamente documentato il rilascio di molecole, note come citochine, note per aumentare l’infiammazione e promuovere la formazione di ancora più placche. Le citochine sono state rilasciate dai macrofagi e dalle cellule schiumose infette e questo potrebbe aiutare a spiegare perché le persone che hanno un accumulo di placca sottostante e poi contraggono il COVID-19 possono avere complicazioni cardiovascolari molto tempo dopo aver contratto l’infezione.  
"Questo studio è incredibilmente importante in quanto si aggiunge al più ampio corpus di lavori per comprendere meglio il COVID-19" “Questo è solo un altro studio che dimostra come il virus infetta e provoca infiammazione in molte cellule e tessuti in tutto il corpo. In definitiva, si tratta di informazioni che informeranno la ricerca futura sia sul COVID acuto che su quello cronico”.

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6 hours ago, Spinoza said:

Te lo hanno comunicato gli aGlieni?

No, le osservazioni sul campo. Mai fatto vaccini anti influenza, e mai avuto problemi con influenza. Mai fatto vaccini anti covid, e mai avuto problemi con covid. Ora se due più due fa quattro... Al di là delle parole di Mario (Draghi). Io sinceramente non vedo tutte queste grandi differenze tra influenza e covid ergo perché dovrei credere nell'esistenza del covid? Gli extraterrestri non parlano con me, solo con Raël, e non spiegano le cose ovvie, ce la facciamo da soli. 🙂

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9 ore fa, G.a.b.r.i.e.l ha scritto:

No, le osservazioni sul campo. Mai fatto vaccini anti influenza, e mai avuto problemi con influenza. Mai fatto vaccini anti covid, e mai avuto problemi con covid. Ora se due più due fa quattro... Al di là delle parole di Mario (Draghi). Io sinceramente non vedo tutte queste grandi differenze tra influenza e covid ergo perché dovrei credere nell'esistenza del covid? Gli extraterrestri non parlano con me, solo con Raël, e non spiegano le cose ovvie, ce la facciamo da soli. 🙂

Ok a posto.

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osservazioni dal campo....santo

https://www.seo.nl/oversterfte-tijdens-coronapandemie-grotendeels-onder-mensen-met-overgewicht/
Dal settanta al cento per cento dell’eccesso di mortalità durante i primi due anni della pandemia di Covid-19 si è verificato tra le persone in sovrappeso. Ciò rende l’obesità il fattore di stile di vita più decisivo per l’eccesso di mortalità: più del bere eccessivo, (una storia di) fumo, esercizio fisico insufficiente e solitudine. Il sovrappeso è l’unico fattore legato allo stile di vita correlato a un aumento della mortalità in eccesso in tutti i sottogruppi, suddivisi per età, s&sso, livello di istruzione, origine e salute. La relazione tra obesità ed eccesso di mortalità rimane chiaramente presente, indipendentemente, ad esempio, dal livello di istruzione o dalla salute.

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