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Nero

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Blog Entries posted by Nero

  1. Nero

    Isole
    La puffetta mannara, in arte Giorgia,  ha un vantaggio su Elly, al di là del confronto tra caratteri e tra unghie e denti più o meno affilati, e tra somma e sottrazioni algebriche di errori od omissioni.
    Giorgia può contare sul suo elettorato, capace di digerire tutto e il contrario di tutto, anzi di esserne indifferente. 
    Elly no, non può sbagliare. E sarà costretta a sbagliare, qualunque sarà la parte verso cui tirerà la coperta.
  2. Nero

    Isole
    L'avvento, l'esistenza, le azioni, le proposte di questo governo hanno una grande qualità, o almeno offrono alla sinistra la possibilità di ritrovarsi e riconoscersi, se l'opportunità viene colta fino in fondo. Non tanto nell'opposizione parlamentare, ma nel pensiero, nell'anima. 
    Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
    sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
    Codesto solo oggi possiamo dirti,
    ciò che non siamo, ciò che non vogliamo
    A cominciare dal grande equivoco della legge elettorale, culminato con una truffa che ha di fatto soppresso il parlamento, regalando allo stesso tempo una maggioranza spropositata a un soggetto che è minoritario in termini percentuali, e peggio ancora in termini assoluti. Un regalo - l'ennesimo regalo avvelenato - di Renzi e della sua stagione.
     
  3. Nero

    Isole
    Da diverse parti si accusa questa destra di sviare i discorsi, di distrarre l'attenzione dalle cose serie per fare propaganda con battaglie di retroguardia sui diritti civili, per di più riguardanti minoranze spesso trascurabili, come le zingare in gravidanza o i rave parties. Un'accusa ragionevole, e del resto lo pensavo anche io, secondo evidenza. Poi ho capito.
    No. Non è propaganda, non è distrazione di massa. E' che quelle sono esattamente le cose che pensano. Le hanno pensate per cinquant'anni, traumatizzati dal 68. Per le cose serie, l'economia, va bene anche l'agenda Draghi, o l'agenda che fu di Renzi, o Conte, o Gualtieri, tutt'al più con correttivi favorevoli alla concentrazione dei media d'ispirazione berlusconiana o la detassazione per i bottegai d'ispirazione leghista.
    L'orizzonte di questa destra è questo. La scuola umiliante coi somari. I presidi che sospendono le ragazze in minigonna. Mano libera alla polizia. Trieste italiana. La cartina geografica dell'Italia dietro la cattedra. La pedana sotto la cattedra - ecco, la pedana, anche sotto il signor direttore del TG, dei vigili urbani, del capo del personale in fabbrica.
    E il presentatore di Sanremo con la fascia tricolore da patriota terracqueo.
  4. Nero

    Isole
    L'intelligenza non avrà mai peso, mai
    nel giudizio di questa pubblica opinione.
    Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai
    da uno dei milioni d'anime della nostra nazione,
    un giudizio netto, interamente indignato:
    irreale è ogni idea, irreale ogni passione,
    di questo popolo ormai dissociato
    da secoli, la cui soave saggezza
    gli serve a vivere, non l'ha mai liberato.
    Pasolini, cinquant'anni fa. C'è tutto, ha detto tutto, con la sua gentilezza agghiacciante, relegando nel superfluo ogni battibecco sul fascismo, sulla guerra, sul nazismo e sulla miriade di fatti e fattacci dell'epoca.
    In altri scritti - vedi le Belle bandiere -  lo stesso Pasolini si è interrogato, e si è in parte risposto, alla domanda che sorge spontanea, di fronte all'ostinata nostalgia di fascismo manifestata da tanta gente, non sempre, non tutta violenta, anzi in molti casi brava gente, semplice, buona e generosa nei suoi rapporti familiari - la domanda "ma cosa hanno in testa, quando parlano, straparlano, di fascismo?".
    Il fatto è che decidere cosa sia il bene è discutibile all'infinito, ma il male è inequivocabile.
    Su quale sia una casa bella, sicura e confortevole tutti hanno un legittimo pensiero diverso, ma un tetto sfondato distrugge l'idea stessa di casa. E' - dovrebbe essere - fuori discussione.
  5. Nero

    Isole
    Guardiamole bene le facce, i corpi che accompagnano questo filmato. 
    Gente che ha fatto il giro del globo terracqueo, con la loro faccia afghana.
     
  6. Nero

    Isole
    Un manicomio è un luogo delimitato, chiuso, dove uomini e donne si aggirano, completamente staccati della realtà e interagiscono secondo un codice imperscrutabile, o almeno di difficile interpretazione. 
    Milano non è propriamente un luogo chiuso, ma sicuramente il suo centro è delimitato da muri invisibili, sebbene trasparenti, come il plexiglass e i cristalli dei suoi grattacieli.
    Un servizio giornalistico, in televisione, ci ha fatto vedere un mondo milanese che rimabalza da un drink, da un aperitivo alla Ferrari noleggiata per un salto a Montecarlo, con l'intermezzo di qualche mignottona dell'Est o dal centro-America coi capelli vaporosi svolazzanti sulla terrazza panoramica di un ristorante. E un giovane imprenditore, di un settore non meglio specificato, che si vanta del suo cappotto da cinquemila euro.
    Alla fine del servizio, il commento più divertente e interessante è quello di un frate francescano, in studio, che dice: "Vedendo il filmato, in un primo momento pensavo che fossero attori, perché nella realtà non immaginavo che potesse esistere una roba del genere". 
    Quel giovane imprenditore era, anche lui, in studio, insieme a una parlamentare di Azione, un'imprenditrice (vera) romagnola, che possiede cinquanta supermercati, al frate e a un gruppettaro di Firenze. Si discuteva, ma l'unico che sembrava non capire nemmeno di cosa si stesse parlando - il lavoro, la povertà, il carovita, le tasse - era proprio il giovane imprenditore. In fondo aveva ragione il frate, sono attori, interpretano una parte, non sono tenuti a capire.
  7. Nero

    Baikal
    Ha riconosciuto l'odore. di sudore e di fumo. L'aveva sentito pochi giorni prima, non poteva dimenticarlo, era quello dell'uomo grosso, l'altro era più lieve e aveva un sentore di rose.
    Non capitava spesso di sentire odori umani, anzi sarebbe giusto dire che nei suoi cent'anni di vita era successo solo tre o quattro volte, abbastanza da dimenticarne lo strascico acre che lasciavano a posarsi sull'erba stenta, che contendeva la terra alle pietre intorno alle sue radici.
    L'uomo grosso se n'era andato, lasciando lì, tra le radici e le pietre, il mucchietto colorato che sapeva di rose. Adesso aveva in mano una pala e respirava forte, la faccia rivolta al vento. Certo la salita era dura, per arrivare lassù. Gli alberi giovani che circondano la radura si piegano facili, sembrano guardarlo come i lupi che scrutano il capobranco con troppi peli grigi nella pelliccia nera.  Il vento che viene da nord scavalcando le montagne è imperioso, gli alberi giovani si inchinano, lui resiste. Ma resiste da troppi inverni.
    L'uomo grosso ha finito di scavare, con un piede spinge il mucchietto colorato nella buca. Con un gemito, uno scricchiolìo, un urlo, le radici si voltano verso il cielo, il tronco si abbatte sull'uomo, sulla buca, sulla pala che odora di ferro.  Solo profumo di terra nera.
  8. Nero

    Isole
    Nel rincorrersi e sovrapporsi di arcaicità e modernismo, ossia di vecchi e nuovi fascismi, che confondono e snaturano anche il concetto stesso di democrazia e libertà, c'è tuttavia un fattore decisivo e rivelatore che aiuta ad orientarsi. La pietà, il riconoscimento personale del sacro, insomma il coraggio di avere un cuore.
     
     
  9. Nero

    Isole
    In fila davanti al furiere, in una caserma del Salento. Anni fa. Appena sbarcati dal treno, in una mattina di fine agosto.
    Il furiere è un ragazzo emiliano, con le guance rosse, distratto e sbrigativo.
    Un napoletano pallido, magro, con un nasone da commedia dell'arte e gli occhi febbrili, declina le proprie generalità, nome cognome, data di nascita e mestiere, per essere registrato, catalogato e presumibilemnte destinato all'incarico  ritenuto più adatto.
    - Tu, che sei? - la domanda.
    - Un poeta - risponde.
    - Ma no, che mestiere fai? 
    - Ah, io faccio il pizzaiolo.
    Destinato alle cucine. Quante chiacchierate, di notte, io e lui seduti sui gradini fuori da quelle cucine. Ho ancora il libricino squinternato che mi regalò, Les Chants de Maldoror, di Lautramont. Chissà se si è sposato, o almeno è riuscito a baciare, quella ragazza con gli orecchini di corallo rosso, che serviva nella trattoria a mare.
  10. Nero

    Isole
    I fascisti buoni esistono. Anzi sono la maggioranza. Di questi fa parte una buona metà della mia famiglia, quella materna, brava gente, paesani della bassa Sabina, che raccontavano delle feste del grano e della tavolate nei campi, appena discosti dalla trebbiatrice, tra insalatiere di fettuccine e brindisi col vino rosso. L'unico comunista tra loro era un omone con le mani come palanche, che suonava la fisarmonica, cantando insìeme a tutti gli altri stornelli improvvisati e sporcaccioni, risate di donne e pacche sul ginocchio degli uomini in canottiera. 
    Quel mondo sopravviveva anche molti anni dopo - forse direi oggi, pochi anni appena - e io ho fatto in tempo a vederlo, anche se non più targato con il fascio littorio sovrastante il portone del municipio del paesello. Il piccolo mondo antico di chi si accontentava del proprio posto nella scala sociale, cn lo guardo rivolto più alla propria famiglia che alla società, e semmai la società era il vicino, la reputazione che si aveva nel paesello. Gli altri mondi, le altre città erano un'eco remota che arrivava sotto forma di racconto o di pettegolezzo, in molti casi di favole tramandate di bocca in bocca. C'è tutto nella mitica esclamazione di nonna Felicetta: "ma 'ndove cazzo vanno quelle donne a in giro a fa' le puttane, a lavora'".
    Quel popolo che passò dalla monarchia alla repubblica come si passa da una stagione a un'altra, cioè con indifferenza, tutt'al più mettendosi un vestito diverso. Ma conservando la cautela di non rivelare cosa votava, cioè quasi sempre la DC. In fondo il Papa era super partes, non compromettente. La versione light di Dio, Patria e Famiglia, cioè nessun confronto con altri dèi, gli stranieri erano turisti e il matrimonio era la sistemazione definitiva, come il posto fisso. Già, il posto fisso. Erano i tempi in cui si andava a parlare con l'amico del fratello del segretario comunale per aver il posto fisso, previa indagine dei carabinieri, che avallavano l'imprimatur del parroco. Peppone e don Camillo. Un jobs act ante litteram, in cui aleggiava la figura del padrone o dell'onorevole, mentre rumoreggiava fuori dalla porta il mondo confuso dei sindacati, della ribellione di quelli che avevano i grilli per la testa. Un rumoreggiare che illuminava di luce rosea l'antica età dell'oro, in cui i treni arrivavano in orario e i maestri di scuola andavano al lavoro con i calzini bucati e le pezze ai gomiti, ma erano rispettati, perchè stavano un gradino più su dei manovali e leggevano le lettere dall'America dei figli emigrati, quando la farmacia era chiusa e il farmacista (quel socialista, dalle idee strane) non era disponibile. Il farmacista o il dottore, che spesso dovevano dividere con la levatrice il segreto degli aborti clandestini.
    Come si fa a voler male a questa  gente immersa nel suo piccolo mondo antico, per lo più mescolato e confuso con la propria gioventù? Ma poi ci ricordiamo che quella ragazza e i suoi amici sono figli e nipoti di questi custodi involontari dell'irrealtà. Quel piccolo mondo antico ha un sapore di veleno. Qualcosa non ha funzionato.
     
     
  11. Nero

    Isole
    C'era una volta una buca. Piccola, non più di due metri. Quella, di Roma, a cui sono più affezionato, la prima volta ci sono finito dentro con la Mini, andando a iscrivermi all'università.
    Sta all'angolo di una strettoia che è la confluenza di due superstrade e un sottopasso, quindi conosce il mondo, è quasi cosmopolita, ma non si dà arie, mi accoglie sempre con uno schizzo di pioggia, una botta, una gomma spaccata. Festosa.
    Per qualche tempo ho cercato di non frequentarla troppo, ma non c'era modo, e continua a non esserci, di evitarla, lei accovacciata nell'angolo a sinistra, a destra un montarozzo di sanpietrini sconnessi, se cerco di passarci in mezzo li prendo tutt'e due, quindi scelgo, e scelgo lei, da sempre. E ogni volta la saluto come la prima volta, quando la ruota della Mini ci si schiantò dentro, facendo cadre lo specchietto retrovisore - "li mortacci vostri !"
  12. Nero

    Saluti
    Rigore c'è, quando arbitro fischia
    Blog c'è, quando blogger scrive
    La Roma ha perso, stasera non è aria
  13. Nero

    Baikal
    "Dunque - disse, dall'angolo in ombra - sei arrivato qui non sai come, un bel viaggio per uno che non sa nemmeno perché si era messo in cammino".
    "Sì, è vero, un bel viaggio, ma quando ho visto il fumo ho capito che questa casa di pietra era abitata, e ho trovato te"
    Il vecchio non rispose, il ragazzo sentì che tramestava, poi il cigolìo della sua sedia che si mescolava col sibilo del vento. Non volevo apparire scortese, ma non sapevo come fare conversazione, i vecchi si sa sono scorbutici.
    "Che fai qui solo, non hai figli, non hai nemmeno una vacca nella stalla, anzi non hai neanche una stalla,, questa casa potrebbe essere una chiesa in attesa di pellegrini, se le persone che si perdono si possono chiamare pellegrini"
    "Dici? - gli occhi del vecchio brillavano nella penombra - Allora ti racconterò una storia, una leggenda che gira da queste parti da tanti anni".
    Il ragazzo sorseggiò la sua tazza di vino - "Scommetto che è una faccenda di lupi e di tormente di neve ..."
    "No, pellegrino, è la leggenda della regina del vento, o almeno così la chiamano giù a Bargosyn"
    Dal buio arrivava solo il respiro corto e leggero del vecchio, sovrastato dal sibilo del vento.
    "La regina stava in una casa come questa, una casa di pietra, dove uomini, chiamiamoli viaggiatori, arrivavano senza sapere come, guidati dal vento. La regina si dice che fosse bellissima, ma segnata da una fattura di morte. Tutta la storia è una storia di morte. La fattura decretava che la regina sarebbe morta di piacere, quando gli uomini ai quali concedeva il proprio corpo riuscivano a farle scoppiare il cuore. Ma ogni maschio che non riusciva avrebbe visto a mano a mano il corpo della regina avvizzire, diventare repellente fino al punto da non suscitare più il desiderio, e questa rinuncia sarebbe costata la morte, quando sarebbero fuggiti dalla casa durante una tormenta di neve che si sarebbe levata d’improvviso, fosse inverno o estate.”
    Il ragazzo svuotò la tazza con un lungo sorso, che gli fece bruciare la gola e annebbiare gli occhi.
    Il vecchio scansò con la mano una ciocca di capelli che gli era scesa sugli occhi. Due meravigliosi occhi trasparenti, del colore della pioggia. Una mano candida e leggera si posò sulla sua spalla. Quasi una carezza.
    “Si è alzato il vento più forte dal Baikal, viaggiatore. Puoi rimanere qui, stanotte”
  14. Nero

    Isole
    Non ho mai tenuto un diario, nemmeno da bambino. Mi accorgo ora che ero troppo impegnato a vivere i miei momenti, una volta vissuti erano segnati dentro, non aveva senso scriverli, ché sarebbe stato come plasmarli con un'altra forma. Per lo stesso motivo non ho mai fatto la famosa "brutta copia", perché quando la passavo in bella cambiavo tutto e poi bella si fa per dire, era comunque una calligrafia illeggibile. 
    Ma credo che il vero motivo fosse che, essendo figlio unico, non c'era nessuno che potesse spiare il mio diario. Che senso ha fare un diario, se nessuno va a leggerlo di nascosto?
  15. Nero

    Isole
    Che bella parola, silenzio.
    Una volta, dopo aver camminato per ore in montagna alla ricerca del cane che si era disperso nel bosco, mi accorsi del silenzio più di quanto mi fosse mai successo prima.
    Silenzio assoluto. Solo il tonfo del cuore. Seduto su un sasso, a poco a poco cominciai ad avvertire il sibilo del vento e lo scricchiolio delle pietruzze sotto le scarpe, cercavo di udire semmai ci fosse un abbaiare lontano, trattenevo il respiro, poi alla fine mi appoggiai all'albero e chiusi gli occhi, arrendendomi al silenzio. Passarono minuti, non so quanti, ma forse era un'ora, forse avevo dormito, sentii la lingua calda del cane sulla faccia, quando aprii gli occhi era già accucciato, con la coda che sbatteva sulle foglie umide. Ci incamminammo, piano, ridiscendendo il declivio tra i lecci, poi come nella storia di Breus, tra cerro e cerro un uomo vedemmo, ma non era fatto di ferro, era un contadino insieme al somarello, scuri come gli alberi che avevamo intorno, un cappellaccio e una roncola in mano, emanava  profumo di pane e di mele, , ci salutò e quelle due parole mi fecero tornare al ventesimo secolo. Quelle ore precedenti mi sembrarono un viaggio nel tempo. La voce del vecchio era bellissima, aveva le tonalità del legno e del fuoco. 
  16. Nero

    Isole
    C'era una volta la politica. Non so dire quando ha cominciato a scomparire, sono sicuro però che non c'è più in me la voglia di parlarne, anzi ad essere preciso direi che non ho più le parole, mi sembra che tutto sia stato detto da tempo e non rimarrebbe altro che ripetere parole stanche, che hanno perso il senso, o almeno la forza.
    Il fatto è che da qualche anno occuparsi di politica significa parlare del governo - d'accordo, anche dell'opposizione - mentre prima significava parlare della vita, del futuro, di come avremmo voluto cambiarlo, quel mondo e quella vita.
    Charlie Brown è ormai solo un fumetto. E d è rimasto il mistero di come fanno le segretarie con gli occhiali a farsi sposare dagli avvocati.
    Se l'amore è amore ...  
     
     
     
     
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