Piccolo mondo antico
I fascisti buoni esistono. Anzi sono la maggioranza. Di questi fa parte una buona metà della mia famiglia, quella materna, brava gente, paesani della bassa Sabina, che raccontavano delle feste del grano e della tavolate nei campi, appena discosti dalla trebbiatrice, tra insalatiere di fettuccine e brindisi col vino rosso. L'unico comunista tra loro era un omone con le mani come palanche, che suonava la fisarmonica, cantando insìeme a tutti gli altri stornelli improvvisati e sporcaccioni, risate di donne e pacche sul ginocchio degli uomini in canottiera.
Quel mondo sopravviveva anche molti anni dopo - forse direi oggi, pochi anni appena - e io ho fatto in tempo a vederlo, anche se non più targato con il fascio littorio sovrastante il portone del municipio del paesello. Il piccolo mondo antico di chi si accontentava del proprio posto nella scala sociale, cn lo guardo rivolto più alla propria famiglia che alla società, e semmai la società era il vicino, la reputazione che si aveva nel paesello. Gli altri mondi, le altre città erano un'eco remota che arrivava sotto forma di racconto o di pettegolezzo, in molti casi di favole tramandate di bocca in bocca. C'è tutto nella mitica esclamazione di nonna Felicetta: "ma 'ndove cazzo vanno quelle donne a in giro a fa' le puttane, a lavora'".
Quel popolo che passò dalla monarchia alla repubblica come si passa da una stagione a un'altra, cioè con indifferenza, tutt'al più mettendosi un vestito diverso. Ma conservando la cautela di non rivelare cosa votava, cioè quasi sempre la DC. In fondo il Papa era super partes, non compromettente. La versione light di Dio, Patria e Famiglia, cioè nessun confronto con altri dèi, gli stranieri erano turisti e il matrimonio era la sistemazione definitiva, come il posto fisso. Già, il posto fisso. Erano i tempi in cui si andava a parlare con l'amico del fratello del segretario comunale per aver il posto fisso, previa indagine dei carabinieri, che avallavano l'imprimatur del parroco. Peppone e don Camillo. Un jobs act ante litteram, in cui aleggiava la figura del padrone o dell'onorevole, mentre rumoreggiava fuori dalla porta il mondo confuso dei sindacati, della ribellione di quelli che avevano i grilli per la testa. Un rumoreggiare che illuminava di luce rosea l'antica età dell'oro, in cui i treni arrivavano in orario e i maestri di scuola andavano al lavoro con i calzini bucati e le pezze ai gomiti, ma erano rispettati, perchè stavano un gradino più su dei manovali e leggevano le lettere dall'America dei figli emigrati, quando la farmacia era chiusa e il farmacista (quel socialista, dalle idee strane) non era disponibile. Il farmacista o il dottore, che spesso dovevano dividere con la levatrice il segreto degli aborti clandestini.
Come si fa a voler male a questa gente immersa nel suo piccolo mondo antico, per lo più mescolato e confuso con la propria gioventù? Ma poi ci ricordiamo che quella ragazza e i suoi amici sono figli e nipoti di questi custodi involontari dell'irrealtà. Quel piccolo mondo antico ha un sapore di veleno. Qualcosa non ha funzionato.
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