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Nero

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Everything posted by Nero

  1. Sono poco adatto a parlare di emoticon, dato che non mi piace troppo già il concetto stesso - anche se ne riconosco l'utilità, specialmente nel caso della faccetta sorridente, che serve a stemperare una frase che potrebbe essere interpretata male. Penso che le parole consentano sfumature di pensiero più sottili e più aderenti al caso specifico. Concordo, comunque, sul fatto che quelle che definisci classiche sono se non altro più sobrie ed essenziali.
  2. Non sono nemmno lontanamnte un esperto, e mi definirei appassionato alle civiltà centro-americane solo in modo emozionale e grossolano. Fatta questa premessa, necessaria, direi che i nodi fanno pensare a una comunicazione di quantità, anche se non strettamente numerica, e quindi i quipu potrebbero essere una specie di documento identificativo, personale, in cui sono riportate le ricchezze e gli attributi del possessore.
  3. 😺💟👻😜 ... Forse non ho capito, e spero di non rovinare la soddisfazione, ma c'è - nella barra sovrastante, proprio in mezzo - l'iconetta delle emoticon, che apre una libreria.
  4. Nero

    Li mortacci vostri

    C'era una volta una buca. Piccola, non più di due metri. Quella, di Roma, a cui sono più affezionato, la prima volta ci sono finito dentro con la Mini, andando a iscrivermi all'università. Sta all'angolo di una strettoia che è la confluenza di due superstrade e un sottopasso, quindi conosce il mondo, è quasi cosmopolita, ma non si dà arie, mi accoglie sempre con uno schizzo di pioggia, una botta, una gomma spaccata. Festosa. Per qualche tempo ho cercato di non frequentarla troppo, ma non c'era modo, e continua a non esserci, di evitarla, lei accovacciata nell'angolo a sinistra, a destra un montarozzo di sanpietrini sconnessi, se cerco di passarci in mezzo li prendo tutt'e due, quindi scelgo, e scelgo lei, da sempre. E ogni volta la saluto come la prima volta, quando la ruota della Mini ci si schiantò dentro, facendo cadre lo specchietto retrovisore - "li mortacci vostri !"
  5. Nero

    Domani

    Prova
  6. Tra mezze frasi e occhi furtivi, nei vicoli frustati dal vento si sussuranno voci e ipotesi su chi sia veramente quella regina, forse un vecchio cacciatore venuto dall'ovest, o o la figlia di una contessa fuggita col suo amante, per nascondersi dalla vendetta dello zar. La leggenda, come tutte le leggende, si nutre dell'incertezza, e tra le colline che si confondono col biancore del cielo e un lago che sembra un mare, anche un uomo può diventare donna, o una donna uomo, perchè questa è soltanto la favola del desiderio, della delusione e del destino.
  7. Le domande politicamnte scorrette sono le uniche che forse vale la pena di fare
  8. E' un problema di mezzi e di modi, diciamo di linguaggio. Se si tratta di idee e sensazioni, bisogna essere capaci o meglio ancora trovare il modo di trasmetterle. Giulio Verne pensava che si potesse andare sulla luna, ma l'ha detto tramite un romanzo, così come ha fatto per tutte le sue altre profezie. Dirlo in modo persuasivamente razionale o presentarla come una "verità" sarebbe stato molto più difficile. L'immensità delle cattedrali gotiche e rinascimentali, le sculture, i dipinti di Michelangelo e Goya ci rendiamo conto di quale pretesa sia pensare di raccontarle con le parole in prosa di una chiacchierata. Le sensazioni e le emozioni possono generare arte e poesia, se c'è la capacità o almeno l'impegno di trovare un linguaggio per rappresentarle. In alternativa, possono generare al massimo una chiacchierata, tra amici,
  9. "Dunque - disse, dall'angolo in ombra - sei arrivato qui non sai come, un bel viaggio per uno che non sa nemmeno perché si era messo in cammino". "Sì, è vero, un bel viaggio, ma quando ho visto il fumo ho capito che questa casa di pietra era abitata, e ho trovato te" Il vecchio non rispose, il ragazzo sentì che tramestava, poi il cigolìo della sua sedia che si mescolava col sibilo del vento. Non volevo apparire scortese, ma non sapevo come fare conversazione, i vecchi si sa sono scorbutici. "Che fai qui solo, non hai figli, non hai nemmeno una vacca nella stalla, anzi non hai neanche una stalla,, questa casa potrebbe essere una chiesa in attesa di pellegrini, se le persone che si perdono si possono chiamare pellegrini" "Dici? - gli occhi del vecchio brillavano nella penombra - Allora ti racconterò una storia, una leggenda che gira da queste parti da tanti anni". Il ragazzo sorseggiò la sua tazza di vino - "Scommetto che è una faccenda di lupi e di tormente di neve ..." "No, pellegrino, è la leggenda della regina del vento, o almeno così la chiamano giù a Bargosyn" Dal buio arrivava solo il respiro corto e leggero del vecchio, sovrastato dal sibilo del vento. "La regina stava in una casa come questa, una casa di pietra, dove uomini, chiamiamoli viaggiatori, arrivavano senza sapere come, guidati dal vento. La regina si dice che fosse bellissima, ma segnata da una fattura di morte. Tutta la storia è una storia di morte. La fattura decretava che la regina sarebbe morta di piacere, quando gli uomini ai quali concedeva il proprio corpo riuscivano a farle scoppiare il cuore. Ma ogni maschio che non riusciva avrebbe visto a mano a mano il corpo della regina avvizzire, diventare repellente fino al punto da non suscitare più il desiderio, e questa rinuncia sarebbe costata la morte, quando sarebbero fuggiti dalla casa durante una tormenta di neve che si sarebbe levata d’improvviso, fosse inverno o estate.” Il ragazzo svuotò la tazza con un lungo sorso, che gli fece bruciare la gola e annebbiare gli occhi. Il vecchio scansò con la mano una ciocca di capelli che gli era scesa sugli occhi. Due meravigliosi occhi trasparenti, del colore della pioggia. Una mano candida e leggera si posò sulla sua spalla. Quasi una carezza. “Si è alzato il vento più forte dal Baikal, viaggiatore. Puoi rimanere qui, stanotte”
  10. Nero

    Caro diario

    Non ho mai tenuto un diario, nemmeno da bambino. Mi accorgo ora che ero troppo impegnato a vivere i miei momenti, una volta vissuti erano segnati dentro, non aveva senso scriverli, ché sarebbe stato come plasmarli con un'altra forma. Per lo stesso motivo non ho mai fatto la famosa "brutta copia", perché quando la passavo in bella cambiavo tutto e poi bella si fa per dire, era comunque una calligrafia illeggibile. Ma credo che il vero motivo fosse che, essendo figlio unico, non c'era nessuno che potesse spiare il mio diario. Che senso ha fare un diario, se nessuno va a leggerlo di nascosto?
  11. Nero

    Caro amico Charlie

    C'era una volta la politica. Non so dire quando ha cominciato a scomparire, sono sicuro però che non c'è più in me la voglia di parlarne, anzi ad essere preciso direi che non ho più le parole, mi sembra che tutto sia stato detto da tempo e non rimarrebbe altro che ripetere parole stanche, che hanno perso il senso, o almeno la forza. Il fatto è che da qualche anno occuparsi di politica significa parlare del governo - d'accordo, anche dell'opposizione - mentre prima significava parlare della vita, del futuro, di come avremmo voluto cambiarlo, quel mondo e quella vita. Charlie Brown è ormai solo un fumetto. E d è rimasto il mistero di come fanno le segretarie con gli occhiali a farsi sposare dagli avvocati. Se l'amore è amore ...
  12. Nero

    Il silenzio

    Che bella parola, silenzio. Una volta, dopo aver camminato per ore in montagna alla ricerca del cane che si era disperso nel bosco, mi accorsi del silenzio più di quanto mi fosse mai successo prima. Silenzio assoluto. Solo il tonfo del cuore. Seduto su un sasso, a poco a poco cominciai ad avvertire il sibilo del vento e lo scricchiolio delle pietruzze sotto le scarpe, cercavo di udire semmai ci fosse un abbaiare lontano, trattenevo il respiro, poi alla fine mi appoggiai all'albero e chiusi gli occhi, arrendendomi al silenzio. Passarono minuti, non so quanti, ma forse era un'ora, forse avevo dormito, sentii la lingua calda del cane sulla faccia, quando aprii gli occhi era già accucciato, con la coda che sbatteva sulle foglie umide. Ci incamminammo, piano, ridiscendendo il declivio tra i lecci, poi come nella storia di Breus, tra cerro e cerro un uomo vedemmo, ma non era fatto di ferro, era un contadino insieme al somarello, scuri come gli alberi che avevamo intorno, un cappellaccio e una roncola in mano, emanava profumo di pane e di mele, , ci salutò e quelle due parole mi fecero tornare al ventesimo secolo. Quelle ore precedenti mi sembrarono un viaggio nel tempo. La voce del vecchio era bellissima, aveva le tonalità del legno e del fuoco.
  13. Nero

    Domani

    Rigore c'è, quando arbitro fischia Blog c'è, quando blogger scrive La Roma ha perso, stasera non è aria
  14. Anni fa partecipavo a un sito - non ricordo se era ancora allo stato di mailing list o era già un forum - in cui si parlava di scuola, con l'adesione appassionata di insegnanti, maestri e professori. Io già allora mi feci l'idea, ancora più consolidata in seguito, che i problemi della scuola potessero risolversi solo al di fuori della scuola. Pura teoria, naturalmente, perché è del tutto ipotetico che, semplicemente, i problemi si possano risolvere. Quelli che vediamo sotto forma di problemi - come questo sollevato nel thread - è né più nè meno che l'evoluzione, o meglio lo stato della società, in questo caso visto a dimensione-bambino, ma come si vede dalla discussione facilmente espandibile alla dimensione famiglia, genitori, scuola, governo, e di conseguenza elettorato, etc. Gli influencer sono solo la (piccola) punto di un iceberg. Tutta la comunicazione e l'informazione è impostata allo stesso modo, cioè commerciale, un grande, incessante, ossessivo mercato, in cui tutto ha un prezzo e niente ha un valore, o almeno è assai difficile parlare del valore effettivo delle cose.
  15. Dealla meditazione autobolistica fa parte anche il tamburellare sul volante un motivetto, che tra l'altro è quasi sempre una canzonetta la più scalcinata di Sanremo - in verità, attualmente quella che mi tamburello io è una versione semplificata del Cacao meravigliao
  16. Ha rubato il monopattino
  17. Mi hai fatto riflettere sul rapporto che ho io con le briciole. A me piace il pane, quindi anche le briciole, poi ci gioco, le schiaccio, le metto in fila col dito - il tutto mentre parlo - ma mi danno fastidio quelle che vanno a finire sotto il bicchiere.
  18. Probabilmente i miei tic più spinosi sono quelli di cui non mi rendo conto, quindi dovrebbero parlarne gli altri. Ho delle abitudini e delle preferenze, questo sì. Le posate mi piacciono pesanti, in pratica ho un paio di forchette che cerco sempre, ben appuntite. Non sopporto le maniche appena troppo lunghe di camicie e pullover. Non bevo mai, se posso, il caffè nelle tazzinette piccole, peggio ancora col piattino. M'innervosice vedere che il liquido lavavetro della macchina è finito, e la pompetta elettrica gira a vuoto. Le giornate di sole radioso mi immalinconiscono, anche se lo nascondo bene. Quando leggo un libro, finisco per rompere la rilegatura, perchè lo spiano, stiro le pagine, lo schiaccio. Quando mangio insieme a qualcuno che mangia male, mi passa la voglia, ma sul serio.
  19. Nero

    Perché?

    Il fatto è che il "popolo" esiste solo come astrazione, diciamo così, costituzionale. In realtà, ossia in politica, quello che vale sono le classi, le categorie, gli interessi contrapposti o spesso conflittuali. Il benessere di alcuni è il malessere di altri.
  20. Internet, l'informatica e la telematica stanno cambiando il mondo. L'apprendimento, l'educazione, lo sviluppo della persona fanno parte del "mondo", insieme con l'informazione, il linguaggio, le relazioni sociali e un migliaio di altri aspetti della vita. Chiedersi se questi cambiamenti siano un bene o un male è doveroso, perchè il bene e il male non si possono giudicare in assoluto, ma vanno messi in relazione a uno scopo o anche a un "modello", e quindi giudicare i cambiamenti serve a riflettere e a discutere gli scopi e i modelli.
  21. Io credo che sarebbe anche il caso di finirla con questa storia
  22. No, cioè non come rito, per di più legato a una santa e alle preghiere canoniche. Ma mia nonna - materna - era ricca di riti tutti suoi, non tutti riferibili con decenza,e dotata di una varietà di posture profetiche. Comunque, una frenata di macchina a mezzanotte faceva affacciare anche mio nonno.
  23. Mi piace mangiare, e in realtà comincio a mangiare già mentre lo preparo. Mi piace osservare l'aspetto delle cose che preparo, il loro colore, sentirne il profumo, lasciarmi andare ai ricordi e alle associazione di idee, che poi sono in fondo rilanci verso altri momenti di vita, storie, volti, parole rimaste a rimbalzare nell'anima. Però è anche vero che spesso leggo mangiando. Addirittura, mangio per leggere, certe volte, quando l'interesse prevalente è quello verso il libro, o leggo per mangiare, quando prevale il bisogno del cibo.
  24. Zarina, la immagino in cucina Pandora, la immagino vestita da suora Malia, drammatica come una dalia Occhibianchi, capelli stanchi Decimo, moderatore ennesimo Lupus, humus
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