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Tutte le emozioni provate in pandemia


Anarko

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A distanza di qualche tempo, e con meno coinvolgimento, mi faceva piacere condividere ed ascoltare le esperienze personali di come abbiamo vissuto la pandemia, in ogni suo aspetto.
Preferibilmente non vorrei parlare di massimi sistemi ma più che altro della quotidianità di ognuno di noi.
Ed ovviamente anche dei tanti, troppi problemi e limitazioni ai quali siamo stati assoggettati, non tutti immediatamente ed universalmente identificabili come razionali e logici. 

Inizio a buttare giù un po' di pensieri senza che debbano essere per in alcun modo vincolanti; come già detto il mio intento è confrontarmi e ricordare. Quindi qualsiasi altro contributo è ben accetto.
Anche perché tante cose le ho rimosse, ho visioni sbiadite e temporalmente parlando mi si confondono gli anni, le ondate, i giorni di chiusura, gli utlimi giorni di chiusura, gli utlimissimiquestavoltasulserio giorni di chiusura.... 🤣


Invece certe sensazioni mi sono rimaste impresse in maniera anche troppo marcata.
La prima che mi viene in mente, è il senso di oppressione nel non poter uscire di casa se non per motivi "validi".
Non è stato bello dover accettare il fatto di dovermi giustificare e che qualcun altro avesse deciso per me quando e come avrei dovuto/potuto fare determinate attività; trovavo fastidioso (e abbastanza ridicolo) dovermi portare dietro sempre la maledetta autocertificazione, che per stamparla abbiamo fatto fuori mezza foresta amazzonica. (sarà una delle cause dei cambiamenti climatici? 😅)


Sono pure stato fermato un paio di volte dai carabinieri; che dopo aver visionato il mio bel foglio (ed archiviato presumibilmente nella raccolta differenziata) mi hanno concesso la grazia di andare in ufficio.
Anche per questo motivo ho sempre scelto di non lavorare da casa in modo da avere la possibilità di uscire almeno una volta al giorno, a più di 200 metri distanza; non avevo neanche un cane da portare a fare i bisogni, ed il mio gatto non aveva nessuna intenzione di imparare ad indossare il guinzaglio.


Già parlarne mi sta facendo riaffiorare altri ricordi/emozioni, alcuni anche positivi in realtà.

Ma per ora mi fermo qui, che non voglio fare un monologo.

 

Insomma cosa vi è rimasto più impresso? Quali ricordi avete?

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La prima parte della pandemia, con lockdown e mascherine, non mi ha provato molto, anche perché potevo lavorare proprio come te.

La seconda parte, con l'introduzione degli obblighi vaccinali, è stata terribile. Ho provato molta rabbia, tanto che per un periodo non riuscivo a mangiare e infatti ho perso 5 chili.

5 chili di serenità, non li ho più ripresi e insomma, devo ringraziare Draghi se sono un figurino.

I peggiori ricordi sono le fughe dalla finanza e dai vigili, i nascondigli improvvisati per non farmi trovare senza green pass a lavoro. Un'ansia costante e situazioni grottesche. Purtroppo non avevo molti soldi da spendere in continui tamponi.

Poi da gennaio 2022 la mia paura è calata. Ho cominciato a pensare che sticazzi, sarà quel che sarà, la mia coscienza è a posto, lo sarebbe molto meno se non mi ribellassi a tutto questo. E quindi mi sono imposta di essere zen accettando qualsiasi cosa, anche una salatissima multa a causa dell'esercizio della mia libertà di scelta.

Poi ho preso il covid e vabbè. Ho avuto l'ennesima prova che.. lasciamo stare va.

Edited by Freya
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ebbi una piccola influenza nello scorso inverno

tornado mi disse su facebook di accertarmi di farmi il tampone

io credo che non sia mai esistito una pandemia e che era una banale influenza 

non ho mai preso il covid e mai lo prenderò

 

edito

aggiungo

non voglio andare contro freja

magari è esistito il covid in senso stretto

ma io non l'ho mai preso perchè forse avrò un corpo forte

sono anche uscito comunque in quel periodo

tra il 2020 e il 2022

Edited by Karver
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L'unica mia preoccupazione era soprattutto per mio padre, poiché soffriva di grave insufficienza respiratoria e faceva ossigeno terapia, la mia più grande paura era che io potessi avere il Covid e potessi contagiarlo essendo stati conviventi 🙏 soprattutto all'epoca in cui non c'erano ancora i vaccini. Anche in passato con la normale influenza stagionale, cercavo di stargli lontano quando ero ammalato, anche da mia madre per evitare di contagiare lei e poi lei potesse contagiare mio padre. Anche se lui faceva vaccino l'antinfluenzale, non impediva di avere l'influenza comunque sebbene con sintomatologia ridotta, ma per mio padre era ogni volta una possibilità di morire ogni volta che aveva un semplice raffreddore. Sapevo già cosa era la saturazione, e per lui un mal di gola e un po' di tosse era come avere il Covid severo con la saturazione al limite del ricovero nonostante avesse la bombola d'ossigeno. Quindi la mia ansia dei virus c'era già prima del Covid 🥹 Poi mio padre è comunque deceduto 2 anni fa per la sua malattia, e da quel momento in poi non mi è più importato del Covid 😤 

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Allora. Inizialmente facevo pensieri come "Oh mai sentita nominare sta Codogno, e adesso si trovano i suoi abitanti ovunque!". Insomma sembrava una cosa lontana ma preoccupante che richiedeva prudenza, tipo gli aperitivi sui Navigli mi erano sembrati una follia. 

Quando venne annunciato il lockdown, non mi piacque per niente il consiglio di isolare gli anziani per proteggerli. Dopotutto avevo perso mia mamma da soltanto sei mesi, per cui cominciai a farmi le mie paranoie sul discernimento tra il bene ed il male, la' dove il Bene assoluto è la volontà di Dio e sono gli insegnamenti di Gesù Cristo, che per quanto ne so, dal buon samaritano in poi, non avrebbe mai consigliato di lasciare dei soggetti deboli ad affrontare da soli delle possibili difficoltà. Non mi tornava. 

Per cui, assumendomi tutta la responsabilità della mia scelta, dissi a mio padre: "Tu adesso vieni a stare da me perché siamo una famiglia, e qualsiasi cosa stia succedendo, la affronteremo insieme"

Col senno di poi fu la scelta giusta, perché dopo qualche giorno mio padre cominciò a stare male, a sentirsi sempre più debole. Per quanto i sintomi non fossero quelli classici, niente febbre niente tosse, lamentava sempre più fatica a difficoltà a camminare.

Questo mi preoccupava molto, al punto che non uscivo nemmeno per fare la spesa per paura di diffondere il contagio. 

Ma il vero problema è che vedendo mio papà in difficoltà, non sapevo a chi chiedere aiuto, perché il medico di base minimizzava "ehh sarà influenza.." 

I numeri verdi in Lombardia erano una farsa, non ti aiutavano, chiedevano tutti i tuoi dati per poi dirti che loro "facevano statistica". 

Negli ospedali rispondevano a muso duro di non osare telefonare a meno che ci fosse una crisi respiratoria. 

"E come si distingue una crisi respiratoria?" "click". Mi buttarono giù il telefono, ovvero arrangiati. 

Mi sentivo spaesata e disperata. Mi sembrava di essere improvvisamente piombata nel Terzo Mondo. Nessuno ci aiutava. 

La gente sembrava impazzita, incattivita: leggevo che se la prendeva con i runners solitari, e a me sembrava assurda questa cosa, perché la loro indignazione non era che i malati non venissero soccorsi, il loro problema era che non si ammalassero a loro volta.

"non devono correre nel bosco, se lo facessero tutti eh? Eh?"

"Ma è un medico quello che corre nel bosco invece di venire qui? Perché se non è un medico cosa me ne frega?"  Questo è quello che pensavo io. 

Le priorità, queste avevano perso le persone. 

E io mi sentivo sola, impotente, e confesso che mi vergognavo di dire che in casa c'era un malato, era un marchio di infamia, la gente in quel momento era isterica, pensai che sarebbero potuti venire a dare fuoco alla casa come nella migliore tradizione klu klux clan, o come si scrive, se ai runners tiravano i sassi figuriamoci agli appestati veri.

Non lo dissi neanche qui. 

Ma grazie a Dio un'amica dottoressa mi esorto' a misurargli l'ossigeno, e dopo essere riuscita rocambolescamente a procurarmene uno, venne fuori che aveva dei valori talmente bassi che il suo medico mi disse: "se aspetti la crisi respiratoria, ti muore davanti". 

Per questo motivo mio padre fu uno dei pochi anziani ad essere ricoverato in tempo per essere salvato. Se non lo avessi fatto venire da me, non lo so. 

Forse è anche per questo motivo che non ho poi tutta questa fede cieca  nella scienza, cioè la medicina è una gran cosa ma l'infsllibilita non le appartiene, già con mia madre c'erano state una serie di diagnosi sbagliate per non parlare di uno strisciante cinismo, quindi per amore di mio padre avrei cavalcato in sella ad un drago, figuriamoci un virus, e quando venne portato via in ambulanza, davanti agli infermieri intabarrati dietro tute di sicurezza e mascherine io mio padre lo abbracciami, e lo baciai, temendo fosse l'ultima volta che lo vedevo e piangendo, perché dagli ospedali non tornava indietro nessuno, soprattutto di quell'eta', e le persone, l'amore, l'umanità, il non farlo sentire un infetto negli ultimi istanti che passavamo insieme, per me, arrivano prima di qualsiasi cosa, e niente e nessuno avrebbero potuto impedirmelo in quel momento terribile. 

E quando poi fu possibile fare il sierologico, beh, non lo avevo preso. 

Questo è come l'ho vissuta io. 

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All’inizio mi sembrava una cosa lontana. Codogno, poi la lombardia. Una piccola macchia d’olio che si espandeva. I racconti di persone malate che non si sapeva bene che avessero di diverso da quella che poteva essere un’influenza d’inverno. Un’eco che arrivava ovattata ma non riusciva veramente a farsi sentire. 

Sembrava quasi una cosa diversa dal solito, originale, da seguire morbosamente per lamentarsi e parlarne compulsivamente. Come tutte quelle cose banali e ingiuste che succedono ma che non cambiano veramente il corso delle tue giornate. 

La sensazione era che ci fosse pure una piccola competizione interna. Io l’ho avuto, te no. 

Io senza sintomi, te invece? 

Chi lo aveva avuto si sentiva un guerriero medioevale e chi non lo aveva neanche sfiorato da lontano, un sopravvissuto. 

Una specie di status insomma.

 

Quando hanno chiuso le scuole e ho iniziato a dover lavorare da casa, ho pensato che effettivamente sarebbe cambiato qualcosa. 

Non si chiudono le scuole. 

Non si chiudono quasi per nessun motivo al mondo, le scuole. 

Si avvertiva un senso collettivo di pericolo e di carica allerta. Ma c’era anche la volontà di capire, di trovare soluzioni. Le persone sopportavano le prime limitazioni in modo incerto. Critico, ma ancora fiducioso. I medici avevano assunto questa immagine eroica e mitologica dei salvatori. Di quelli che potevano, che sapevano scegliere. Anche per te. Un’immagine irrealistica, ma rassicurante.

E le mascherine che prima di quel momento erano in fondo alle priorità di chiunque, iniziarono ad essere il nuovo oro. 

L’ambizione.

Il lasciapassare per un pezzo di libertà disinvolta che potevi esibire. Una libertà usa e getta, ma pur sempre una possibilità.

 

Se ripenso a quei momenti, che sono stati lenti da vivere, mi sembra con il distacco di oggi, che siano invece passati velocemente, e che non si sia ragionato in modo lucido. 

Ricordo che mi piaceva il silenzio per le strade buie la sera, mi rasserenava quel senso di inevitabile per cui non c’era la scelta se socializzare o meno. Se fare quello o l’altro. Non si socializzava punto. Non si faceva niente.

La vita era diventata improvvisamente più basica e spogliata di tutto lo stress.

Si viveva semplicemente, e in mezzo c’era anche il lusso di poter pensare.

Questa condizione lenta, quasi piacevole, da lí a poco per me sarebbe diventata una gabbia.

Mi sono presto resa conto che se il mio spazio fisico nel mondo si era ridotto, era aumentato esponenzialmente quello in etere. Paradossalmente ero raggiungibile da chiunque. Le persone si erano facilmente adattate al contatto virtuale trasformandolo in qualcosa che scimmiottasse quello reale, e si sentivano pienamente in diritto di chiamare, o peggio videochiamare, in qualsiasi momento della giornata, dato che era -ovvio- che fossi disponibile.
Piu che disponibile, direi ‘accessibile’ sempre.

 

Non esisteva più il concetto di invadenza e di confine, né quello di assenza, perché eravamo ‘tutti nella stessa barca’ ed era scontato che tu vivessi l’essere in quella precisa barca come gli altri, e che fossi uno dei tanti ingressi umani da raggiungere come possibile. 

Attraverso i controlli per strada, il lavoro, la scuola. 

Era come avere continuamente una finestra aperta sul mio privato. Se uscivo dovevo renderne conto. Se stavo in casa, anche. Se avevo contatti fisici con altre persone, ci mancherebbe. 

Anche se mi ammalavo, avrei dovuto renderne conto. 

 

La sensazione di essere così ‘a portata’, non di me stessa ma di altro da me, non l’avevo mai avuta in vita mia. 

Quello che penso ci abbia lasciato è un senso di stanchezza mentale. L’ansia e l’impotenza. 

La consapevolezza di potersi facilmente ritrovare inseriti in uno schema universale, che riguarda tutti ma anche nessuno, dove il concetto di libertà individuale diventa relativo e ambiguo. 

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Mi ero dimenticata di sottolineare che molta della rabbia che provavo era alimentata dai commenti in tv e sui social contro chi, come me, non intendeva vaccinarsi (anche da parte di figure di spicco, molto seguite e ascoltate). Apprendere che qualcuno vorrebbe spararti o ti augura di schiattare male senza neanche conoscerti, ma solo perchè ti etichetta in un certo modo, non è stato il massimo. 

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49 minuti fa, Freya ha scritto:

Mi ero dimenticata di sottolineare che molta della rabbia che provavo era alimentata dai commenti in tv e sui social contro chi, come me, non intendeva vaccinarsi (anche da parte di figure di spicco, molto seguite e ascoltate). Apprendere che qualcuno vorrebbe spararti o ti augura di schiattare male senza neanche conoscerti, ma solo perchè ti etichetta in un certo modo, non è stato il massimo. 

Ci sarebbe da aprire una parentesi enorme sul come è stata gestita l'informazione in quel periodo. E sulla violenza di certe esternazioni e di come siano state lasciate passare. Anzi di come siano state alimentate, di proposito.

E di come questo clima abbia influito anche nel rapporto tra le persone; io ho stesso ho smesso di parlare con qualche amico che mi additava di come un "cretino" (giusto per essere edulcorati) solo per aver fatto una libera scelta. 

Che poi per me, che vedo del marcio ovunque, era evidente il modus operandi dell'informazione. (che tra parentesi è lo stesso che stanno usando ora per la guerra in Ucraina)

Per fortuna mia madre, per quanto i nostri rapporti non siano dei migliori, ha rispettato la mia scelta senza giudicare; anzi mi prendeva bonariamente in giro dicendo: "fai come vuoi, tanto sei adulto e vacc... ah no. 😅"

All'inizio avevo anche pensato di vaccinarmi, solo per preservare (ipoteticamente) lei: non volevo comunque lasciarla sola ma non potevo rischiare io di essere un pericolo. E lei si rifiutava di tenermi fuori casa. C'è stato un momento in cui stavo per cedere ma per fortuna non è stato così.

1 ora fa, zarina ha scritto:

Ricordo che mi piaceva il silenzio per le strade buie la sera, mi rasserenava quel senso di inevitabile per cui non c’era la scelta se socializzare o meno. Se fare quello o l’altro. Non si socializzava punto. Non si faceva niente.

Si anche io ho bei ricordi al riguardo. Non c'era altra scelta e andava bene così.

Si apriva una bottiglia di vino e ci si sintonizzava su qualche canale radio in TV come sottofondo. O si faceva la pizza.🤣 Ho ancora la credenza con qualche pacco avanzato. Mi aspetto che a breve le farfalle spicchino il volo portandoselo via.

Almeno per quanto mi riguarda, ho riscoperto la bellezza di stare soli, di godersi il proprio tempo. E che la compagnia altrui è bella, ma a piccole dosi. 🤣 

1 ora fa, zarina ha scritto:

La consapevolezza di potersi facilmente ritrovare inseriti in uno schema universale, che riguarda tutti ma anche nessuno, dove il concetto di libertà individuale diventa relativo e ambiguo. 

Proprio riguardo a questo e al concetto di gara a cui accennavi prima, c'è stato un momento in cui sembrava che alcune persone godessero della propria libertà solo in contrapposizione al fatto che ad altri era stata tolta. O che per "guadagnarsela" avrebbero dovuto fare sacrifici, tipo il tamponarsi il naso ogni due giorni. 

E secondo me si è persa l'occasione di riflettere approfonditamente sul fatto che quando si vanno ad intaccare certe libertà, non è detto che le condizioni per riaverle indietro, ci staranno bene anche la prossima volta. O la volta dopo ancora...

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Ora di quel periodo ricordo delle scene, tipo fotogrammi:

il primo è di me in fila fuori dal supermercato con il carrello della spesa e pensavo: ''questa scena non la voglio dimenticare'': era surreale e mi volevo godere quel momento surreale; io che sono affamata di novità provavo piacere nel trovarmi protagonista di quegli eventi;

il secondo, di me e due altre persone che, non rinunciando al piacere di mangiare fuori, avevamo trovato un ristoratore che, mentre in teoria doveva rimanere chiuso (era la prima ondata) faceva entrare pochi clienti fidati (e non ci conosceva): si mangiava al buio, per non far vedere le luci accese della sala;

terzo, tutti i modi che trovavo per giustificare le mie uscite: la spesa nascosta in macchina da esibire all'occorrenza, gli scontrini falsificati, lettere di incarico false....mi divertivo;

con piacere ricordo quando al contrario usavo la scusa del lockdown  per non avere rotture di coglioni da parte di parenti e amici non desiderati; ricordo che quando le regole erano meno rigide mi dicevo: no, cazzoooo, ora non ho più scuse per rifiutare questo o quell'invito;

So di aver provato attacchi di panico quando ho sentito dei primi morti per soffocamento a Codogno, so di essermi disperata quando è morto un mio amico, ma... ora non provo più quelle sensazioni brutte.

 

Una cosa che non dimenticherò è stata la sensazione di essere stata non compresa da persone di cui avevo fiducia; ma pace.

 

 

 

Edited by malia
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1 ora fa, Anarko ha scritto:

Ci sarebbe da aprire una parentesi enorme sul come è stata gestita l'informazione in quel periodo. E sulla violenza di certe esternazioni e di come siano state lasciate passare. Anzi di come siano state alimentate, di proposito.

E di come questo clima abbia influito anche nel rapporto tra le persone; io ho stesso ho smesso di parlare con qualche amico che mi additava di come un "cretino" (giusto per essere edulcorati) solo per aver fatto una libera scelta. 

Che poi per me, che vedo del marcio ovunque, era evidente il modus operandi dell'informazione. (che tra parentesi è lo stesso che stanno usando ora per la guerra in Ucraina)

Per fortuna mia madre, per quanto i nostri rapporti non siano dei migliori, ha rispettato la mia scelta senza giudicare; anzi mi prendeva bonariamente in giro dicendo: "fai come vuoi, tanto sei adulto e vacc... ah no. 😅"

All'inizio avevo anche pensato di vaccinarmi, solo per preservare (ipoteticamente) lei: non volevo comunque lasciarla sola ma non potevo rischiare io di essere un pericolo. E lei si rifiutava di tenermi fuori casa. C'è stato un momento in cui stavo per cedere ma per fortuna non è stato così.

Si anche io ho bei ricordi al riguardo. Non c'era altra scelta e andava bene così.

Si apriva una bottiglia di vino e ci si sintonizzava su qualche canale radio in TV come sottofondo. O si faceva la pizza.🤣 Ho ancora la credenza con qualche pacco avanzato. Mi aspetto che a breve le farfalle spicchino il volo portandoselo via.

Almeno per quanto mi riguarda, ho riscoperto la bellezza di stare soli, di godersi il proprio tempo. E che la compagnia altrui è bella, ma a piccole dosi. 🤣 

Proprio riguardo a questo e al concetto di gara a cui accennavi prima, c'è stato un momento in cui sembrava che alcune persone godessero della propria libertà solo in contrapposizione al fatto che ad altri era stata tolta. O che per "guadagnarsela" avrebbero dovuto fare sacrifici, tipo il tamponarsi il naso ogni due giorni. 

E secondo me si è persa l'occasione di riflettere approfonditamente sul fatto che quando si vanno ad intaccare certe libertà, non è detto che le condizioni per riaverle indietro, ci staranno bene anche la prossima volta. O la volta dopo ancora...


 

Sono d’accordo 

Già dai primissimi momenti si intravedeva la spinta competitiva e anche una certa morbosità nel guardare nel giardino accanto. 

Si saranno ammalati? Vorranno vaccinarsi o no? Saranno di quelli che all’aperto si abbassano la mascherina? 

 

Forse una specie di mania di protagonismo e di presenzialismo, come se ci sentissimo interpreti improvvisati di una serie tv inverosimile, attori diretti della storia che cambiava, ma con noi piccoli omini dentro, che ne facevamo le spese sul posto. 

 

Peró all’inizio era una cosa che ci accomunava. Anche se come sempre c’è chi ha potuto disperarsi in situazioni migliori e chi in peggiori, di certo l’attenzione era polarizzata a grandi linee sullo stesso mostro.

 

Diverso è stato quando è iniziata una fase diversa. 

Una fase meno creativa e più operativa, molto meno surreale di quella precedente. 

Una fase in cui si è perfezionato il concetto di obbedienza, già presentata come un valore di comunità. 

 

Ma quando prima o dopo si esce dalla rappresentazione di ‘tutti’ e si sceglie per sé stessi, si dividono le strade. 

Perché non c’è una condizione uguale a un’altra. 

E insidiare tra le persone l’idea che alcune potessero essere -letteralmente- un ostacolo per il superamento del problema, solo per aver esercitato il diritto di autodeterminazione, credo sia stato un fenomeno che ci è sfuggito di mano. 

 

 

 

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1 ora fa, malia ha scritto:

il primo è di me in fila fuori dal supermercato con il carrello della spesa e pensavo: ''questa scena non la voglio dimenticare'': era surreale e mi volevo godere quel momento surreale; io che sono affamata di novità provavo piacere nel trovarmi protagonista di quegli eventi;

Si vero.

Con tanto di guanti e mascherina.

E potevi vedere solo la rassegnazione negli occhi di chi ti stava intorno. 😅

1 ora fa, malia ha scritto:

terzo, tutti i modi che trovavo per giustificare le mie uscite: la spesa nascosta in macchina da esibire all'occorrenza, gli scontrini falsificati, lettere di incarico false....mi divertivo;

Io per fortuna lavorando, avevo bene o male sempre una scusa per stare fuori.

Gusto quanto volevo passare a trovare mia madre, dovevo lavorare un po' di fantasia

1 ora fa, malia ha scritto:

il secondo, di me e due altre persone che, non rinunciando al piacere di mangiare fuori, avevamo trovato un ristoratore che, mentre in teoria doveva rimanere chiuso (era la prima ondata) faceva entrare pochi clienti fidati (e non ci conosceva): si mangiava al buio, per non far vedere le luci accese della sala;

Cena carbonara. 🤣

Abitando vicino ad un supermercato, a volte qualche amico si palesava da me, con i sacchetti della spesa e si fermava per un vino veloce. Una volta eravamo in 3 o 4, non ricordo e per l'occasione avevo preparato la salsa guacamole. Noi stavamo comunque distanti, ognuno su un lato del tavolo, con le sedie distanziate. Della serie, ok siamo dei trasgressori ma almeno cerchiamo di mantenere la magica distanza di sicurezza. Però magari attingevamo tranquillamente tutti alla stessa ciotola di salsa. Era un po' surreale.

58 minuti fa, zarina ha scritto:

Diverso è stato quando è iniziata una fase diversa. 

Una fase meno creativa e più operativa, molto meno surreale di quella precedente. 

Una fase in cui si è perfezionato il concetto di obbedienza, già presentata come un valore di comunità. 

 

Ma quando prima o dopo si esce dalla rappresentazione di ‘tutti’ e si sceglie per sé stessi, si dividono le strade. 

Perché non c’è una condizione uguale a un’altra. 

E insidiare tra le persone l’idea che alcune potessero essere -letteralmente- un ostacolo per il superamento del problema, solo per aver esercitato il diritto di autodeterminazione, credo sia stato un fenomeno che ci è sfuggito di mano. 

Assolutamente.

Che poi non se il fenomeno sia solo "sfuggito di mano" oppure sia stato alimentato coscientemente, per scatenare la classica "guerra tra poveri".

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Il 24/9/2023 at 10:46, Freya ha scritto:

Apprendere che qualcuno vorrebbe spararti o ti augura di schiattare male senza neanche conoscerti, ma solo perchè ti etichetta in un certo modo, non è stato il massimo. 

Infatti la cosa terribile, inaccettabile in un contesto che voglia definirsi minimamente civile, è stato che la violenza e l'odio siano iniziati dall'alto.

Il linguaggio d'odio che per decenni era stato condannato, improvvisamente è diventato lecito giustificabile e giustificato, strombazzato e rinforzato a mezzo stampa .

Sono state dette e scritte parole che sarebbero state ritenute inconcepibili fino all'anno prima verso qualsiasi categoria di persona, sono stati usati termini offensivi e sono auspicati trattamenti violenti, innanzitutto da parte di personaggi in vista.

Sono state pronunciate parole terribili per le quali nessuno ha MAI chiesto scusa.

È ovvio che se i personaggi di spicco di quel momento ritenevano legittimo auspicare la fucilazione e i campi di concentramento per una determinata categoria di persone, la gente comune non ha fatto che raccogliere questo fango e rilanciarlo a propria volta. 

Questo ha provocato altrettanto odio in risposta.

Anche io avevo cominciato ad odiare profondamente chi indirizzava ad una determinata categoria di persone le peggiori minacce e i peggiori insulti. 

La differenza sostanziale è che se la legittimità dell'odio degli uni veniva aizzato fomentato e ribadito dai media, l'odio degli altri veniva stigmatizzato, sempre dagli stessi media, colpevolizzato, condannato, portato ancora di più ad esempio di quanto "quelle" fossero cattive e pericolose persone.

Ma sempre odio era.

E il fatto che una di queste parti in conflitto avesse l' appoggio delle istituzioni era un'aggravante, non una giustificazione. 

Come la vivevo io.

Beh prima di questa deriva, ero in quella fase delicata nella quale stavo cercando di capire cosa fosse meglio fare, poi è stato come se qualcuno avesse dato il via "al mio segnale scatenate l'inferno".

Improvvisamente i media hanno riportato e giustificato frasi veramente pesanti di personaggi in vista verso le persone che avevano fatto sì la mia stessa scelta, ma per motivi e ragioni loro, personali, sia che fossero uguali o diverse dalle mie.

A quel punto beh, a me è salito lo sdegno che venisse incentivata una tale feroce criminalizzazione verso una categoria di cittadini.

E a quel punto ho deciso che io non ne avrei fatto parte. 

Non è stato facile. Ricordo un giorno di agosto in particolare, quando venne annunciato il grinpah per lavorare dal 15 settembre.

Sentivo crescere l'odio verso i discriminatori e le loro ingiustizie, pativo i discorsi perbenisti piccolo borghesi che descrivevano se stessi come una categoria migliore, più buona. 

Non mi capacitavo non si rendessero conto del male che stavano facendo. 

Avrei voluto prenderli e scuoterli per cercare di fare entrare in quei cuori insensibili un minimo di solidarietà, di empatia. 

Vedevo i valori umani fondamentali allontanarsi a velocità vorticosa e mi sentivo impotente. 

Vedere la carica di odio verso "quelli come me" mi aveva radicata nel rifiuto verso qualsiasi proposta e soluzione proposta da parte di chi, ai miei occhi, alimentava e giustificava una deriva di neoinciviltà sociale che non dovrebbe mai, mai, mai essere giustificata, figurarsi provocata. 

Era luglio agosto quando seguivo questo avvicendamento di colpi bassi sui media incredula, sentendomene sopraffatta, ferita, schiacciata, perché giornali, trasmissioni, sembravano tutti allineati e d'accordo a descrivere quelli "come me" come se fossimo feccia da estirpare con la violenza.

E anche io odiavo a mia volta in risposta all'odio. Perché avevo paura. 

Odiavo perché mi rendevo conto che insultare significa relegare l'insultato in un categoria umana inferiore alla propria. 

Insultare equivale a disumanizzare. 

E disumanizzare è la strada più facile per poter colpire e schiacciare senza rimorso la persona ritenuta di categoria inferiore. 

E a quel punto andai in crisi profonda perché l'odio che stavo provando io, mi consumava dentro. Faceva male a me. 

Allora feci una cosa che a molti non piacerà ma dopotutto è un problema loro: chiesi aiuto a Dio. Quel giorno mi inginocchia e mi misi a recitare il rosario. 

Inizialmente, mentre pregavo, l'odio che provavo continuava ad auto giustificarsi, a ribellarsi, a cercare di imporsi, ad autoassolversi. 

Decisi di lasciare libera la mente di arroccarsi dietro tutte le sue motivazioni logiche, senza contrastarle, mentre al tempo stesso indirizzavo il cuore a concentrarsi sul significato delle parole che recitavo, senza preoccuparmi più di tutte le motivazioni che avevo. 

Insomma lasciai in un angolo il fardello di tutte le preoccupazioni e le ansie che il giro di vite istituzionale mi provocava, mettendomi in ascolto solo della preghiera, senza più chiedere che Dio mi desse ragione o torto. 

E l'odio si sciolse. 

Fu come se la cappa d'ombra e di paura che mi avvolgeva venisse risucchiata dal terreno. 

Quando terminai quella preghiera, ero una persona nuova, dentro, le mie paure erano scomparse, l'odio che avevo provato non c'era più. 

Capii che così come l'odio degli uni era stato fomentato appositamente, altrettanto era stato previsto l'odio dei discriminati.

Cioè si voleva che queste persone o cedessero, o reagissero con violenza a quella violenza, per provocare il casus belli. 

E dissi a me stessa che non avevo nessuna intenzione di farmi manipolare. 

Dopotutto qualche infarinatura delle tecniche di PNL, ce l'ho, e non è stato difficile trovare le conferme sulle manipolazioni psicologiche messe in atto, a partire dalla paura della morte enfatizzata al punto da avere provocato in tante persone attacchi di paranoia e stati d'ansia, fino ad imporre un'unica via di uscita possibile da attraversare con le buone o con le cattive. 

A quel punto, capii che l'unica strada percorribile, invece, nel cammino spirituale cristiano, era accantonare l'odio.

E cominciai invece a giustificare e comprendere la gente comune, non odiai più chi aveva ceduto al ricatto per lavorare, chi cedeva, lo accolsi: in fondo se io mi ero potuta permettere di non cedere ad una cura preventiva per un virus che non avevo mai preso pur restando a stretto contatto con un malato grave, non tutti potevano permettersi di stare a casa senza stipendio. 

In realtà non potevo permettermelo neanche io e ho tirato parecchio la cinghia in quei mesi. 

Non sono complottista né sto facendo una rivelazione sconvolgente se affermo che l'odio sociale è stato diffuso consapevolmente,  basta andare a recuperare quello che scrivevano i giornali per rendersi conto che i novax erano descritti come se fossero tutti una massa di ignoranti terrapiattisti criminali, raccontando le motivazioni più ridicolizzanti di questa scelta e fregandosene altamente del fatto potessero averne di più sensate. 

È un fatto oggettivo. 

Si è fatta una notevole leva psicologica sul sentimento piccolo borghese del sentirsi nel giusto, superiori e migliori a tutti gli altri, più scientifici, un po' come se i pastori o i pensionati con la terza elementare fossero meno ignoranti per il solo fatto di essersi fatti un buco. 

Però va detto che le pulsioni irrazionali a sentirsi migliori degli altri non stanno mai da una sola parte della barricata.

Il problema è che chi ha avuto una posizione più sfaccettata e critica rispetto a molte assurdità che sono state dette o fatte in quegli anni, é stato messo a tacere, ostracizzato, etichettato, al punto che chiunque osasse presentare un minimo dubbio era costretto ad esordire con la tristezza dello specificare "non sono un novax eh, ma.." "credo nel vaccino, tuttavia..". 

Tutto questo pararsi preventivo dagli attacchi avveniva perché i novax per il solo fatto di non essersi offerti alla puntura, erano stati buttati nella categoria dei criminali. 

Una cosa andrebbe tenuta presente: il complottismo, quello vero,  è sempre funzionale al potere.

Perché serve per ridicolizzare e mettere a tacere i dubbi, le perplessità, le critiche. 

Al tempo stesso la minaccia di radiazione da una parte e la compensazione economica dall'altra, sommati alla paura di finire relegati sotto un'etichetta disturbante, è un modo un po' troppo comodo per mettere a cuccia, e non poco, la libertà e l'indipendenza del confronto scientifico. 

Questo è quello che è successo e succederà ancora, se non verranno recuperati i valori umani, io dico i valori cristiani perché hanno aiutato me, ma almeno quei valori umani fondamentali, e lo si può fare solo dissociandosi dall'isteria mediatica, scavando nella consapevolezza di ognuno di noi, perché quando tacciamo di fronte ad un gioco sporco, ne siamo complici. 

Bisogna assolutamente ritrovare la consapevolezza prima che lo facciano ancora, che sia con la preghiera, la meditazione o i viaggi astrali, fatelo, perché non bisogna mai più cedere all'odio. 

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2 ore fa, Pandora ha scritto:

Infatti la cosa terribile, inaccettabile in un contesto che voglia definirsi minimamente civile, è stato che la violenza e l'odio siano iniziati dall'alto.

Il linguaggio d'odio che per decenni era stato condannato, improvvisamente è diventato lecito giustificabile e giustificato, strombazzato e rinforzato a mezzo stampa .

Sono state dette e scritte parole che sarebbero state ritenute inconcepibili fino all'anno prima verso qualsiasi categoria di persona, sono stati usati termini offensivi e sono auspicati trattamenti violenti, innanzitutto da parte di personaggi in vista.

Sono state pronunciate parole terribili per le quali nessuno ha MAI chiesto scusa.

È ovvio che se i personaggi di spicco di quel momento ritenevano legittimo auspicare la fucilazione e i campi di concentramento per una determinata categoria di persone, la gente comune non ha fatto che raccogliere questo fango e rilanciarlo a propria volta. 

Questo ha provocato altrettanto odio in risposta.

...

Ma sempre odio era.

E il fatto che una di queste parti in conflitto avesse l' appoggio delle istituzioni era un'aggravante, non una giustificazione. 

 

Il linguaggio di odio è presente sempre, da decenni e secoli e proviene dall'alto con i mezzi a disposizione degli ''enti'' dell'epoca e dell'occasione; alcune persone lo colgono, altre meno, altre per niente; forse dipende dal fatto che non tutti (per fortuna) si trovano a far parte di categorie oggetto di odio ''dall'alto'';  a volte chi non lo prova sulla propria pelle non lo conosce; non si augura a nessuno di appartenere ad alcune categorie per sperimentare l'odio dall'alto, consolidato, codificato, assorbito e trasformato in prassi, costume, abitudine... non lo si augura a nessuno.

 

 

Edited by malia
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Io ho un sorta di rigetto nei confronti di quel periodo e principalmente per un motivo: se ne parlava troppo...per carità, la situazione era drammatica, specialmente all'inizio, ma la tua salute mentale (nel mio caso già non particolarmente brillante) se ne va a benedire se ovunque ti giri c'è COVID- COVID -COVID vaccinati- non vaccinati Autocertificazione- contagi - mascherine- zone verdi- zone- gialle ecc ecc ... Veramente da esaurimento!

Ecco cosa ricordo più di tutto : la pervasività molesta del tema.

Andavo a mangiare una pizza con le amiche (quando già si poteva farlo quindi) e ricordo che  parlavano soprattutto di quello, in famiglia ogni santo giorno a ogni ora  ne discutevano fino alla morte mia madre e mia sorella (che avevano visioni diametralmente opposte sulla faccenda e quindi tendevano a litigare e mettermi in mezzo) sul web non c'era altro, in TV non c'era altro, vai a fare la spesa e la gente non parlava che di quello!

È stato sfiancante!

Edited by Rainbowisback
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Come ha scritto Anarko tralascio lunghe analisi sui massimi sistemi, mi sono avvelenato il fegato già abbastanza negli ultimi 3 anni.

Devo essere onesto, io me la sono vissuta piuttosto bene, la mia azienda ha addirittura chiuso per quasi 2 mesi durante il primo lockdown (lavoriamo nel settore Ho.re.ca.), ma facendo parte di una multinazionale è riuscita a sopravvivere.

In quelle settimane Ele ha imparato a cucire quiet book per bambini e io a cucinare, ma nonostante le mie skill in cucina siano aumentate esponenzialmente, riesco ancora a bruciare Sofficini e toasts.

Ci siamo goduti alla grande la vita familiare, praticamente tutti i giorni portavo mia figlia fuori col passeggino e nessuno mi ha mai fermato o fatto problemi, un paio di volte a settimana uscivo per fare la spesa e ricordo la pace interiore nel vedere le strade deserte.....ma forse tutto questo dipende dal fatto che sono misantropo e neurodiverso.

Edited by Spinoza
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Boh strano. 

Da me i posti di blocco si vedevano spesso.

E anche le ronde dei carabinieri all'interno dei parchi pubblici: magari c'era qualche pericoloso bambino sull'altalena. 😂

Un parco dove andavo io, che per fortuna era a meno di 200 metri da casa, in passato era frequentato da persone non proprio raccomandabili. E a quel tempo ci sono voluti parecchi mesi prima che qualcuno intervenisse.

E invece durante la Pandemia le forze dell'ordine passavano che era un (dis)piacere.

A me davano un senso di stato di polizia.

Magari sarà stata la mia percezione distorta, ma mi sembrava una situazione assurda. Forzata.

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17 minuti fa, Anarko ha scritto:

Boh strano. 

Da me i posti di blocco si vedevano spesso.

E anche le ronde dei carabinieri all'interno dei parchi pubblici: magari c'era qualche pericoloso bambino sull'altalena. 😂

Un parco dove andavo io, che per fortuna era a meno di 200 metri da casa, in passato era frequentato da persone non proprio raccomandabili. E a quel tempo ci sono voluti parecchi mesi prima che qualcuno intervenisse.

E invece durante la Pandemia le forze dell'ordine passavano che era un (dis)piacere.

A me davano un senso di stato di polizia.

Magari sarà stata la mia percezione distorta, ma mi sembrava una situazione assurda. Forzata.

I posti di blocco si, tant'è che anche io sono stato fermato un paio di volte, ma in genere non fermano i passeggini 😄 , considera però che mi limitavo a fare il giro dell'isolato visto che abbiamo la fortuna di vivere in una zona con molto verde.

Edited by Spinoza
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Il 23/9/2023 at 20:03, Anarko ha scritto:

Insomma cosa vi è rimasto più impresso? Quali ricordi avete?

Per quanto mi riguarda, egoisticamente, ho avuto più benefici che cos'è negative. Nel senso che ho continuato ad uscire per lavorare, con la cosa positiva che per le strade non c'era nessuno e al lavoro anche. E ho continuato a fare sport perché corro.

L'aspetto che mi ha angosciato sono state le tante vittime, compresi i tanti operatori sanitari. Questo mi ha fatto soffrire, compreso chi perdeva il lavoro. Per il resto, egoisticamente, non ha impattato in alcun modo. Anche perché quando si tratta di salute pubblica per me è un dovere essere collaborativi. Addirittura ho fatto tutti i vaccini io che non li avevo mai fatti. Ma nel caso della covid ne ho compreso la gravità. 

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1 ora fa, cincin ha scritto:

E ho continuato a fare sport perché corro.

Nessuno ti ha rotto le scatole per il fatto che correvi? 

Dalle mie parti c'era una caccia alle streghe contro i runners solitari. 

Leggevo parole orribili sulla pagina Facebook del paesello. 

Hanno provato anche a postare le foto di runners esponendole alla gogna pubblica del dalli all'untore. 

Poi qualcuno ha protestato per la privacy e le hanno tolte. 

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11 minuti fa, Pandora ha scritto:

Nessuno ti ha rotto le scatole per il fatto che correvi? 

Dalle mie parti c'era una caccia alle streghe contro i runners solitari. 

Leggevo parole orribili sulla pagina Facebook del paesello. 

Hanno provato anche a postare le foto di runners esponendole alla gogna pubblica del dalli all'untore. 

Poi qualcuno ha protestato per la privacy e le hanno tolte. 

Solo una volta mi hanno fermato i carabinieri perché non stavo correndo intorno a casa mia; mi hanno detto che potevo solo intorno a casa e così ho fatto. 

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