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Psicopatia e narcisismo, i vantaggi del male


Freya

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41 minuti fa, malia ha scritto:

La mia ipotesi è che figli di narcisisti siano attratti da narcisiti perchè uno normale appare loro noioso come la morte.

Se sei figlio di  narcisista sei ''un sopravvissuto male''; cioè sei una persona che ha imparato a sopravvivere ai continui tentativi che il  genitore mette in atto per distruggerti come persona, senza però capire il perchè, quindi sei sopravvissuto ma senza elaborare, è questo è un danno permanente.

Impari a sopravvivere, identifichi quella modalità di rapporto malato con l'energia che ti tiene in vita, che è l'unica cosa che un bambino piccolo vede in qualsiasi tipo di genitore, e per buona parte della vita o per tutta, cerchi di ricreare quella condizione, e cioè ''sopravvivere allo stronzo = vita/amore''.

Quindi di base si vanno a cercare narcisisti per rivivere quella sensazione, e qui c'è in un certo senso la dipendenza di cui parlavi; si è dipendenti dalla sensazione e non dalla persona; tanto è vero che capita che, finita una storia con un narcisista, se non si è fatto un passo ''in avanti'' , te ne vai a cercare un altro uguale uguale, per poter di nuovo ricreare quella situazione.

I passi in avanti secondo me sono di due tipi: o ti vai a cercare lo psicopatico perchè ti annoia pure il narcisista o ti liberi completamente con pratiche che ti permettono di esercitare il non attaccamento e apprezzare, coltivare l'impermanenza totale, non attaccamento non solo verso le persone, ma anche verso i propri pensieri, perchè arrivi a volerti liberari dai pensieri che ti danno dipendenza.

 

Sono d'accordo.

Riflettevo però su una cosa: sono i legami di dipendenza a dare stabilità nel bene e nel male alla società. Se ci fossero solo impulsi (anche riconosciuti dopo come tali) non ci sarebbero i migliori amici, le coppie, le famiglie, e via via sistemi più complessi di quella che chiamiamo società. Sarebbe un caos. Penso che una dose di dipendenza è cosa buona.

Certo, una giusta dose di dipendenza emotiva è considerata normale e permette di costruire relazioni. Anche perchè, a livello concreto è praticamente impossibile vivere senza essere dipendenti da qualcosa o qualcuno, ci dovrà essere chi ti mette a disposizione cibo, riparo e svago. Quindi trasformare un rapporto di reciproco sostegno materiale in un rapporto di sostegno anche emotivo, entro certi limiti, ha i suoi vantaggi psichici per la società umana. 

Chi intraprende un percorso diverso a un certo punto, probabilmente, sperimenta una certa solitudine sotto questo profilo, ed è perfettamente normale. Non è per tutti e talvolta è complicato, ma è necessario per quel tipo di percorso. 

Chi invece non è su questa strada secondo me trova grande giovamento dall'instaurare rapporti abbastanza equilibrati sotto il profilo della dipendenza emotiva, per quanto parlare di equilibrio in questi termini sia un po' un controsenso, ma tutta la società vive di controsensi, quindi va bene così. 

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Se si basano le proprie considerazioni su quello che la letteratura scientifica occidentale in termini di psicologia e relazioni allora stiamo freschi. E di solito le considerazioni generali che traspaiono in questo thread risentono di questi presupposti perchè si è cercato di dare risposte alla propria soffernza minando tutto in torno il proprio cuore e mettendosi l'elmetto in testa...Narcisismo e psicopatia sono  tratti (direbbe la cultura psicologica) come se fossero "proprietà" di singoli individui!!! Se invece cerchiamo di approfondire noteremo che sono caratteristiche comuni a tutti gli esseri umani (sono solo due faccie dello stesso diamante) che bene o male vengono utilizzate queste prerogative per portare acqua al proprio mulino. Tutti potenzialmente possiamo essere narcisisti e psicopatici nessuno  escluso (perchè ci siamo tutti comportati in certi contesti da pavoni autoreferenziali o abbiamo covato odio e rabbia tanto da pensare di toglire la vita a qualcuno solo perchè ci ha fatto soffrire, da qui anche l'effetto emulativo o di compiacimento e di messa sul piedistallo per chi questi atti li ha messi in pratica) . I media del resto tendono a propagandare da svariati anni questi comportamenti o tratti facendoli apparire come positivi o perlomeno funzionali per il successo e l'approvazione (vedi come nei film la violenza è sempre presente e come sono presenti i "belli" narcisi che l'hanno sempre vinta su altri meno belli o perlomeno discretamente affascinanti ma considerati "cattivi" o moralmente deprecabili in base al bisogno della morale da propagandare). Partendo da questa premessa azzeriamo il campo da facili etichette che purtroppo hanno fatto vendere corsi, libri , hanno dato  adito a  conferenze, hanno orientato culture e società, minando il senso comune di stereotipi inutili e fuorvianti. Il problema è di non ammmettere a se stessi che è la soffrenza e la paura a dominare il cuore in questi frangenti. Questo vale (premetto che anche queste sono etichette socioculturali) sia per i "predatori" narcisisti e/o psicopatici che per le "prede" vittime a volte castali o meno (in base al proprio ideale morale). Come c'è la new age della spiritualità c'e la psicologia spazzatura fatta da fantaformatori....To be continued...

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8 minuti fa, madmax ha scritto:

Se si basano le proprie considerazioni su quello che la letteratura scientifica occidentale in termini di psicologia e relazioni allora stiamo freschi. E di solito le considerazioni generali che traspaiono in questo thread risentono di questi presupposti perchè si è cercato di dare risposte alla propria soffernza minando tutto in torno il proprio cuore e mettendosi l'elmetto in testa...Narcisismo e psicopatia sono  tratti (direbbe la cultura psicologica) come se fossero "proprietà" di singoli individui!!! Se invece cerchiamo di approfondire noteremo che sono caratteristiche comuni a tutti gli esseri umani (sono solo due faccie dello stesso diamante) che bene o male vengono utilizzate queste prerogative per portare acqua al proprio mulino. Tutti potenzialmente possiamo essere narcisisti e psicopatici nessuno  escluso (perchè ci siamo tutti comportati in certi contesti da pavoni autoreferenziali o abbiamo covato odio e rabbia tanto da pensare di toglire la vita a qualcuno solo perchè ci ha fatto soffrire, da qui anche l'effetto emulativo o di compiacimento e di messa sul piedistallo per chi questi atti li ha messi in pratica) . I media del resto tendono a propagandare da svariati anni questi comportamenti o tratti facendoli apparire come positivi o perlomeno funzionali per il successo e l'approvazione (vedi come nei film la violenza è sempre presente e come sono presenti i "belli" narcisi che l'hanno sempre vinta su altri meno belli o perlomeno discretamente affascinanti ma considerati "cattivi" o moralmente deprecabili in base al bisogno della morale da propagandare). Partendo da questa premessa azzeriamo il campo da facili etichette che purtroppo hanno fatto vendere corsi, libri , hanno dato  adito a  conferenze, hanno orientato culture e società, minando il senso comune di stereotipi inutili e fuorvianti. Il problema è di non ammmettere a se stessi che è la soffrenza e la paura a dominare il cuore in questi frangenti. Questo vale (premetto che anche queste sono etichette socioculturali) sia per i "predatori" narcisisti e/o psicopatici che per le "prede" vittime a volte castali o meno (in base al proprio ideale morale). Come c'è la new age della spiritualità c'e la psicologia spazzatura fatta da fantaformatori....To be continued...

Penso che tu sia mal informato. Il narcisismo patologico è un disturbo di personalità, e la psicopatia è considerata da molti un disturbo cerebrale (in diversi casi, e in particolare la primaria), come può essere l'autismo in tutte le sue sfumature.

Quindi non sono tratti. Sono malattie. Tratti simili certamente ne possediamo tutti, in una certa misura. Il disturbo però è qualcosa di totalmente differente.

Personalmente non ho tratto alcuna soddisfazione dall'etichettare quella specifica persona, ad esempio. Ho solo dovuto prendere atto che il "copione" corrispondeva perfettamente a quello indicato in letteratura, quindi un caso da manuale. E che ci posso fare?

Paura e sofferenza, certo che ci sono e questo thread ne parla. Ma paura e sofferenza sono condizioni generiche che riguardano più o meno tutti. Qui si parla di questi due disturbi, e non vedo per quale motivo dalla minestrina new age si debba andare sul generico per paura di chiamare le cose col loro nome.

I film e le serie TV secondo me c'entrano relativamente. Propongono un modello di bello e dannato che non esiste, e che rapportato alla vita reale poi non tarda a manifestare caratteristiche tutt'altro che belle e nemmeno dannate, ma piuttosto squallide invece.

Quindi in sostanza di che stiamo a parlare?

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Guest Ciccio888

Comunque il male non esiste, e pardon gioia, tu dovresti saperlo che ne il male ne il bene(utopie) esistono nella realtà, tutto è un vantaggio se è nella naturalezza spontanea, l'innocenza ha dei veri vantaggi, che è un altra cosa, come i bimbi.

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8 minuti fa, Ciccio888 ha scritto:

Comunque il male non esiste, e pardon gioia, tu dovresti saperlo che ne il male ne il bene(utopie) esistono nella realtà, tutto è un vantaggio se è nella naturalezza spontanea, l'innocenza ha dei veri vantaggi, che è un altra cosa, come i bimbi.

Lo so gioia cara, ma questo non significa che si debbano subire sofferenza e dolore, o infliggerle agli altri.

Comunque mi aspettavo questi discorsi sulla non-dualità. Potrebbe essere la giustificazione finale per qualsiasi tipo di atto violento: "Il serial killer filosofo".

Se avete finito con le cazzate possiamo andare avanti.

 

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47 minutes ago, Freya said:

Lo so gioia cara, ma questo non significa che si debbano subire sofferenza e dolore, o infliggerle agli altri.

Comunque mi aspettavo questi discorsi sulla non-dualità. Potrebbe essere la giustificazione finale per qualsiasi tipo di atto violento: "Il serial killer filosofo".

Se avete finito con le cazzate possiamo andare avanti.

 

E ma è su queste premesse tu hai imbastito tutto l'ambarhadan e continui a vivere nel passato....Insomma sull'onda del femminicidio e sull'onda del "mostro" che viene "allattato" con ammore  da una figura castale che poi viene prontamente picchiata e abbandonata...Insomma non ci si puo' mai allontanare dalle "chiacchere del bel paese" perchè ormai ci si confonde o conforma con gli stereotipi di regime...Le cazzate sono sempre quelle degli altri ehm....mai ci si mette in dubbio o si ammette che c'è un problema di interpretazione o di "prosmettiva" ad imbuto o come dice la psicologia (abramitica) di proiezione del proprio personale vissuto dal quale non si riesce a prendere le distanze o sempre da "abramitica sterile prognosi psicologico scientifica" non si è ancora elaborato il lutto della perdita .

Continua a meditare magari riconnettiti al tuo cuore, perchè l'esperienze che interpreti come negative erano funzionali alla tua presa di coscienza degli aspetti ombra che ti hanno fatto da eco o da specchio per prendere maggiore consapevolezza con te stessa anche di queste parti che moralmente neghi a te stessa...Parlavo nel primo post che ho fatto, di compassione perchè sei poco compassionevole in primis con te e poi con gli altri su cui proietti lo stereotipo del maschio, mostro anaffettivo e "inutile" e magari non c'è nessuno che ti dice dati alla mano, che non è la norma...anche se tanto sbandierato negli ultimi anni dal regime culturale. Pensare e convincersi di vivere in una giungla con prede e predatori è riduttivo e deprimnte anche se molto in voga dal tempo delle teorie evolutive sempre di abramitica memoria, come del resto anche il senso di colpa e da li le dicotomie di buono o cattivo e la interpretazione in senso duale della costruzione di una realtà dotata di senso. Del resto queste cose fanno anche parte anche del tuo percorso di ricerca spirituale....Allora esere presenti a se stessi e capire che la psicologia è miope davanti a certe cose e non vede oltre i propri preconcetti  perchè utile a normare e normalizzare socialmente solo una serie di comportamenti  funzionali al sistema normativo in voga, dovrebbe essere facilmente comprensibile...Se ti fai dominare dal senso di separazione e di contrazione fai propio il gioco "dell'architetto" che continui ad allattare e custodire dentro di te inconsapevolmente percependo solo un profondo senso di ineluttabilità e di impotenza negando la tua capacità di tornare ad amare ancora....Quanta energia vuoi concedere ancora al passato!?!?

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29 minuti fa, madmax ha scritto:

E ma è su queste premesse tu hai imbastito tutto l'ambarhadan e continui a vivere nel passato....Insomma sull'onda del femminicidio e sull'onda del "mostro" che viene "allattato" con ammore  da una figura castale che poi viene prontamente picchiata e abbandonata...Insomma non ci si puo' mai allontanare dalle "chiacchere del bel paese" perchè ormai ci si confonde o conforma con gli stereotipi di regime...Le cazzate sono sempre quelle degli altri ehm....mai ci si mette in dubbio o si ammette che c'è un problema di interpretazione o di "prosmettiva" ad imbuto o come dice la psicologia (abramitica) di proiezione del proprio personale vissuto dal quale non si riesce a prendere le distanze o sempre da "abramitica sterile prognosi psicologico scientifica" non si è ancora elaborato il lutto della perdita .

Continua a meditare magari riconnettiti al tuo cuore, perchè l'esperienze che interpreti come negative erano funzionali alla tua presa di coscienza degli aspetti ombra che ti hanno fatto da eco o da specchio per prendere maggiore consapevolezza con te stessa anche di queste parti che moralmente neghi a te stessa...Parlavo nel primo post che ho fatto, di compassione perchè sei poco compassionevole in primis con te e poi con gli altri su cui proietti lo stereotipo del maschio, mostro anaffettivo e "inutile" e magari non c'è nessuno che ti dice dati alla mano, che non è la norma...anche se tanto sbandierato negli ultimi anni dal regime culturale. Pensare e convincersi di vivere in una giungla con prede e predatori è riduttivo e deprimnte anche se molto in voga dal tempo delle teorie evolutive sempre di abramitica memoria, come del resto anche il senso di colpa e da li le dicotomie di buono o cattivo e la interpretazione in senso duale della costruzione di una realtà dotata di senso. Del resto queste cose fanno anche parte anche del tuo percorso di ricerca spirituale....Allora esere presenti a se stessi e capire che la psicologia è miope davanti a certe cose e non vede oltre i propri preconcetti  perchè utile a normare e normalizzare socialmente solo una serie di comportamenti  funzionali al sistema normativo in voga, dovrebbe essere facilmente comprensibile...Se ti fai dominare dal senso di separazione e di contrazione fai propio il gioco "dell'architetto" che continui ad allattare e custodire dentro di te inconsapevolmente percependo solo un profondo senso di ineluttabilità e di impotenza negando la tua capacità di tornare ad amare ancora....Quanta energia vuoi concedere ancora al passato!?!?

Onestamente non capisco perché parli di me (e inveisci contro di me, accusandomi di essere questo o quest'altro). Questo thread non parla del mio vissuto nello specifico, ma è un thread generale. Non ho chiesto un parere sulla mia situazione, altrimenti l'avrei impostato in tutt'altro modo. Al contrario di me, che ho determinati strumenti a mio favore, ci sono molte persone che da queste esperienze non riescono a trarre alcun insegnamento, altre che muoiono pure (perché non dirlo se è la verità? Che siano 3 o 300 non cambia, esistono e ne parliamo). Magari a queste persone serve qualche dritta, o ci sono altri che hanno piacere di leggere il pensiero di chi ha vissuto certe circostanze, senza per forza il contornino coi soliti mantra sulla non dualità e le proiezioni e stocazzo, perché a molti tutto questo non serve a niente.

Se secondo te stiamo parlando di cazzate e di stereotipi hai tutto il diritto di pensarlo, ci mancherebbe. Ora che l'hai detto più di una volta, non vedo perché continuare in queste invettive e psicanalisi non richieste su di me. Pensa semmai al motivo per cui ti irrito così tanto, invece di sprecare le tue energie a farmi da maestro d'amore petulante. Perché alla fine vorrei proprio sapere a te che te ne frega di come e se amo e chi. Boh.

Edited by Freya
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15 hours ago, Freya said:

Per questo ritengo anche che l'attrazione sia possibile solo ed esclusivamente dove esistono bisogni da soddisfare.

Io parto da un fatto: l'uomo esiste (o è stato creato) per provare piacere, almeno questa è la mia visione - quindi non c'è nessunissima ragione al mondo per evitare di provare piacere, quando ce n'è la possibilità. Ora, c'è il nutrimento materiale che mantiene in vita il corpo (mangiare, bere, camminare, fare esercizio fisico) e c'è il nutrimento spirituale che mantiene in vita l'Essere (ascoltare musica, leggere libri, informarsi su cosa succede nel mondo, fare ricerca in un determinato campo, meditare, comunicare, scoprire la realtà, riconoscersi, lo sport). Tutte queste attività ci procurano piacere. La sessualità fa parte di questi infiniti piaceri né più né meno. Perché dunque rinunciare a questo o a quello? Semmai si dovrebbe garantire la qualità di ognuna delle nostre esperienze ed un equilibrio tra elementi in gioco. Ma rinunciare, non ha senso, tranne per brevi periodi di tempo per sviluppare disciplina, pazienza, volontà. Io poi considero l'essere umano un tutt'uno e non diviso in materia e spirito quindi per me il nutrimento materiale e quello spirituale sarebbero la stessa cosa, entrambi necessari. Avere bisogno di mangiare, camminare, ascoltare musica etc non è segno di debolezza o dipendenza ma significa rispettare la nostra vera natura, che include anche mangiare, camminare, ascoltare musica etc. Perché la sessualità dovrebbe essere valutata in modo differente? È un piacere/ nutrimento uguale a tutti gli altri. Parliamo di uomini sani di mente, quindi evoluti, indipendenti cioè che non dipendono l'uno dall'altro. Discorso cambia nel caso di psicopatia. Una coppia composta da psicopatici potrebbe frequentarsi non per provare piacere e basta ma per controllare l'un l'altro, a livello mentale ("coscienza" inferiore). Sono cose molto differenti. Ho scritto che dura poco perché tale relazione non è costruttiva, perde caratteristiche di vera relazione, come la intendo io. Si sta insieme per motivi alternativi, anche a lungo, è però una coppia surrogato, una non-coppia. Amore, che cos'è? È quando ti fa piacere che l'altro provi piacere... Ovvero cercare la felicità degli altri, non la propria.

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7 ore fa, G.a.b.r.i.e.l ha scritto:

Io parto da un fatto: l'uomo esiste (o è stato creato) per provare piacere, almeno questa è la mia visione - quindi non c'è nessunissima ragione al mondo per evitare di provare piacere, quando ce n'è la possibilità.

Non esiste piacere senza dolore, sono interconnessi, e questo fatto, se non bastasse la logica più scontata, è stato provato anche scientificamente. La percezione stessa del piacere è legata a quella del dolore e della privazione, per cui se non esistesse la sofferenza come contrappeso, non sarebbe possibile sperimentare il piacere. Un essere immerso in un continuo piacere non riuscirebbe neanche a percepirlo come tale. Quindi no, l'uomo non può essere stato creato esclusivamente per provare piacere, non è possibile provare solo piacere. Semmai si può provare serenità continuativa, che è un'altra cosa e prescinde dall'oscillazione piacere/dolore. 

7 ore fa, G.a.b.r.i.e.l ha scritto:

Ora, c'è il nutrimento materiale che mantiene in vita il corpo (mangiare, bere, camminare, fare esercizio fisico) e c'è il nutrimento spirituale che mantiene in vita l'Essere (ascoltare musica, leggere libri, informarsi su cosa succede nel mondo, fare ricerca in un determinato campo, meditare, comunicare, scoprire la realtà, riconoscersi, lo sport). Tutte queste attività ci procurano piacere. La sessualità fa parte di questi infiniti piaceri né più né meno. Perché dunque rinunciare a questo o a quello? Semmai si dovrebbe garantire la qualità di ognuna delle nostre esperienze ed un equilibrio tra elementi in gioco. Ma rinunciare, non ha senso, tranne per brevi periodi di tempo per sviluppare disciplina, pazienza, volontà. Io poi considero l'essere umano un tutt'uno e non diviso in materia e spirito quindi per me il nutrimento materiale e quello spirituale sarebbero la stessa cosa, entrambi necessari. Avere bisogno di mangiare, camminare, ascoltare musica etc non è segno di debolezza o dipendenza ma significa rispettare la nostra vera natura, che include anche mangiare, camminare, ascoltare musica etc. Perché la sessualità dovrebbe essere valutata in modo differente? È un piacere/ nutrimento uguale a tutti gli altri. Parliamo di uomini sani di mente, quindi evoluti, indipendenti cioè che non dipendono l'uno dall'altro. Discorso cambia nel caso di psicopatia. Una coppia composta da psicopatici potrebbe frequentarsi non per provare piacere e basta ma per controllare l'un l'altro, a livello mentale ("coscienza" inferiore). Sono cose molto differenti. Ho scritto che dura poco perché tale relazione non è costruttiva, perde caratteristiche di vera relazione, come la intendo io. Si sta insieme per motivi alternativi, anche a lungo, è però una coppia surrogato, una non-coppia. Amore, che cos'è? È quando ti fa piacere che l'altro provi piacere... Ovvero cercare la felicità degli altri, non la propria.

Il s&sso è di per sè un'esperienza neutra, anche se è difficile può essere vissuto senza essere dipendenti dall'altro in un rapporto di reciproca fiducia, può essere praticato o non praticato, non vedo cosa cambi, oggettivamente. Per questo ho aggiunto al s&sso l'esplorazione del lato ombra e il sostegno nell'affrontare la solitudine, cioè due cose che non possono esistere senza un profondo coinvolgimento emotivo, e principalmente è questo che provoca dipendenza. Non so perchè di tutto il mio discorso hai voluto concentrarti solo sul s&sso, che per me è qualcosa di assolutamente ininfluente rispetto al resto. E' l'essere umano che gli da un'importanza cruciale, quasi ossessionandosi se non lo fa, ma questo non dipende dal s&sso in sè. Penso dipenda dal fatto che viene usato come strumento di potere sull'altro e come misura del proprio appeal (quindi è nutrimento per l'ego, quasi sempre), mentre in altri casi c'è una componente animalesca, ad esempio in chi paga delle prostitute (nutrimento per l'io bestiale). 

Chi ha relazioni lunghe con narcisisti patologici e psicopatici non lo fa per il s&sso, è proprio l'ultima delle cose da analizzare in una dinamica di questo tipo. Ma neanche i narcisisti e gli psicopatici si comportano in quel modo solo per il s&sso, non c'entra proprio niente. 

 

 

 

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15 ore fa, madmax ha scritto:

Tutti potenzialmente possiamo essere narcisisti e psicopatici nessuno  escluso (perchè ci siamo tutti comportati in certi contesti da pavoni autoreferenziali o abbiamo covato odio e rabbia tanto da pensare di toglire la vita a qualcuno solo perchè ci ha fatto soffrire, da qui anche l'effetto emulativo o di compiacimento e di messa sul piedistallo per chi questi atti li ha messi in pratica) .

No. Il narcisismo di cui si parla qui non è quello che hai descritto.

La psicologia, che tu definisci miope, offre degli strumenti semplici, alla portata di tutti, per poter affrontare il problema della convivenza con un narcisista.

Ora, un conto è dire che le esperienze  - negative-  formano, e grazie al c., un conto è negare l'esistenza della personalità narcisistica.

Neanche provare compassionne per se stessi o per gli altri, o relativizzare sul concetto di male, giustifica la negazione dell'esistenza di questo tipo di personalità.

Questa cosa che vai sostenendo è proprio controeducativa.

 

 

 

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11 hours ago, malia said:

No. Il narcisismo di cui si parla qui non è quello che hai descritto.

La psicologia, che tu definisci miope, offre degli strumenti semplici, alla portata di tutti, per poter affrontare il problema della convivenza con un narcisista.

Ora, un conto è dire che le esperienze  - negative-  formano, e grazie al c., un conto è negare l'esistenza della personalità narcisistica.

Neanche provare compassionne per se stessi o per gli altri, o relativizzare sul concetto di male, giustifica la negazione dell'esistenza di questo tipo di personalità.

Questa cosa che vai sostenendo è proprio controeducativa.

Premesso che parliamo di MITI e non di persone realmente esistite o esistenti...Quindi direi di scendere sulla terra e nel reale e da qui la necessità di capire che è puramente aleatorio parlare di cose che non esistono se non nell'immaginario del singolo e sono solo "maschere" idealizzate o stereotipate (psicopatia e narcisismo sono relative a tradizioni culturali delle civiltà ellenistica ) che avevano una funzione pedagogica ai tempi come tutti i miti  ma inserite in un determinato contesto socioculturale con tutti i limiti che hanno caratterizzato tale periodo storico..Questi miti di psiche e narciso sono state riprese  dall'approccio delle scienze psicologiche (è qui ci sarebbe da capire chi si arroga il diritto di definire scienza la psicologia e perchè visto che non ha il presupposto della scienza  o di veirtà assoluta e immutabile e da qui si potrebbe già mettere tutto in discussione ) perchè più di ogni altro questa società delle apparenze si confronta solo con le maschere da palcoscenico, dove gli attori sociali inconsapevoli si mostrano indossando maschere di cui hanno minore o maggiore capacità di interpretare o sviluppano disagio quando tali "maschere" li soffocano e gli vanno strette perchè le rappresentazioni ideali  e morali che incarnano sono appunto per definizioni illusorie, irraggiungibili e mitologiche.

Arrogarsi la capacità di poter definire la realtà in funzioanali o disfunzionali in conformi o devianti e dividere e condannare è un approccio che nega la realtà poliedrica delle cose (nel caso preso in esame condannare la personalità  per esempio definita Narcisista che poi è assolutamente riduttiva in quanto è solo un aspetto di cio' che quella personalità  sperimenta dietro a quella maschera)...Se ti piace illuderti che racchiudendo le cose all'interno di prospettive concettuali sia la soluzione più funzionale  ed efficiente( es:soggetto strumentale alla soddisfazione dei  bisogni dei singoli e/o della società oppure di contro non soddisfacente e quindi lo neghiamo della sua  "umanità" o lo isoliamo etichettandolo, ghettizzandolo perchè amorale o non nella norma) quando il vero proplema è non essere presenti a se stessi intendendo con questo il tentativo di aderire all'ideale sociale della maschera che si indossa (per esempio del bravo cittadino  conformista produttivo ed efficiente o dell'estroverso artista  )  e non valutare il proprio stato d'animo o la sfera emozionale che investe se stessi in un determinato contesto, che non sempre puo' dirsi contento o appagato di una relatà tale dotata di senso precostituito e confezionato da "altri" ...In sintesi come il mito delle interpretazioni della personalità sono insufficienti per definire una persona (ma sono in voga per motivi legati all'insicurezza istillata da una società odierna che prima ha promesso progresso e felicità a tutti e pure immortalità ideale per poi collassare su se stessa perchè trovare il paradiso in terra è utopistico) è anche illusorio di studiarti il bignami della sopravvivenza emotiva e passare indenne con strumenti limitati della psicologia odierna  alle frustrazioni di una vita incasellata in una società occidentale che sta esprimendo tutti i suoi limiti e disfunzionalità. Hai parlato giustamente di educazione ma non è certo con lo strumento spuntato e precostituito della psicologia che potrai arrivare a concepire la complessità del reale...La psicologia attuale ha solo una fiunzione di "consentire" l'uso di maschere definite normanti o normali per un determinato range di valori culturali...Per fare un esempio prendendo la cosa abbastanza alla larga ma molto concreto, Infatti i concetti "Tabù" occidentali che fanno sorrridere  o sdegnano gli orientali sono altrettanti in oriente che fanno sorridere o storcere il naso agli occidentali...

Nel caso specifico di questo thread che vuole incasellare e definire in un certo range valoriale le rappresentazioni dei MITI (cioè di personalità che non eistono in quanto tali) di psiche e narciso portando un contributo all'apparenza solidaristico ma partendo da premesse parziali e ideologicamente strumentali alla propria dimensione morale e normo-morale che ha risentito del disagio di interpretare una "maschera sociale" che non ha ricevuto in cambio la gioia e il piacere tanto idealizzato e/o venduto come tale, vorrei ricordare che la reale compassione parte dall'accettazione in primis delle prorie zone d'ombra e in socondo di sentirsi accetati  e sostenuti ad ogni modo in quanto esseri aventi diritto di potere essere amanti e di essere amati a prescindere dal contesto sociale di appartenenza...

 

 

 

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16 hours ago, Freya said:

Non esiste piacere senza dolore, sono interconnessi,

Forse parli del desiderio, il che è solo attività mentale quindi per me poco interessante. Il piacere è una reazione naturale, biochimica, dell'Essere ad una cosa compatibile. Chi prova piacere in qualcosa non lo desidera, lo sperimenta e basta; quindi non c'è il pericolo di provare dolore in caso di separazione o privazione. Forse parli delle dinamiche che accadono nell'esistenza di un uomo ordinario, ma lui non fa testo. In quel caso subentra l'attaccamento, che però nullla ha a che fare con il piacere, è un'attività separata. Un uomo risvegliato non desidera questo e quello non cerca niente ma sperimenta tutto quello che trova "davanti", se compatibile. Ed anche se per assurdo lo desiderasse, non si attaccherebbe a quell'esperienza dal momento che già fa parte del suo passato, ed un uomo risvegliato non si occupa del passato/ futuro. Quando dico che l'uomo esiste per provare piacere in ogni cosa e in tutto quello che lo circonda, intendo non come un obbligo ma come libertà di scegliere in che modo conoscere/ manifestare Sé stesso, con quali strumenti e in quali circostanze. Se qualcuno deve provare anche dolore per poter provare piacere, non fa niente, che problema c'è? Vuol dire che non è un buddha ovvero ancora non è in grado di guardare i Mondi, con le loro ombre e luci, senza attaccarsi a ciò che ha visto e senza spaventarsi troppo, tanto da rinunciare a una parte di se, e alle sue potenzialità animiche-genetiche.

Quote

e questo fatto, se non bastasse la logica più scontata, è stato provato anche scientificamente. La percezione stessa del piacere è legata a quella del dolore e della privazione, per cui se non esistesse la sofferenza come contrappeso, non sarebbe possibile sperimentare il piacere.

Mi fai un esempio pratico al di là della teorizzazione pura e semplice? Se ascolto la canzone "X", provo piacere. Quando non l'ascolto non provo nessuna sofferenza. Ovvero se c'è bene se non c'è bene lo stesso. Quindi cosa volevi dire esattamente? Non mi manca mentre non c'è; però quando la riascolto, di nuovo provo piacere. E quindi? Suoni, musica, voce, parole, si contrappongono al silenzio. A me piace ugualmente il silenzio e la canzone "X". Provo lo stesso piacere nell'ascoltare il silenzio, oppure la canzone "X", e la canzone "Y". Il dolore dove sta, in tutto questo?

Quote

Un essere immerso in un continuo piacere non riuscirebbe neanche a percepirlo come tale.

Questo è un discorso più filosofico. E visto che l'hai menzionato, spiego anche qui come la vedo io. Per me, uno stato di felicità permanente, è possibile. Ma esso non dipende in alcun modo da ciò che ho fatto o che non ho fatto, da ciò che ho pensato o che non ho pensato in una determinata giornata - o da quello che possiedo o non possiedo; deriva esclusivamente dalla coscienza di essere ovvero non dipende mai da fuori, da quello che vedo fuori - o da quello che esiste fuori e nemmeno dalla reazione di un organismo biologico a ciò che accade fuori. Perché l'Essere non è fuori. Provare piacere nel praticare questa o quella attività è un optional, nessuna relazione con l'eventuale stato di 'felicità permanente'. Chiaro che c'è un equilibrio dinamico in tutte le cose, yin-yang nelle sue varie forme e aspetti ma fa parte del gioco e non modifica minimamente i concetti espressi sopra. Per sperimentare il "bene" devo conoscere anche il "male" (qualunque cosa significhi bene e male, è solo un esempio). Una volta compreso gli opposti integrati l'uno nell'altro presenti in ogni cosa, posso scegliere di volta in volta un percorso. Che include tutti i  contrappesi del caso. Ma, ripeto, dove sta il dolore nell'ascoltare o non ascoltare la canzone "X"?

Quote

Quindi no, l'uomo non può essere stato creato esclusivamente per provare piacere, non è possibile provare solo piacere. Semmai si può provare serenità continuativa, che è un'altra cosa e prescinde dall'oscillazione piacere/dolore.

Sembrerebbe che quando parli di piacere intendi attaccamento e quando parli di serenità intendi coscienza superiore. Sarà quindi una questione di termini utilizzati? O di livelli?

Quote

Non so perchè di tutto il mio discorso hai voluto concentrarti solo sul s&sso, che per me è qualcosa di assolutamente ininfluente rispetto al resto.

Per affermare che per me la sessualità non è differente dall'ascoltare musica o dal leggere un libro. Null'altro essendo un piacere come un altro e un nutrimento spirituale come un altro. Ma è ovvio che psicopatico vede tutte le cose diversamente, anche la sessualità. Uno psicopatico potrebbe leggere un libro per tentare di dimostrare una sua tesi, o per attaccarti o per dichiarare che ha ragione lui. Un uomo evoluto legge un libro perché prova piacere nel conoscere l'opinione del suo autore, niente di più. Nessun secondo fine.

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Chi ha relazioni lunghe con narcisisti patologici e psicopatici non lo fa per il s&sso, è proprio l'ultima delle cose da analizzare in una dinamica di questo tipo. Ma neanche i narcisisti e gli psicopatici si comportano in quel modo solo per il s&sso, non c'entra proprio niente.

Infatti se leggi attentamente quello che avevo scritto, ho detto che quelli si frequentano NON per provare piacere nell'incontrarsi ma per controllare l'un l'altro, cioè esercitare un potere sopra gli altri (il che nulla ha a che vedere con il piacere), dunque per manipolare e organizzare l'esistenza altrui dal momento che sono patologicamente incapaci di sistemare la propria.

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12 ore fa, G.a.b.r.i.e.l ha scritto:

Forse parli delle dinamiche che accadono nell'esistenza di un uomo ordinario, ma lui non fa testo. In quel caso subentra l'attaccamento, che però nullla ha a che fare con il piacere, è un'attività separata. Un uomo risvegliato non desidera questo e quello non cerca niente ma sperimenta tutto quello che trova "davanti", se compatibile. Ed anche se per assurdo lo desiderasse, non si attaccherebbe a quell'esperienza dal momento che già fa parte del suo passato, ed un uomo risvegliato non si occupa del passato/ futuro.

Certo che parlo di dinamiche ordinarie. Il 99% delle persone sono ordinarie. Non capisco questo razzismo. Sono le persone ordinarie che vanno aiutate, altrimenti che si sta a fare qui? Ci si crogiola nella propria presunta superiorità?

Questo thread è dedicato a chi è ancora impigliato in un particolare meccanismo e non trova il modo di uscirne. Se qualcuno non è toccato da queste dinamiche, buon per lui, ma voglio dire, chi se ne frega di questa persona? 

Inoltre trovo scorretto fare una distinzione così netta fra ordinario e evoluto. Non significa nulla. Io non conosco nessuno pienamente evoluto, tutti più o meno abbiamo qualche tipo di problema, qualche lato inconscio che non sappiamo controllare. Anche chi intraprende dei percorsi spirituali è dentro un processo in divenire, difficile che sia arrivato. 

12 ore fa, G.a.b.r.i.e.l ha scritto:

Mi fai un esempio pratico al di là della teorizzazione pura e semplice? Se ascolto la canzone "X", provo piacere. Quando non l'ascolto non provo nessuna sofferenza. Ovvero se c'è bene se non c'è bene lo stesso.

Non puoi paragonare le relazioni al godimento musicale. Non è così che funziona. Una persona non è uno spartito che si suona a piacimento. 

Edited by Freya
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Mi piacerebbe portare qualche estratto del libro "Donne che corrono coi lupi", dell'analista junghiana Clarissa Pinkola Estes.

Secondo Estes, le donne finiscono dentro relazioni di questo genere perchè perdono il contatto col proprio Sè selvaggio. 

Non si tratta di un io bestiale, sia chiaro, ma di una connessione speciale con la propria natura istintiva, che è al contempo radicata nella terra e intensamente spirituale. La questione qui viene affrontata dal punto di vista femminile ed è dedicata a problematiche femminili, ma può essere adattata anche all'uomo, il quale, come la donna, tende a perdere la sua natura selvaggia. 

Riporto alcuni passi in modo che possa essere più chiaro il concetto. 

"Il termine selvaggio qui non è usato nel suo senso moderno peggiorativo, con il significato di -incontrollato-, ma nel suo senso originale, che significa vivere una vita naturale, in cui la creatura ha la sua integrità innata e sani confini.. La comprensione della natura della Donna Selvaggia non è una religione bensì una pratica. E' una psicologia nel suo senso più autentico: psiche/anima, una conoscenza dell'anima. Senza di lei, le donne sono senza orecchie per intendere il parlare dell'anima o per registrare la cadenza dei loro intimi ritmi.. Quando perdiamo contatto con la psiche istintiva, viviamo in uno stato prossimo alla distruzione; a immagini e poteri naturali per il femminino non è consentito il pieno sviluppo. La Donna Selvaggia è la salute di tutte le donne. Senza di lei, la psicologia delle donne non ha senso. Qualunque sia la cultura, l'epoca o la politica, lei non cambia"

"Sentire, pensare o agire cronicamente in uno dei modi seguenti significa aver parzialmente reciso o completamente perduto la relazione con la psiche istintuale profonda. Ricorrendo esclusivamente al linguaggio delle donne, ecco di che si tratta: sentirsi straordinariamente aride, affaticate, fragili, depresse, confuse, imbavagliate, zittite, appiattite. Sentirsi impaurite, esitanti o deboli, senza ispirazione, senza vivacità, senza sentimento, senza senso, cariche di vergogna, cronicamente evanescenti, volatili, ferme, sterili, compresse, pazze. Non insistere sul proprio ritmo e la propria misura, essere impacciate, essere lontane dal proprio Dio o i propri Dei, affogate nella routine domestica, nell'intellettualismo, nel lavoro e nell'inerzia, perchè questo è il posto più sicuro per chi ha perduto i propri istinti. Riunirsi a lei (Donna Selvaggia), significa fissare il territorio, trovare il proprio branco, stare con sicurezza e orgoglio nel proprio corpo indipendentemente dai suoi doni e dai suoi limiti, parlare e agire per proprio conto, in prima persona, essere consapevoli, vigili, rifarsi ai poteri femminili innati dell'intuito e della percezione, riprendere i proprio cicli, scoprire a che cosa si appartiene e levarsi con dignità". 

Si tratta, quindi, di una forza primordiale indicata anche come numen femminile, che permette di affrontare predatori interni ed esterni senza soccombere ma con perspicacia e naturalezza. Il libro contiene preziosi indicazioni sotto forma di racconti, fiabe e MITI, che si concretizzano in una sorta di pratica guida per riappropriarsi del proprio lato selvaggio. Esso consente di riconoscere una persona a colpo d'occhio; se non c'è, allora è facile finire dentro situazioni complesse e imprigionarsi in relazioni da cui, apparentemente, non esiste via d'uscita. La psiche selvaggia però trova sempre il modo di liberarsi. 

Questo spiega anche per quale motivo ogni tipo di donna può ritrovarsi impigliata in relazioni disfunzionali e perfino pericolose, a prescindere dal suo livello di cultura e dal suo tipo di personalità. Dal momento che perde contatto con l'Archetipo del femminile primordiale, madre della vita e della morte, non ha più gli strumenti per comprendere intuitivamente chi ha davanti. Essi possono essere recuperati/resuscitati, a volte con grande fatica, a seconda del grado di cristallizzazione del distacco. A volte riemergono in circostanze particolari, ad esempio in gravidanza o in allattamento, ovvero circostanze che consentono una connessione quasi automatica con la psiche istintiva, altre volte invece rimangono sepolti per sempre. 

 

Edited by Freya
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9 ore fa, madmax ha scritto:

In sintesi come il mito delle interpretazioni della personalità sono insufficienti per definire una persona

Premetto che quando io parlo di personalità narcisistica non penso minimamente al mito. Che poi ieri ci pensavo pure: pensavo che  il termine  usato ''narcisismo'' potesse generare confusione o ''distrarre''.

Non mi va di fare a gara a chi ha gli strumenti più affinati per discorrere delle varie personalità presenti nell'umanità tutta.

Però ripeto: la personalità narcisistica, così come occidentalmente descritta dalla psicologia di merda (ok?) è riconoscibile in ogni angolo del mondo e non può in nessun modo essere scambiata per altro come fai tu che dici: ''eh vabbè...a tutti viene voglia di pavoneggiarsi, o a tutti viene voglia di ammazzare qualcuno,  prima o poi'' che è vero, del resto, ma la personalità narcisistica è altro e viverci vicino ti porta ad impazzire se non sei attrezzato (ed è questo l'aspetto del male).

Solo se lo ri-conosci puoi più facilmente gestirlo.

Non ti dovresti preoccupare per il  fatto che ''poretto'' è incasellato in due definizioni; poretti sono quelli che si ritrovano ad averci a che fare a lungo, perchè sul breve periodo frequentare un narcisista è una bella esperienza. E non credere neanche che un narcisista possa apprezzare la delicatezza degli strumenti che una persona potrebbe usare per comprenderlo, per cogliere tutte le sfumature del suo animo, per accoglierlo: non gliene può fregare una m., ma 0 proprio.

 

Cita

Arrogarsi la capacità di poter definire la realtà in funzioanali o disfunzionali in conformi o devianti e dividere e condannare è un approccio che nega la realtà poliedrica

Sono d'accordo in linea generale.

Ma una persona che non ha mai aperto un libro di psicologia,  i tratti del narcisista li sa descrivere ugualmente, perchè li vive, non ha bisogno di leggerli. Quando si arriva a leggere un manuale di psicologia e si legge dell'esistenza di quel tipo di personalià, ci si dice: ah, ecco, è così; si sarebbe potuto chiamare ''riso patate e cozze'' ma sempre quella roba è.

Correggetemi se sbaglio, ma molte persone che hanno a che fare con un narcisista, si imbattono nella descrizione di quella personalità e la ri-conoscono nel manuale di psicologia durante tentativi di informarsi per capire il proprio malessere, per dare un nome al proprio di malessere, per cercare di gestire il proprio malessere, perchè ci sente impazzire.

Non è che prima la psicologia occidentale ha coniato questa definizione, e poi dopo le persone l'hanno letta e ci hanno etichettano delle altre negando la realtà poliedrica ecc ecc.

Quando le persone leggono di queso tipo di personalità (tranne il narcisista che non ci si riconoscerà maiiiiii rotfl.gif.0b4ec792a1a12144dd37a928dabc677a.gif) la ri-conoscono.

 

Per tornare al discorso dei miti...penso che i miti non sono roba detta in modo semplice e grezzo per ggggente semplice e grezza,  la semplicità nega la ricchezza di sfumature ecc, e ppperò non mi puoi incasellare in due definzioni, mi neghi, ecc.

I miti così come le descrizioni dei manuali moderni sono strumenti per conoscere/capire/ordinare  e non strumenti che creano realtà. Una definzione non crea niente. E a me sembra una scusa questa che porti delle descrizioni della personalità fatte a muzzo, come se fossero queste il nocciolo del problema.

Sicuramente la non comprensione di tutti gli aspetti di una persona non è una cosa buona, io per questo mi batto sempre, anzi  per questo che mi accusano di relativizzare troppo; se dico che la definzione di personalità narcisistica è utile non lo dico per dare addosso allo stronzo, o per ''creare stronzi'' funzionalmente utili ai miei scopi,  ma perchè ritengo che sia fondamentale per la comprensione e guarigione.

 

 

 

 

 

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13 minuti fa, malia ha scritto:

Premetto che quando io parlo di personalità narcisistica non penso minimamente al mito. Che poi ieri ci pensavo pure: pensavo che  il termine  usato ''narcisismo'' potesse generare confusione o ''distrarre''.

Non mi va di fare a gara a chi ha gli strumenti più affinati per discorrere delle varie personalità presenti nell'umanità tutta.

Però ripeto: la personalità narcisistica, così come occidentalmente descritta dalla psicologia di merda (ok?) è riconoscibile in ogni angolo del mondo e non può in nessun modo essere scambiata per altro come fai tu che dici: ''eh vabbè...a tutti viene voglia di pavoneggiarsi, o a tutti viene voglia di ammazzare qualcuno,  prima o poi'' che è vero, del resto, ma la personalità narcisistica è altro e viverci vicino ti porta ad impazzire se non sei attrezzato (ed è questo l'aspetto del male).

Solo se lo ri-conosci puoi più facilmente gestirlo.

Mi interessa questo punto. 

Mi chiedo, per quale motivo ostinarsi a voler gestire qualcuno? C'è qualche vantaggio particolare nel persistere in relazioni disfunzionali, ovvero dove l'equilibrio non è naturale ma deve essere continuamente costruito artificialmente, magari nascondendo o reprimendo parti di sè?

13 minuti fa, malia ha scritto:

Non ti dovresti preoccupare per il  fatto che ''poretto'' è incasellato in due definizioni; poretti sono quelli che si ritrovano ad averci a che fare a lungo, perchè sul breve periodo frequentare un narcisista è una bella esperienza. E non credere neanche che un narcisista possa apprezzare la delicatezza degli strumenti che una persona potrebbe usare per comprenderlo, per cogliere tutte le sfumature del suo animo, per accoglierlo: non gliene può fregare una m., ma 0 proprio.

 

Sono d'accordo in linea generale.

Ma una persona che non ha mai aperto un libro di psicologia,  i tratti del narcisista li sa descrivere ugualmente, perchè li vive, non ha bisogno di leggerli. Quando si arriva a leggere un manuale di psicologia e si legge dell'esistenza di quel tipo di personalià, ci si dice: ah, ecco, è così; si sarebbe potuto chiamare ''riso patate e cozze'' ma sempre quella roba è.

Correggetemi se sbaglio, ma molte persone che hanno a che fare con un narcisista, si imbattono nella descrizione di quella personalità e la ri-conoscono nel manuale di psicologia durante tentativi di informarsi per capire il proprio malessere, per dare un nome al proprio di malessere, per cercare di gestire il proprio malessere, perchè ci sente impazzire.

Esatto, di norma è così. Poi magari ci saranno anche casi in cui una persona, per giustificare il fatto che qualcosa non va in una relazione di qualsiasi tipo (lavorativa, intima o di amicizia) la spieghi usando questa classificazione ormai parecchio abusata anche se in realtà non c'entra niente. Ma ciò non significa che molti casi siano autentici. 

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3 ore fa, Freya ha scritto:

Mi interessa questo punto. 

Mi chiedo, per quale motivo ostinarsi a voler gestire qualcuno? C'è qualche vantaggio particolare nel persistere in relazioni disfunzionali, ovvero dove l'equilibrio non è naturale ma deve essere continuamente costruito artificialmente, magari nascondendo o reprimendo parti di sè?

 

Non so cosa intendi per ''artificialmente''. Se è roba diversa da quella nata per motivi di cultura, etica, morale ''umana'', o altro.

Io non dimentico il fascino subito, il piacere provato quando ho cominciato ad avere a che fare con quel tipo di personalità (si possono fare distinzioni tra genitori e persone in cui ci si imbatte più o meno per scelta nel corso della vita); io a quel piacere non ho  voluto  rinunciare, nè mi sogno di negare il motivo per cui mi sono sentita attratta da quel tipo di personalità (quello sarebbe un modo per negare delle parti di me).

(sul discorso sul piacere fatto da gabriel mi trovo abbastanza daccordo).

Per non rinunciare alla possibilità di godere della parte di personalità affascinante dello ''stronzo'' che ha dato piacere ad una parte di me, io gestisco  (mi impegno) la situazione, e la gestione comporta il dover dosare parti di me, non di nasconderle nè di reprimerle,  non è annullamento totale, perchè niente è totale, assoluto. Quelle parti di me che non si esprimono pienamente nella relazione con lo stronzo, troveranno altre relazioni in cui esprimersi gajardamente.

Comunque io mi faccio guidare dal piacere (e dalla paura nel senso opposto) e non dall'equilibrio. Quindi alla base della mia ostinazione c'è il voler perseguire il piacere.

Non so se seguire il piacere sia roba non artificiale;  per cultura questo atteggiamento è molto condannato.

Questo non alleggerisce (@madmax) di un grammo il peso del comportamento di un narcisista.

 

 

Edited by malia
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48 minuti fa, malia ha scritto:

Non so cosa intendi per ''artificialmente''. Se è roba diversa da quella nata per motivi di cultura, etica, morale ''umana'', o altro.

Io non dimentico il fascino subito, il piacere provato quando ho cominciato ad avere a che fare con quel tipo di personalità (si possono fare distinzioni tra genitori e persone in cui ci si imbatte più o meno per scelta nel corso della vita); io a quel piacere non ho  voluto  rinunciare, nè mi sogno di negare il motivo per cui mi sono sentita attratta da quel tipo di personalità (quello sarebbe un modo per negare delle parti di me).

(sul discorso sul piacere fatto da gabriel mi trovo abbastanza daccordo).

Per non rinunciare alla possibilità di godere della parte di personalità affascinante dello ''stronzo'' che ha dato piacere ad una parte di me, io gestisco  (mi impegno) la situazione, e la gestione comporta il dover dosare parti di me, non di nasconderle nè di reprimerle,  non è annullamento totale, perchè niente è totale, assoluto. Quelle parti di me che non si esprimono pienamente nella relazione con lo stronzo, troveranno altre relazioni in cui esprimersi gajardamente.

Comunque io mi faccio guidare dal piacere (e dalla paura nel senso opposto) e non dall'equilibrio. Quindi alla base della mia ostinazione c'è il voler perseguire il piacere.

Non so se seguire il piacere sia roba non artificiale;  per cultura questo atteggiamento è molto condannato.

Questo non alleggerisce (@madmax) di un grammo il peso del comportamento di un narcisista.

 

 

Si, capisco. Ogni narcisista patologico, inoltre, ha le sue sfumature caratteriali che lo rendono più o meno sopportabile a certe persone. Insomma, la generalizzazione non va bene. Per " non artificiale" intendo un equilibrio spontaneo, che si genera da sé, senza che per forza uno dei due rinunci a qualcosa. E che quindi si incentra sull'accettazione dell'altro. Per me se non c'è questa componente, si tratta appunto di una relazione squilibrata, nel senso più oggettivo del termine. Ma questa sono io, appunto, che mette al primo posto la serenità, e non il piacere/passione. Ognuno è un mondo a sé. L'importante secondo me è che non ci sia dolore, e se c'è, che non superi mai il piacere, se il perno è questa dinamica.

Che ne pensi del mio post sopra, sulla donna selvaggia?

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Il 10/9/2023 at 23:12, Freya ha scritto:

Il narcisista patologico molto differente

- all'inizio è una persona fantastica, ti tempesta di attenzioni, ti adula, però in maniera scorretta (ad esempio fa paragoni costanti con le ex, all'inizio dipingendoti molto meglio, poi diventi peggio). In questa fase "intossica".

- poi inizia a svalutare, per ogni sciocchezza sei la peggiore merda dell'universo

- infine ti molla, o attua silenzio punitivo-allontamento, al fine di controllarti (in questa fase sei intossicato e ti manca la "droga", per cui fai di tutto per riagganciarlo/a, anche subire le peggiori umiliazioni).

Il copione si ripete innumerevoli volte, talvolta per tutta la vita.

Alcuni narcisisti isolano forzatamente il partner, altri non lo fanno. Chi teme di perdere il controllo o la propria immagine grandiosa, talvolta uccide.

Il narcisista, in sostanza, dal punto di vista del partner deve essere considerato a tutti gli effetti uno spacciatore, che concede una "droga " potente a chi è predisposto a diventare dipendente, a carissimo prezzo.

Il processo di distacco è infatti del tutto simile a quello di una disintossicazione da stupefacenti.

In linea generale l'innamoramento è sempre così, ma qui la dinamica viene estremizzata al massimo. Una volta disintossicati poi è difficile ritornare a provare sensazioni simili, per cui ci si sente meno emotivi. Il che è solo un bene, significa che si è diventati capaci di osservare il meccanismo dietro queste sensazioni e assumere il controllo di sé.

 

Il soggetto vittima del narcisista patologico è comunque spesso una persona sensibile, buona d'animo che cerca sempre di risolvere ogni tipo di controversia perchè nel suo inconscio "crede" candidamente al rapporto e non vede la tossicità che ha invaso il suo "essere", il circolo vizioso che ha rovinato la propria armonia interiore.

Per la vittima riuscire a disintossicarsi (se ci riesce) è soltanto un bene, ma ne uscirà diverso, profondamente cambiato. La propria emotività svanisce quasi del tutto, subentra una sorta di distacco verso una nuova esperienza, si diventa "vuoti" dentro oltre che difficile riacquistare quella sicurezza che il narcisista patologico gli ha demolito via via nel tempo.

Se la vittima riesce poi a "ripartire", inconsciamente alcune caratteristiche del narcisista patologico si possono ripresentare nei suoi comportamenti: alla fine ha come "assorbito" questa sorta di meccanismo finendo a provocare del male a chi si avvicina, senza volerlo.

L’Adesso è il vostro unico punto di accesso al regno senza tempo e senza forma dell’Essere - E. Tolle

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11 minuti fa, mystery1967 ha scritto:

Il soggetto vittima del narcisista patologico è comunque spesso una persona sensibile, buona d'animo che cerca sempre di risolvere ogni tipo di controversia perchè nel suo inconscio "crede" candidamente al rapporto e non vede la tossicità che ha invaso il suo "essere", il circolo vizioso che ha rovinato la propria armonia interiore.

Per la vittima riuscire a disintossicarsi (se ci riesce) è soltanto un bene, ma ne uscirà diverso, profondamente cambiato. La propria emotività svanisce quasi del tutto, subentra una sorta di distacco verso una nuova esperienza, si diventa "vuoti" dentro oltre che difficile riacquistare quella sicurezza che il narcisista patologico gli ha demolito via via nel tempo.

Se la vittima riesce poi a "ripartire", inconsciamente alcune caratteristiche del narcisista patologico si possono ripresentare nei suoi comportamenti: alla fine ha come "assorbito" questa sorta di meccanismo finendo a provocare del male a chi si avvicina, senza volerlo.

Visto che sei un uomo, e mi sembra che tu parli per esperienza personale, hai provato su di te il narcisismo patologico "al femminile"? O hai avuto a che fare con persone che avevano assorbito i comportamenti narcisisti?

Sicuramente è qualcosa che lascia il segno, tant'è che alcune persone sviluppano una sorta di disturbo post traumatico. Dipende da come e quanto si "guarisce", secondo me, e dalle caratteristiche di partenza.

Stare con un narcisista può anche portare a sviluppare la capacità di riconoscere a prima vista le negatività e le mancanze altrui. Il che non è necessariamente un male.

 

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SI, parlo per esperienza personale in quanto ho subito il narcisismo patologico "al femminile".

Se ne esce fuori con la propria volontà fino ad un certo punto, in apparenza si supera con il tempo ma come hai detto rimane una sorta di "disturbo post-traumatico" che non si riesce a controllare. Avviene un vero e proprio cambiamento della propria personalità nell'affrontare nuove esperienze, anche contro la propria volontà. Forse vivendone altre "positive" nel tempo potrebbero smaltire le scorie traumatiche lasciate dal vissuto di un rapporto-malato, ma non è detto che questo accada.

Ti assicuro però che non si ritorna ad essere ciò che si era prima, se ne resta comunque profondamente cambiati e per certe cose direi anche in meglio in quanto riesci a valutare le varie situazioni senza farti travolgere dall'emotività che un tempo aveva il controllo. Si diventa più razionali.

L’Adesso è il vostro unico punto di accesso al regno senza tempo e senza forma dell’Essere - E. Tolle

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9 hours ago, Freya said:

Mi chiedo, per quale motivo ostinarsi a voler gestire qualcuno? C'è qualche vantaggio particolare

Quando si crede di non avere potere (interiore) o si crede di non essere autorizzati a utilizzarlo allora lo si delega agli altri. Tipo "io gestisco te, tu gestisci me". L'apparente vantaggio sta nella comodità di ubbidire agli ordini; è più difficile progettare la propria vita. D'altra parte si impartiscono gli ordini all'altro per sopperire alla mancanza di potere spirituale, dentro. Si sostituisce il lavoro sulla coscienza che si è, con il lavoro sulle coscienze esterne, altri umani, a volte animali. Quanto al Narciso o chi per lui, la sua colpa non è l'amorproprio bensì il non aver condiviso quell'amore con tutti quanti.

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Che ne pensi del mio post sopra, sulla donna selvaggia?

Per me è perfetto anche se non lo hai domandato a me. Nessuna liberazione, o progresso, è possibile senza prima riscoprire - e "riattivare" - la radice dell'essere.

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Non puoi paragonare le relazioni al godimento musicale. Non è così che funziona. Una persona non è uno spartito che si suona a piacimento.

Non so se hai visto il video 'felicità senza emozioni' già postato in un'altra discussione, ma anch'io sostengo la stessa cosa. Con tale premessa dico che una relazione non è necessariamente un intreccio complicato e incomprensibile di trame esistenziali e desideri o pretese  di due persone ma semplicemente la condivisione di ciò che si è. La manifestazione del Sé profondo senza badare alla reazione del partner, senza chiedere niente in cambio. Un donarsi senza aspettative. Non è che devo pilotare la risposta/ reazione dell'altro. E non è che devo fingere di essere diverso per soddisfare gli altri. Ognuno è quello che è, immodificabile. In questo senso una relazione potrebbe essere paragonata anche all'ascoltare musica. Io offro me stesso a te, così come sono, e tu offri te stessa a me, così come sei.

Quote

Certo che parlo di dinamiche ordinarie. Il 99% delle persone sono ordinarie. Non capisco questo razzismo. Sono le persone ordinarie che vanno aiutate, altrimenti che si sta a fare qui? Ci si crogiola nella propria presunta superiorità? Questo thread è dedicato a chi è ancora impigliato in un particolare meccanismo e non trova il modo di uscirne. Se qualcuno non è toccato da queste dinamiche, buon per lui, ma voglio dire, chi se ne frega di questa persona? Inoltre trovo scorretto fare una distinzione così netta fra ordinario e evoluto. Non significa nulla. Io non conosco nessuno pienamente evoluto, tutti più o meno abbiamo qualche tipo di problema, qualche lato inconscio che non sappiamo controllare. Anche chi intraprende dei percorsi spirituali è dentro un processo in divenire, difficile che sia arrivato.

Parlare del solo problema fine a se stesso? No, meglio indicare le soluzioni. Se si cercano informazioni stradali da un passante, non ci si arrabbia quando dice la verità e non gli si dà del presuntuoso se afferma di conoscere il luogo dove vogliamo andare.

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13 ore fa, mystery1967 ha scritto:

SI, parlo per esperienza personale in quanto ho subito il narcisismo patologico "al femminile".

Se ne esce fuori con la propria volontà fino ad un certo punto, in apparenza si supera con il tempo ma come hai detto rimane una sorta di "disturbo post-traumatico" che non si riesce a controllare. Avviene un vero e proprio cambiamento della propria personalità nell'affrontare nuove esperienze, anche contro la propria volontà. Forse vivendone altre "positive" nel tempo potrebbero smaltire le scorie traumatiche lasciate dal vissuto di un rapporto-malato, ma non è detto che questo accada.

Ti assicuro però che non si ritorna ad essere ciò che si era prima, se ne resta comunque profondamente cambiati e per certe cose direi anche in meglio in quanto riesci a valutare le varie situazioni senza farti travolgere dall'emotività che un tempo aveva il controllo. Si diventa più razionali.

Secondo me dipende anche da come è finita. Se si viene mollati, allora è più difficile smaltire la delusione. Nel caso contrario invece, vuol dire che si è preventivamente accumulato la forza necessaria, e quindi il dopo potrebbe anche essere piacevole. Almeno, per mia esperienza è stato così. Io dopo aver lasciato il narcisista patologico ho vissuto in "paradiso", stavo benissimo. Addirittura potrei dire che solo in quel momento mi sono resa conto del tutto di quanto mi facesse male, anche nei piccoli gesti quotidiani, e non averlo più intorno era uno sballo totale. Potrei paragonarlo alla fine di una pena in carcere. 

Ma nel mio caso io non lo amavo più da tanto tempo, e probabilmente non l'ho mai amato nel vero senso della parola. Più che una questione emotiva, alla fine era diventata una questione di comodità che mandavo avanti per inerzia. 

Semmai, successivamente, mi sono attaccata così fortemente a quella sensazione di "sballo da libertà ottenuta", che poi diventa veramente difficile tornare dentro una relazione, perchè mi sono innamorata della mia solitudine, della gioia di non dover più scendere a compromessi, della fine di quella bruttissima sensazione di camminare sempre sulle uova e pesare ogni parola per paura di rompere un equilibrio fragilissimo. 

Insomma, dipende, non sempre un narcisista patologico lascia segni indelebili, le ferite possono essere rimarginate. Penso che laddove persiste un malessere andrebbe capito per quale motivo continua ad esserci e di cosa ci si è sentiti privati per sempre, perchè a volte, come vedi, dopo queste relazioni anzichè privazioni si possono sperimentare anche valori aggiunti e riappropriazione della propria dignità come esseri umani. Non dargliela vinta. 

 

 

13 ore fa, G.a.b.r.i.e.l ha scritto:

 

Parlare del solo problema fine a se stesso? No, meglio indicare le soluzioni. Se si cercano informazioni stradali da un passante, non ci si arrabbia quando dice la verità e non gli si dà del presuntuoso se afferma di conoscere il luogo dove vogliamo andare.

No, ma la mia impressione è che stavi descrivendo la situazione dal punto di vista di una persona che già possiede tante risorse per affrontarla, e non ne vedo l'utilità, in questa discussione. Nel senso che i passi da fare sono molti. 

Edited by Freya
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18 ore fa, Freya ha scritto:

 

Che ne pensi del mio post sopra, sulla donna selvaggia?

Sono d'accordo sul fatto che perdere il contatto con la propria parte selvaggia possa portare a vivere sottotono, o infelici, o ad inflarsi e perseverare in situazioni strane.

Immagino che sia come non conoscersi bene. 

Credo che bisognerebbe avere la capacità di accogliere ogni aspetto della parte selvaggia con cui si recupera il contatto altrimenti si è punto e a capo: molte azioni che compiamo verso noi stessi così come il permetterci di rimanere in situazioni pericolose, provengono da rabbia, paura, intolleranza verso parti di noi. A volte si perde il contatto con questa parte selvaggia proprio perchè non l'abbiamo voluta accogliere.

Penso che ci voglia, alla base, capacità di amare (se stessi) incondizionatamente.

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