Questa massificazione, questo coinvolgimento dei singoli impotenti, anche nelle colpe, è parte del problema.
Del tipo: Putin attacca l'Ucraina e i giornalisti dicono: "Eh, due guerre mondiali nel 900 e non abbiamo ancora imparato niente!".
Ma noi chi? Noi giornalisti? Se non avete imparato niente (o quantomeno questa singola, semplice lezione) dimettetevi da giornalisti, non siete degni di parlare dai mass media!
Noi governanti? Allora bisognava "imparare" a Putin o agli altri governanti che mandano alla guerra spostando ed esponendo al massacro altri uomini come pedine di un gioco da tavolo. Ma guardacaso chi arriva al potere pensa che, sì, le lezioni della scuola, del prete, della famiglia, della sua natura umana, sono importanti ma in fondo sono solo delle favolette e la realtà è un'altra cosa.
Pensano: "Io ho il mio ruolo (o meglio, SONO il mio ruolo) e sono speciale e devo essere concreto, cinico, ambizioso, spregiudicato. Gli altri, beati loro, vivono nell'incoscienza e posso far di loro quello che mi pare."
E chi subisce, alla fine pensa allo stesso modo, oppure semplicemente si rassegna.
O forse non avevamo imparato nulla noi, gruppo di individui riuniti artificialmente sotto delle linee immaginarie chiamate confini, identificati artificialmente da una bandiera, invitati a commuoverci o emozionarci o coinvolgerci per una canzoncina pomposamente chiamata "inno". Elementi così profondamente radicati in noi che siamo pronti a cambiarli come se niente fosse se qualcun altro è più bravo a buttare le bombe e ci costringe a farlo.