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Qui si possono postare raccontini creepy, piccole storie di paura scritte da noi. 

Provo per prima 

 

Notte e notte

Quando siamo diventati abbastanza grandi da cavarcela da soli, i miei genitori hanno cominciato ad abbandonare me e mio fratello al nostro destino di giovani scapoloni pigri ed imbranati, prendendosi qualche weekend tutto per loro.

Le regole erano: potete invitare qualche amico a far baldoria, tanto lo fareste lo stesso. Ma non rompete niente e rimettete tutto a posto prima del nostro ritorno, e se troveremo dei pezzetti di cibo nel lavello, quella sera ci condiremo la vostra pasta. 

Io e mio fratello eravamo molto eccitati da quei weekend senza regole senza orari e senza genitori, e dopotutto avevamo pochi pezzetti da abbandonare nel lavello, perché invece di lavare sbucciare tagliare e cucinare la verdura preferivamo sopravvivere ordinando pizze-a-omicidio, viaggiando a tutta birra e rutti in lunghe maratone di film, svaccato sul divano con gli amici. 

Quella sera mo fratello era rimasto in camera sua a chattare con una ragazza francese, e io mi godevo la compagnia ridareccia del mio amico Giacomino. Il suo nome era un diminutivo dovuto alla voce flebile all'anima gentile e al cuore semplice, che contrastano con la stazza corpulenta da lottatore di Wrestling, lo sport nel quale cercava di sfondare. 

Il nostro film quella sera era uno quei classici cliché americani nei quali il liceale sfigato dopo mille avventure conquista la bella del liceo e la porta al ballo della scuola. 

Cinque birre a testa e non ricordo molto bene il momento esatto in cui mi addormentai, so solo che mi svegliai di soprassalto, sudato, con la bocca secca e un gran desiderio di bere. Non saprei dire l'ora, saranno state le undici di notte , come mezzanotte, o le tre. Nel. tenue chiarore proveniente dalla grande vetrata sul soggiorno, la grande sagoma di Giacomino che presume o fosse da qualche parte, sembrava non essere avvistabile. Eppure non era uno scricciolo. 

Ne fui meravigliato: che avesse addirittura pensato di stabilirsi in camera mia nel mio letto, invece di crollare abbestia sul divano scivolando sul tappeto come gli succedeva in queste occasioni? 

Giacomino infatti non sentiva il sonno arrivare: la sua la chiamavamo "la piomba".

Appena per sbaglio chiudeva gli occhi, ovunque fosse, partiva tra le braccia di Morfeo, e non c'era più modo di svegliarlo. 

Avevo la bocca asciutta, cercando di abituarmi alla penombra mi alzai intontito di questi pensieri e di sonno, per andare

verso la zona cucina cercando da bere. Provai ad accendere la luce e fu allora che mi accorsi che mancava del tutto l'elettricità. La televisione, i pc, la luce, era tutto spento, il silenzio senza ronzii impercettibili era irreale, e se non fosse per quella grande finestra della sala che dava sul giardino, scarsamente illuminato dalla luna, il buio sarebbe stato davvero totale.

A tentoni, non trovando bottiglie al tatto, mi misi a bere a canna direttamente dal rubinetto. Ed ecco la sensazione di essere osservato, ed ecco che quasi mi sembrava di sentire un passo strascicato e leggero alle mie spalle. 

"Giacomino?"

Nessuna risposta.

"Luca?" mio fratello. Nulla. 

Del resto se quei due dormivano, dormivano.

Il finestrone della sala,  dal quale proveniva l'unico barlume, per un attimo sembrò oscurarsi come se fosse passata una sagoma scura, velocissima, al di fuori.

Riprovai compulsivamente ad accendere la luce. Click clik, click click, click cli... 

Stavolta non mi ero sbagliato, qualcosa di scuro per un attimo si era davvero sovrapposto al finestrone.

Mi appoggiai alla cassapanca, e qualcosa mi sfioro' le dita, qualcosa di leggerissimo e freddo. 

"Calma" pensai "è solo suggestione, la mente fa brutto scherzi"

Mi sembrava anche di sentire un leggero bisbiglio, in sottofondo.

Tesi l'orecchio, non poteva essere: si, qualcuno sussurrava per davvero, fino a quando riuscii a distinguere il mio nome:

"Michele.. Michele!" La voce proveniva dal punto più buio della sala, non vedevo niente. 

"Chi è? Chi è? Chi èeee! " Urlai. 

"Michele, prendi la spada!" 

"Chi sei? Vattene viaaaa!"

"Michele! Apri gli occhi! " 

Mi svegliai di soprassalto, sudato, con la bocca asciutta. Cercando di adattarmi alla penombra, camminando e inciaspicando verso la zona cucina per bere. Provai ad accendere la luce e fu allora che mi accorsi che mancava l'elettricità.

Click, click, click, cli.. "Michele!" 

Mi svegliai sudato, con la bocca secca, nel buio vagamente definito dal barlume fioco di quella notte di luna piena. 

Nessuna sagoma di Giacomino. Mi alzai. 

 

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  • 3 weeks later...

La lunga notte di Bia

Come ogni anno, aveva preso in affitto quel piccolo, minuscolo, angusto monolocale dalla pianta trapezoidale, nello stesso residence con piscina nel quale la sua migliore amica aveva la casa per le vacanze e si trasferiva ogni estate. 

Unico neo, una connessione internet indecente. Si doveva scendere in reception per riuscire ad avere la linea al cellulare. Ma a Bia non importava, dopotutto stava tutto il tempo con persone vere, la piscina era il suo social. 

Per il monolocale prendeva accordi direttamente con la direzione del residence, pur sapendo che i proprietari erano la famiglia nell'appartamento accanto, con la quale ci si scambiava solo qualche distaccato buongiorno buonasera.

Mai una lamentela, mai un'osservazione da parte loro se ospitava qualcuno nel letto estraibile, Bia si godeva la sua prima libertà di diciannovenne a un'ora di distanza dai genitori, in un luogo carino nel quale passava mattina e sera in piscina con gli amici. 

E la notte, beh la notte da sola in quella stanzetta al piano terra che dava direttamente sul porticato condominiale, Bia un pochino di timore lo aveva, chiudeva molto molto bene le tapparelle, si immergeva nei libri fino al sopraggiungere del sonno, e dopotutto non era mai successo niente. 

Anche quella sera era uscita in comitiva, erano andati in discoteca, una di quelle piccole discoteche da vacanza che come sono, sono, e va bene così. Gli amici vocianti la avevano scortata fino al monolocale, baci e sorrisi, Bia non vedeva l'ora di infilarsi nel suo lettino per continuare a leggere il libro che aveva in quei giorni. Un thriller. 

Il residence era immerso nel silenzio più assoluto, ma Bia, invece di addormentarsi quasi subito come al solito, si era appassionata alla lettura. Ed era presa dal dipanarsi degli eventi, quando le giunse un suono flebile quasi impercettibile. 

Dlin. Dlin Dlin. 

Non mise molto ad accorgersi che si trattava degli charms che aveva attaccato alle chiavi dell'appartamentino, infilate nella toppa. Tintinnavano, in maniera quasi impercettibile. 

Bia si avvicinò silenziosamente alla porta, continuando a guardare la chiave nella toppa: questa, con una lentezza quasi esasperante, si stava effettivamente girando per aprire. 

Ormai non aveva più dubbi. Qualcuno, da fuori, stava cercando di entrare. Con delle altre chiavi, probabilmente. Che forse nella toppa avevano incontrato le sue. O forse con qualche attrezzo da ladro professionista con il quale piano, piano, avevano agganciato la sua chiave nella toppa e la stavano impercettibilmente ruotando. 

Bia si fece coraggio. 

"Chi è? Vai via!" urlò in direzione della porta, mentre girava le chiavi nella serratura per riportarle in posizione di partenza, annullando il modesto vantaggio dell'apirante intruso. "Vattene!" Urlo ancora. Ovviamente nessuno rispose.

Bia si mise con l'orecchio vicino alla porta ma non riuscì a sentire niente, né passi in allontanamento, né respiri né alcuna traccia di una presenza. Forse solo un leggerissimo strisciare, come di serpente, ma nulla più di un'impressione. 

Non poteva nemmeno uscire per arrivare al piazzale della reception per telefonare e chiedere aiuto, per chiedere che qualcuno andasse lì. 

Scivolo' seduta accanto alla porta, ricominciando a leggere il suo thriller e intervallandolo di tanto in tanto con delle preghiere, restando con le orecchie tese. 

Passò almeno un'ora buona, e Bia stava per tirare un sospiro di sollievo: l'intruso aveva desistito, o forse non c'era mai stato, le era solo sembrato vedere le chiavi muoversi per qualche vibrazione, Bia cercava una soluzione logica. 

E invece no. Ancora, senti il debole tintinnio. Ancora, vide le chiavi cominciare a girare molto molto lentamente. Ancora, gli charms muovendosi denunciavano la volontà ostinata di entrare nell'appartamento. Non era stata un'impressione, per nulla. 

Era lui. Era tornato. O forse era sempre stato lì, in paziente attesa che Bia si addormentasse, si distraesse, svenisse, crollasse. 

Ma voleva entrare per fare che? Cosa pensava di trovare in una minuscola casa di vacanza? 

Non aveva di certo grandi quantità di denaro contante, tantomeno gioielli. 

No, non poteva essere un ladro. Era qualcosa di molto peggiore. Chiunque fosse, l'obiettivo era lei. Era qualcuno che sperava di entrare trovandola addormentata, qualcuno che non aveva scrupoli.

Bia urlò di nuovo "Vattene, maledetto stronzo!" rigiro'ancora la chiave, prese una sedia e la infilò al di sotto la maniglia, ma poi, realizzando che la porta si apriva verso l'interno e una sedia non l'avrebbe fermata, organizzo' anche una pila di pentole e posate messe in equilibrio precario che al minimo tentativo di effrazione avrebbero fatto un casino tremendo, e poi scivolo' di nuovo a terra con un coltello in mano, singhiozzando, pregando, terrorizzata.

Quella notte no, non avrebbe dormito. 

Tratto da una storia vera. 

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