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Il mistero del metronotte rapito dagli UFO a Torriglia: “IL CASO ZANFRETTA”


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Ripropongo il caso Zanfretta, un caso in continua evoluzione.
 

Il 16 aprile 2010 si è tenuto al Teatro Pasolini l’incontro intitolato “IL CASO ZANFRETTA”, promosso dall’associazione Forum Democratico, col patrocinio di comune e provincia. All’incontro sono intervenuti Pier Fortunato Zanfretta, Emilia Balbi coordinatrice ligure del Centro Ufologico Nazionale, Antonio Chiumento consulente scientifico dello stesso C.U.N. e il giornalista Dario Bortolin, in qualità di moderatore. Zanfretta è al centro del più famoso caso ufologico d’Italia. Infatti, il metronotte genovese negli anni ‘78- 80 sarebbe stato protagonista di «incontri ravvicinati del terzo tipo». Nato a Nova Milanese il 28/12/1952, all’epoca dei fatti aveva 26 anni, era sposato, aveva 2 figli piccoli ed era dipendente dell’istituto di Vigilanza “Val Bisagno” di Genova. Il 6/12/1978, verso le 23,30 si era recato a Marzano, un piccolo centro sull’Appennino ligure nei pressi della cittadina di Torriglia, per il solito giro notturno di ispezione. Arrivato nei pressi della villa “Casa Nostra”, si accorse che 4 piccole luci si stavano muovendo stranamente nel prato circostante alla villa. Accortosi che cancello e porta d’ingresso erano spalancati, si convinse che fossero dei ladri e decise di avvicinarsi con cautela, passando dal giardino della villa per sventare l’azione criminosa. Ma in quel momento esatto l’auto si fermò con l’impianto elettrico fuori uso e le luci dell’auto si spensero contemporaneamente a quelle della vallata. Prima, però, tentò di chiamare il centro operativo di Genova con la radio che aveva in macchina, ma non ci riuscì perché anche la radio si era misteriosamente ammutolita, anche se avrebbe dovuto funzionare comunque con la batteria interna dell’auto. A quel punto il metronotte decise di affrontare i presunti ladri e lentamente entrò in giardino con la torcia nella mano sinistra e la pistola nella destra.

 

Le 4 luci gli passarono velocemente davanti, da sinistra verso destra, scomparendo in un attimo dietro lo spigolo nord della casa. Avanzò circospetto fino all’angolo della villa, dove aveva visto sparire le luci e si fermò per cercare di sorprendere i ladri alle spalle. In quel momento, però, fu spinto violentemente da dietro. Cadendo, si voltò di scatto, alzò la torcia e ciò che vide fu un mostruoso corpo verdastro che stava dritto davanti a lui. A occhio valutò che quell’essere poteva essere alto oltre 3 metri. Per lo spavento, la torcia gli cadde e svenne. Quando si riprese, disse che vide un velivolo luminosissimo di forma triangolare, più grande della casa, che si alzava da dietro la villa con un sibilo. Riferì che la luce e il calore sprigionato dal velivolo erano tanto intensi da doversi riparare con il braccio. Allora raggiunse la macchina, chiamò l’operatore della centrale operativa e gridò via radio: “Non sono uomini, non sono uomini!”. Da un sopralluogo dei Carabinieri, al comando del brigadiere Antonio Nucchi, nell’area dove il presunto disco volante sarebbe atterrato, venne scoperta una profonda orma a ferro di cavallo ben visibile, di 2,5 metri per 3, e la vegetazione ghiacciata appariva fortemente schiacciata, come se qualcosa di molto pesante si fosse appoggiato sull’erba. Anche l’orto che si trovava dietro la villa, e cioè il punto in cui Z. aveva visto il disco volante la prima volta, era stato trovato sottosopra. In tutto ben 52 persone nell’inchiesta dei Carabinieri testimoniarono di aver visto in quelle ore e in quella zona un grosso disco volante luminoso volteggiare nel cielo. Tra le varie testimonianze c’è anche quella del brigadiere della finanza Salvatore Esposito che, intento ad alzar la saracinesca del suo garage, si vide illuminato a giorno, e credendo che l’amico seduto in macchina avesse acceso gli abbaglianti, lo invitò seccato a spegnerli. Ma quando si voltò vide i fari spenti, e l’amico con gli occhi sbarrati che guardava nel cielo un enorme disco volante, fermo, che proiettava un’intensissima luce bianca. Spaventatissimo, si riprese solo quando il disco con un guizzo si allontanò. Anche i metronotte Luna e Mascia, i colleghi che trovarono Z. verso le 1,15, riferirono che Z., subito dopo l’incredibile avvenimento, se ne stava buono buono in un angolo, con gli occhi fuori dalle orbite. Del resto dovettero disarmarlo con la forza, perché non li riconosceva, come se fosse rimasto sconvolto e intontito dalla paura. Furono sempre i 2 metronotte che notarono l’eccezionale calore del corpo e degli abiti di Z., nonostante il freddo pungente di quella notte di dicembre. La temperatura, infatti, era sotto lo zero termico.

 

In seguito a questo evento Z. accettò senza esitare di sottoporsi a una seduta di ipnosi regressiva, richiesta dal giornalista Rino Di Stefano a Gianfranco Tutti, direttore dell’Istituto di Vigilanza. L’idea era di farlo retrocedere nel tempo e fargli rivivere quei singolari momenti. L’ipnosi è infatti uno dei metodi più usati per far rivivere passate esperienze, metodologia efficace per far riaffiorare dall’inconscio ricordi rimossi, dissociando il lato cosciente dell’individuo. Ad effettuare la seduta fu il dott. Mauro Moretti, psicoterapeuta e medico ipnotista. Durante l’ipnosi Z. rivisse, con dovizia di particolari, i suoi movimenti prima dell’incontro, le luci viste presso la villa, che lui credeva fossero ladri, e anche lo spintone ricevuto. Ma rivelò inoltre che fu portato da 4 esseri mostruosi a bordo del disco volante dove faceva molto caldo, i quali gli misero sulla testa un fastidiosissimo elmetto, che gli procurava dolori alla testa. Gli descrisse come degli esseri alti più di 3 metri, una sorta di lucertoloni con la pelle verde, squamata, con occhi luminosi e con un simbolo sul petto. Inoltre lo sottoposero a tutta una serie di esami di carattere clinico, che egli descrisse dettagliatamente. Intanto i residenti della zona segnalarono all’ENEL quel misterioso blackout nella vallata, e venne accertato che l’incidente era avvenuto, anche se la causa restò misteriosa. La storia di Z. con gli Ufo inizia il 16/2/I977, quando vide nel cielo notturno un oggetto arancio a forma di sigaro con 3 finestrini quadrati e 2 sfere luminose sulla coda.“Presi la mia radio, chiamai la centrale operativa e segnalai l’oggetto che avevo avvistato – raccontò in seguito il metronotte – Tutti i miei colleghi ascoltarono la mia conversazione con la centrale, e mi dissero che avevo visto un Ufo. Il giorno dopo, un giornale locale uscì raccontando del mio avvistamento”. Tutto ciò accadde circa 4 mesi prima dell’evento di Marzano. Quasi a voler confermare l’episodio, il 9/12/1978 a Barletta nelle Puglie, una pattuglia di carabinieri e 4 ragazzi che viaggiavano su un’auto erano rimasti abbagliati da un grosso disco volante che girava su se stesso, sprigionando una luce accecante che li fece andare fuori strada, causando il ferimento di un passeggero. Il disco volante era anche atterrato, e sul luogo degli avvistamenti, scomparsi gli Ufo, fu rinvenuta un’orma a ferro di cavallo del diametro di oltre 2 metri. Per quanto fosse ormai controllato a vista dai suoi colleghi, venti giorni dopo Z. sparì nuovamente e avvenne un secondo traumatico incontro. Tutto accadde la notte tra il 27 e il 28/12/1978, nei pressi del Passo della Colla, vicino alla località Rossi. “Ero in macchina, in servizio. Stavo facendo la solita strada; imboccai una galleria. Vidi delle luci gialle, molto forti e, d’un tratto, una gran quantità di fumo bianco che mi investì – raccontò Z. -.

 

Il primo istinto fu quello di frenare e avvicinarmi al guardrail, ma i freni non funzionavano. Ricordo che la macchina fece un testa coda…poi più nulla. Rammento solo di essermi trovato in montagna, e che 2 esseri mi prelevarono e mi portarono via, nella loro casa volante”. Alle 23,46 Attilio Mazza, operatore radio di turno, aveva ricevuto una chiamata concitata di soccorso. Z. disse di essere avvolto da una fitta nebbia che non gli permetteva di vedere e che l’auto andava da sola: gli era impossibile controllarla. Alle 23,50 riferì che la macchina si era fermata e vide una gran luce. Secondo successive ricostruzioni dei fatti, nel momento in cui stava dando l’allarme, si trovava all’interno della galleria della Scoffera. Z. fu rintracciato in piena notte dai colleghi che avevano udito le sue ultime parole via radio. Fu ritrovato, per circostanze fortunose, appunto vicino a Rossi. Era aggrappato ad uno spuntone di roccia e rischiava di cadere in un burrone. Quando i colleghi lo raggiunsero, videro che Z. cercava di scappare arrampicandosi sulla collina, spaventato dai fari delle automobili. Stava piovendo copiosamente e anche in quel caso la temperatura era rigida, ma i vestiti di Z. erano asciutti.“Dal naso in su-spiegò il Brig. Emanuele Travenzoli – era caldissimo. Le orecchie erano rosso fuoco”. Anche il tetto della sua macchina di servizio era caldissimo e asciutto. L’avventura del metronotte non finì lì. Il direttore Tutti, che aveva partecipato alla spedizione di soccorso, raccontò che, sulla strada del ritorno, improvvisamente le luci, i tergicristalli e il motore delle auto dei metronotte si spensero. Cassiba e Claudio il figlio di Tutti, giurano di aver visto dietro di loro una luce rossa e di esser stati inseguiti per un certo tratto, e Z., sempre tremante, disse che “loro” erano ancora lì. Intorno all’auto di Z. erano state scoperte orme di grandezza spropositata (lunghe 50 centimetri e larghe 20), nonché un’ampia area a semicerchio di circa 3 metri di diametro, al cui interno la vegetazione era stata completamente sradicata. La situazione era tanto pericolosa che il tenente Cassiba, che si trovava al volante di uno dei veicoli, con prudenza scese a motore spento giù da quella impervia stradina di montagna, tenendo la testa fuori dal finestrino. C’era il rischio di finire giù dalla scarpata. La densa nebbia, infatti, impediva ogni visibilità. Fu solo dopo alcune centinaia di metri in discesa che il motore e le luci delle auto ripresero a funzionare.

 

Quattro sono gli aspetti particolari di questo secondo episodio. Furono sparati 6 colpi dalla pistola Smith&Wessons di Z.(disse che furono sparati dai presunti alieni), e il tetto della 127 sulla quale viaggiava, a dispetto del clima umido e tagliente, scottava, e il calore si mantenne sino a quando non fu riportata a Genova. Il metronotte Francesco Meligrana, che la ricondusse nel garage, disse che “sembrava essere in un forno, anche se il riscaldamento era spento”. Il giorno successivo a questo avvenimento, furono appunto rinvenute le grandi orme di piede (già segnalate da Raimondo Mascia il giorno precedente, malgrado la pioggia), proprio sul posto dell’incontro. Facendo una comparazione con la scarpa taglia 43 del brigadiere Nucchi, risultava che l’essere che aveva quel piede così grosso doveva essere eccezionalmente alto. Nella piazzola parzialmente asfaltata dove avvenne il fatto, ai bordi della strada, cresceva e tutt’ora cresce la vegetazione incolta. Vennero trovate le erbacce completamente sradicate, disegnanti un’area a semicerchio di circa 3 metri di diametro, e 2 segni di slittamento, non provocati da pneumatico, in quanto non vi era alcun segno di battistrada per tutta la lunghezza dei segni. Qualche giorno prima dell’incontro di Z. accadde un episodio assai particolare a Cicagna, un paese vicino Torriglia. Alle ore 4,25 del mattino del 26/12/1978, improvvisamente, Aldo Devoto venne svegliato di soprassalto.“Mi trovavo nella stanza da letto con mio figlio Mario di 7 anni – raccontò a un cronista del quotidiano “Il Lavoro” – quando all’improvviso ho avvertito un tonfo sulla ringhiera della mia abitazione sita al secondo piano ed un susseguente fruscio, a questo è seguito un bagliore fortissimo che traspariva della finestra. Affacciatomi sul terrazzo, a 5 o 6 metri sollevato sulla carreggiata, proprio sotto di me, ho visto un oggetto luminosissimo, delle dimensioni di una 127 con 4 piedistalli. L’oggetto non emetteva rumori, ma solo una luce intensa ad accecarmi. La cosa che più mi ha colpito è stata la completa impossibilità di staccarmi dalla ringhiera del terrazzo. Ero come paralizzato, avrei voluto scattare una foto o tranquillizzare i miei familiari, ma ogni movimento mi era stato impedito. Poi ho visto allontanarsi il mezzo volante e ho notato come 2 fiocchi di fuoco uscire dalla sua parte posteriore. Quindi tutto tornò normale”. La testimonianza fu confermata dalla suocera di Devoto. I Carabinieri trovarono poi diversi rami spezzati all’altezza dell’abitazione. Tornando a Z., un particolare non era molto chiaro. Secondo quanto risultava dalle

 

comunicazioni radio, tra le chiamate che il metronotte aveva fatto quando si trovava all’interno della galleria della Scoffera e quando raggiunse il Passo della Colla, erano passati solamente 4 minuti. Il giornalista Rino Di Stefano chiese quindi di ripetere quel percorso con la stessa auto che era stata guidata da Z. e il direttore Tutti lo affidò al metronotte Mascia, buon conoscitore della 127 e di quei posti. La prova venne effettuata in una giornata di sole. Mascia, con Di Stefano al fianco, partì a tutta velocità, facendo slittare le ruote e avviandosi verso la stradina che porta a Rossi. Rischiando di finire contro un terrapieno, impiegò in tutto 8 minuti. Un avvenimento davvero singolare, considerato che quella sera l’auto aveva percorso lo stesso tratto in una zona dove gravava un’imponente cappa nebbiosa, pioveva e la visibilità era 1/10 di quella normale. La successiva seduta di ipnosi regressiva venne ripresa dal canale televisivo genovese TVS. Per dimostrare che Z. era effettivamente caduto in ipnosi profonda, il dott. Moretti gli conficcò un ago nella mano destra e il metronotte non avvertì nessun dolore. In ipnosi Z. riferì dunque le parole che aveva pronunciato ai presunti interlocutori extraterrestri, e contrariamente a quanto aveva fatto al primo incontro, anche le parole che i suoi colleghi gli avevano rivolto 18 quando gli si erano avvicinati.

 

Quando la trasmissione andò in onda, non mancarono le polemiche. Si arrivò al punto che taluni “esperti”, confutando i risultati dell’ipnosi, proposero l’uso del Pentotal, il cosiddetto siero della verità. Z., affermando che non gli interessava la gloria, né tantomeno voleva esser preso per un pazzo, non esitò a sottoporsi a suo rischio e pericolo al farmaco, cercando così di dimostrare che si potesse credere alle sue affermazioni. La seduta si svolse a Milano presso lo studio del prof. Marco Marchesan, luminare della moderna scienza medica, in modo da analizzare la veridicità delle affermazioni circa gli incontri ravvicinati con esseri sconosciuti. Ciò che emerse dalla seduta confermò ancora una volta quanto era già emerso nelle precedenti ipnosi, ma con nuovi particolari. Secondo quelle dichiarazioni, quegli strani esseri abiterebbero su un pianeta chiamato “Titania, 4 volte più grande della Terra, che ha come punto di riferimento la terza galassia. Il loro popolo si chiama i Dargos e avrebbero la possibilità di spostarsi ad una velocità superiore a quella della luce. Il loro sarebbe un pianeta che sta per esplodere e quindi ora ne starebbero cercando un altro per venirci ad abitare. Vorrebbero quindi stabilirsi sulla Terra e costruire una loro città sotto una cupola di vetro, poiché essi soffrirebbero molto il freddo. Quando escono dall’astronave sarebbero coperti da una luce verde che dà loro calore. Si renderebbero visibili solo quando ci vogliono contattare. Generalmente non scenderebbero sulla Terra, ma starebbero sospesi in aria nelle loro astronavi che sarebbero numerosissime.

 

Starebbero infatti esplorando altri pianeti del sistema solare e studiando gli umani. Avrebbero capito che non siamo preparati per un incontro. Non vogliono che si giochi con le bombe atomiche in quanto ciò potrebbe compromettere il nostro e il loro sistema solare. Dissero che solo loro possono chiamare Z. con un suono, che lui sentirebbe nel cervello. E quando lo sente non può fare a meno di obbedire. Inoltre rivelarono di essersi già fatti fotografare da aerei, navicelle spaziali americane, russe e cinesi. Sostengono inoltre di aver provocato l’esplosione di un missile in partenza da Cape Canaveral. Inoltre ammisero di aver portato via uccelli imbalsamati dalla villa Casa Nostra di Marzano”.Da tutte queste cose si capisce che il condizionale è d’obbligo e che nessuna di queste informazioni possa essere verificata. Ad ogni modo l’ultimo particolare è molto rilevante, poiché qualche tempo prima nella villa “Casa Nostra” ignoti ladri avevano sfondato la porta d’ingresso rompendo il muro. A parte questa stranezza (“Sembrava che dalla porta fosse passato un carro armato”, dissero i Carabinieri), nonostante vi fossero molti oggetti di valore, tra cui un tv color, i ladri si impossessarono soltanto di 2 uccelli imbalsamati. Nessuno riuscì a spiegarsi il motivo di questo raro furto. Dopo quegli episodi, Z. fu assegnato nel levante cittadino, fornendogli la ditta una “Vespa” .Mentre si recava a controllare gli orologi di servizio di una villa, durante il percorso fu sollevato assieme alla Vespa da una soprastante astronave.

 

Quando dialogava, e si scontrava con gli extraterrestri, perdeva il contatto radio con i suoi colleghi, che lo cercavano in ogni dove. Soltanto dopo 2 ore la Vespa fu trovata sulla sommità del Monte Fasce a 20 km dal luogo di prelevamento, con gli stessi Km registrati. Z. correva sotto choc nel buio, 2 Km più in là, in direzione di Uscio. Il guardiano in servizio lungo via Apparizione (l’unica strada per raggiungere il monte) messo in allarme, dispostosi al centro della strada, testimoniò che Z. non passò mai da quel punto. La Vespa, che quella notte d’estate avrebbe dovuto ipoteticamente esser stata guidata per diversi Km lungo quella strada tutta in salita, fu ritrovata col motore freddo al tatto. Successivamente, in ipnosi, Z. raccontò di “essersi messo a correre nel corridoio dell’astronave sino ad arrivare ad una sala con tanti bottoni. Cercando una via di fuga, cominciò a schiacciarli, finché non si aprì uno sportello che lo fece cadere all’esterno”. A questo proposito c’è da rilevare che, come narrò lo stesso Z., “sapevo che mi aveva risucchiato qualcosa dallo sportello della Vespa”, infatti lì vi era contenuta anche una radio AF-FM portatile che dopo l’incontro non si trovò più. I suoi compagni non riuscivano a capacitarsi della violenza improvvisa che Z. scatenava quando veniva trovato. Egli stesso poi specificò che era frutto di una volontà esterna alla sua. Riferì che quegli esseri gli vorrebbero dare una prova della loro esistenza, ma per il momento noi terrestri non siamo ancora pronti, e che gli avrebbero consegnato un oggetto da consegnare all’astrofisico Joseph Allen Hynek. Quest’ultimo, che Z. non conosceva, era all’epoca il massimo esperto di Ufologia al mondo (fu il primo a catalogare in 6 classi i fenomeni Ufo e fece da supervisore al progetto“Blue Book”), ma morì di tumore nel 1986 e non vi fu il tempo per consegnargli l’oggetto. Nella notte tra il 2 ed il 3 dicembre 1979, Z. si trovava in corso Europa vicino Genova, fermo ad un self service per fare benzina alla “Mini”, (il giornalista Modestino Romagnolo testimonierà di averlo riconosciuto) quando improvvisamente una misteriosa nebbia lo avvolse insieme al veicolo, facendone perdere le tracce alla centrale operativa. Scattato il piano d’allarme e mobilitate per tutte le alture le varie radiomobili, la guardia giurata Andrea Pesce comunicò via radio di vedere un grosso disco luminoso nel cielo di Torriglia. Tutte le auto conversero dunque in zona e da lì, seguendo le indicazioni di Pesce, individuarono la macchina di Z. lasciata incustodita a circa 2 Km dal luogo ove era avvenuto il primo incontro (a svariate decine di Km da corso Europa).

 

Del metronotte però nessuna traccia. Proprio mentre 4 volanti, guardie giurate e alcune auto dei carabinieri si davano da fare per cercare di rintracciarlo ovunque, avveniva un fatto incredibile. Quattro metronotte, che viaggiavano su 2 auto, coinvolti nella spedizione di soccorso, mentre si trovavano sul Monte Fasce scorsero illuminarsi, da dentro una nuvola stagliatasi improvvisamente contro il cielo limpido di quella notte, 2 grossi fari che puntavano dritti su di loro. Cassiba, che si trovava su una delle auto, spaventato dal fenomeno, sparò alcuni colpi di pistola contro quelle luci nel cielo. Scaricata la sua arma, prese quella di un altro collega e continuò a sparare. Alla fine i 2 fari della nuvola si spensero. Una delle 4 guardie giurate rimase molto terrorizzata, e qualche tempo dopo si tolse la vita, sparandosi un colpo in testa mentre si trovava in camera da letto. Nemmeno la moglie seppe mai spiegarsene il motivo, e ancor oggi non si sa se quel gesto fosse imputabile a quell’episodio fra i monti. Z. venne ritrovato mezz’ora più tardi nei pressi del Passo della Colla, in stato di choc, a circa 500 metri dall’automobile, aggrappato ad un cespuglio vicino ad un precipizio. Con grande soddisfazione dei dirigenti dell’Istituto di Vigilanza, diversi testimoni oculari confermarono che quella sera avevano visto una gran luce muoversi nel cielo sopra le loro case e si erano chiusi in casa. Una donna disse che ormai erano fin troppo frequenti gli avvistamenti di “corpi luminosi” in quei cieli. Durante la successiva ipnosi (3/12/1979), egli dichiarò che gli esseri che lo avevano nuovamente rapito: erano appena tornati dalla Spagna dove, con il loro mezzo volante, avevano spaventato della gente in una strada. La mattina seguente, martedì 4 dicembre, il servizio internazionale dell’Ansa diramò a tutte le redazioni la notizia che a “Guadalayara (Spagna), a 50 km da Madrid, un veterinario spagnolo di nome Alfredo Sanchez Cuesta aveva dichiarato di esser stato seguito in piena notte da un oggetto volante non identificato, mentre si trovava, insieme alla famiglia, al volante della sua automobile che uscì poi di strada, a causa della forte luminosità emanata dall’Ufo”. Le parole di Z. sembravano incredibilmente assumere sempre più un contorno reale. Il dottor Moretti concluse l’ipnosi, dopo aver raccomandato a Z. di avvisare subito i superiori in caso di progressivo mal di testa, accompagnato da un sibilo sempre più intenso all’interno del suo cervello:

 

premonizione che Z. avvertiva prima di un incontro ravvicinato. A quel punto, per monitorare meglio Z., il direttore della “Val Bisagno” incaricò l’ing.Nino Tagliavia e il tecnico Giuliano Buonamici, all’insaputa del metronotte, di apportare alcuni accorgimenti tecnici nell’auto di servizio utilizzata da Z.. Qui venne nascosta una radio a batteria che emetteva un segnale in monofrequenza, che poteva esser captato solo da appositi ricevitori, in modo d’aver l’auto sempre sotto controllo. Fu poi sistemato un termometro a memoria che registrava la temperatura massima raggiunta. In più, considerato che asseriva che l’auto veniva letteralmente sollevata quando veniva attirato verso il disco volante, furono fissati tra la carrozzeria e gli assi dei mozzi-ruota dei cavetti d’acciaio a rottura prefissata. In questo modo, nel caso le ruote non fossero più posate a terra convergendo verso l’interno, avrebbero dovuto spezzarsi. Il 12/02/1980, nel pomeriggio, Z. avvertì il direttore Tutti del suo persistente mal di testa e di tenersi in allerta, perché qualcosa di lì a poco avrebbe potuto succedere. Infatti, verso la mezzanotte del 14/02/1980, perso il contatto radio, 3 radiomobili si misero alla ricerca dell’onda emanata dal segnalatore posto segretamente sull’auto del vigilante. Intrapresa pertanto la strada per Torriglia, trovarono di guardia Andrea Pesci che, con voce quasi piangente, disse loro: “E’ passato di qui, è passato di qui, non lasciatemi solo”.

 

Dopo qualche minuto, con l’onda che diveniva sempre più nitida, fu trovata su uno spiazzo la 127, senza Z. e con la porta aperta. La notte era freddissima e molto buia, e nella difficoltà di eseguire i soccorsi a causa del tratto insidioso, nel pericolo continuo di precipitare giù per una scarpata, infine lo videro. Disteso in bilico sulla scarpata, giaceva svenuto e ormai mezzo assiderato. Sorretto dai suoi colleghi e con la faccia stravolta, venne caricato di peso su un’auto. Alle 3 di notte si fecero i controlli sugli accorgimenti apportati alla 127. I fili d’acciaio collegati ai mozzi ruota erano tutti spezzati, e il termometro a memoria, nonostante il freddo intenso della notte precedente e la coibentazione dello strumento, segnava ben 43 gradi. In ipnosi, Z. sostenne di essersi messo alla guida dell’auto e d’aver cercato vanamente di rispondere alle radio chiamate, in quanto in balia di una volontà esterna. Inoltre, disse che la macchina procedeva per proprio conto e affermò di esser uscito dall’autostrada, nei pressi del cimitero di Staglieno e d’aver visto un essere vestito con giacca, pantaloni e cravatta, diverso dagli altri extraterrestri, con la testa calva a uovo e di statura normale, di cui non riusciva a scorgere nè le mani nè il volto; quest’essere salì dopo una galleria, e abbassò la testa quando vide Pesci.

 

Ricordò poi di averlo già incontrato quando aveva visto per la prima volta l’astronave a forma di sigaro e al distributore di benzina. Riferì che: “Loro sono già informati di tutte le persone che conosco, hanno un archivio fotografico, con nomi, date di nascita, e tutto quello che è accaduto nella loro vita. Vidi foto di 2 o 3 persone anziane molto temute in America, molte persone a me sconosciute e riconobbi tutti i suoi colleghi di lavoro o amici, ma c’era tanta gente che non avevo mai visto in vita mia”.Se tutto fosse vero, verrebbe da concludere che in quel periodo a Genova si fosse aggirato senza destare sospetti un agente di civiltà extraterrestri, che passava il suo tempo a ricavare informazioni d’ogni tipo che sarebbero potute servire ai misteriosi esseri. Riferì ciò che aveva già visto negli incontri nell’astronave, cioè che vide degli esseri chiusi in cilindri trasparenti immersi in un liquido celeste. Chiedendo loro spiegazioni, gli venne risposto che venivano conservati “un primitivo, un nemico di un altro pianeta e altri tipi di esseri”. Nelle successive sedute di ipnosi, il caso si fece sempre più particolare e inspiegabile, in quanto il soggetto sembrava non ubbidire più agli ordini dell’ipnotizzatore, come se rispondesse a una volontà esterna. Un caso simile, confermò Moretti, non era mai capitato. Intanto cominciava a farfugliare una lingua incomprensibile, a lui conosciuta, alterando in tali momenti il tono di voce, e non rispondendo più volte alle domande che gli venivano rivolte da Moretti. Il suo cervello, quasi fosse una rice-trasmittente, rispondeva come se dipendesse da una volontà altrui. Sembrava come se il suo corpo e la sua mente fossero in balia di un’altra volontà, e come sostiene chi lo ha assistito, “in preda a uno sbalorditivo ricevere ed eseguire di ordini impartiti”. Tale presunta persona “interposta” disse loro di “esser consapevole che volevano aiutare, ma di non insistere e di non rendere più difficili quegli incontri, ne va della sua incolumità”.

 

Durante una seduta questo “qualcuno” disse addirittura a uno dei presenti di non ridere e di prender sul serio le affermazioni di Z. In effetti il dottor Moretti si accorse che dietro di lui c’era uno dei testimoni alla seduta che accennava un sorriso (sedute di cui si conservano ancora i nastri). Il dottor Moretti, constatando che l’ipnosi non si rendeva più utile al fine della ricerca della verità, decise di sospendere formalmente le sedute. I colleghi ricordarono poi a Z. che negli ultimi giorni parlava ossessivamente di una sfera con la piramide interna, che gli extraterrestri dovevano dargli, e di esser arrivato al lavoro con le mani sporche di terra; disse poi di non poter rispondere, ma informò invece Moretti. Così, in un’ultima sconvolgente e imprevista ipnosi, Z. confermò d’aver ricevuto la sfera, che descrisse dettagliatamente, ma che non aveva idea di cosa potesse servire. Nel 1991 Z. e il giornalista Di Stefano vennero invitati al primo Congresso Mondiale di Ufologia che si tenne a Tucson, in Arizona, dal Colonnello Wendelle C. Stevens, ex ufficiale dei servizi segreti e ex pilota dell’Us Air Force, che aveva seguito con interesse le vicissitudini del metronotte. In quell’occasione vennero avvicinati da 2 persone che dissero di essere gli eredi di Hinek: Tina P.Choate e Brian P. Myers. La coppia era convinta che nel mondo si erano già verificati 2 casi simili a quello di Z. , con la consegna ai “rapiti”di sfere identiche alla sua. Entrambi erano disposti, finanziati da un facoltoso imprenditore – che gli aveva già permesso nel frattempo di comprare un archivio civile di oltre 15000 casi di segnalazioni di Ufo – a comprarla a qualunque prezzo. A questo proposito, offrirono un ricco vitalizio a Z. e un contratto a Di Stefano per gestire i diritti d’autore di un film che avrebbe dovuto essere ricavato dal suo libro di quest’ultimo. Ma non cedendo a tentazioni e refrattario a ogni iniziativa che tentava di abusare e a lucrare sulla sua storia, Z. rinunciò risoluto. Nel frattempo la magistratura aveva archiviato il caso con la formula di mancanza di estremi di reato, anche se rimaneva in quei cieli la violazione dello spazio aereo di uno stato sovrano. A parte la sporadica apparizione del 6/6/1983 di un Ufo a forma di sigaro luminoso, che solcò i cieli di mezza Italia e della Francia meridionale, facendosi notare da migliaia di persone – tanto da esser avvistato a vista dagli operatori della torre di controllo di Marsiglia, contribuendo a consolidare il principio che quel periodo fu certamente una di maggior avvistamento al mondo di Ufo – la cronaca nazionale non ha registrato nessun’altra segnalazione ufologica di rilievo, a parte qualche eccezione.

 

Qualche eccezione c’è stata, come quella del camionista Umberto Giomboloni che in prossimità di un tornante, nell’entroterra genovese, disse d’aver perso l’orientamento, d’aver lo sterzo bloccato e d’aver visto una luce intensissima che avvolgeva tutto il camion, bruciandosi la mano con 7 fiammelle comparse sulla parte interna della portiera nel posto di guida. Disse poi di trovarsi in stato di shock a 15 Km da dov’era e nell’opposto senso di marcia”. A Montoggio, invece, pochi minuti dopo la mezzanotte, Giovanni Gardella, uscito di casa per sedare il latrare furioso del cane – temendo la presenza di un ladro – imbracciò il fucile e scorse nel buio uno scimmione di circa 3 metri che , afferrato il cane, lo sollevò per aria scaraventandolo lontano. Preso da un indicibile terrore, buttò via l’arma e si rifugiò in casa sprangando l’uscio di casa. Persino il curato di S.Onorato e il sindaco di Torriglia, che d’altronde fu tra i testimoni del primo incontro, vollero chiedere alle autorità, visti altri avvistamenti che ebbero di persona, se si facessero strani esperimenti militari in quella zona, ma ebbero risposta negativa. In seguito il brig.Nucchi dichiarò solo nel 2007, per ovvie questioni deontologiche, al programma Il Bivio d’aver assistito anche lui, con la macchina bloccata, all’avvistamento di un grosso disco volante luminoso insieme ad altre 3 persone, e d’aver raccolto in tutto quasi 500 testimonianze. Z. oggi asserisce di aver avuto 11 incontri totali, e d’esser stato trattato bene negli ultimi incontri; afferma inoltre di recarsi tutt’oggi, a 30 anni di distanza, ad aprire per 2 volte al mese la sfera nascosta in quei monti, e di poterci andare solo lui. Tanto per citare qualche evento dopo che si erano esauriti gli“incontri”del metronotte, nel 1988 sul Monte Prela, nei pressi di Torriglia, per diversi mesi decine di persone hanno visto volteggiare un Ufo luminoso a qualunque ora del giorno e della notte, sino a quando, il 18/9/1988, qualcuno ha denunciato il fatto.

 

A questo seguirono moltissime testimonianze di gente che veniva inseguita o spaventata da questo oggetto, che cambiava forma e luminosità, e che compiva manovre molto particolari. Man mano che la notizia dell’Ufo di Monte Prela si radicava a Torriglia e dintorni, diminuiva la paura del ridicolo che da sempre contraddistingue gli eventuali testimoni di fenomeni Ufo, e con l’arrivo dei primi rigidi mesi invernali le segnalazioni cessarono. Anche se, come si evince dalla casistica stilata dal C.U.N ligure, che riporta segnalazioni dall’anno 1604 (http://web. tiscalinet.it/lareteufo/genova.htm), non c’è la sensazione che tali episodi siano finiti definitivamente. Z. nel fisico e nella psiche porta i segni indelebili delle sue misteriose avventure, come testimoniano dottori, amici, familiari e psicologi; anche se quella serietà, quell’autocontrollo e la lucidità di mente gli sono rimaste. Sottoposto per oltre 10 anni a esami di laboratorio, radiologici, specialistici e a perizie psichiatriche, risultò sano di mente, astemio e di non aver fatto uso di nessun tipo di droghe. Una tac ha segnalato la presenza di un piccolo oggetto estraneo impiantato nel suo cervello, introdotto senza incisioni, che prima degli incontri non aveva. Inoltre, durante gli incontri, gli capitava di orinare un liquido nerastro. Del resto anche altri testimoni dissero che anche a loro capitava la stessa cosa. A causa di tutta questa storia, Z. ha perso famiglia, lavoro, diversi amici e ha avuto un infarto. E forse, solo per questo merita rispetto. Il Caso Zanfretta, aldilà di ogni giudizio personale, è un incredibile fatto di cronaca. Non dimentichiamo che non sarebbe mai nato se non fosse stato un metronotte, e non avesse avuto un contatto radio con un centro operativo. Ci troviamo di fronte a un caso dove la realtà oggettiva si cela dietro a un paravento di indizi, circostanze e coincidenze, che in alcuni casi superano l’umana immaginazione. Solo analizzando questi dati senza pregiudizi si può sperare di eliminare quel paravento e d’affacciarsi alla verità. Forse è meglio che ognuno si risponda da solo.

di Giulio Cristante

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