Giulia Posted February 20, 2023 Posted February 20, 2023 Quello che propongo in questo post é l’uso di sedute meditative preparatorie per meglio progettare e mettere in atto un’OBE al fine di incontrare una persona cara deceduta. Una delle cose più importanti che ho appreso negli anni circa la modalità con cui si verificano i contatti cosiddetti medianici in quieto stato meditativo è il fatto che l’IMMAGINAZIONE è lo strumento più pratico è utile fra quelli a nostra disposizione per raggiungere lo scopo ed è anche il principale strumento che i nostri cari hanno a portata di mano nell’Aldilà per comunicare con noi. L’immaginazione è una cosa con cui abbiamo familiarità, perché la usiamo tutti i giorni, e ha l’effetto di aprire la nostra mente alla percezione di dimensioni non-fisiche, consentendo anche un’effettiva comunicazione con i trapassati. Inoltre l’immaginazione ha un forte potere creativo, sia sul piano fisico che su quello spirituale: per cui, immaginando un qualsiasi scenario in cui collocare il nostro incontro con i nostri cari nel Mondo dello Spirito, partecipiamo attivamente alla vera e propria creazione di quell’ambiente e i nostri cari, richiamati dal nostro pensiero (come provato da tante testimonianze che non sto qui a citare), accorreranno istantaneamente ad incontrarci là dove li stiamo aspettando. Vari autori parlano del ruolo chiave dell’immaginazione per contattare i nostri cari; fra questi cito Bruce Moen (1948 - 2017) il quale si soffermava in modo particolare sull’importanza di “fare finta che…” una certa cosa stia succedendo per accedere al Mondo dello Spirito. Altro ingrediente importante è una sorta di fiduciosa calma che (se necessario, tramite la pratica della meditazione) ci permette di scollegarci temporaneamente dagli stimoli del mondo materiale e di sintonizzarci sull’oggetto del nostro desiderio, oltre naturalmente a consentirci di abbattere l’insidioso muro del dubbio che noi tutti siamo in grado di erigere quando permettiamo al nostro senso critico di interporsi. Bruce Moen, creatore del sito web www.afterlife-knowledge.com, era un ingegnere che, nella sua ricerca sull’Aldilà è stato per molti anni discepolo di Robert Monroe, autore del libro “I miei viaggi fuori dal corpo” e fondatore del Monroe Institute. Moen ha scritto diversi libri per illustrare le proprie tesi e teneva conferenze sull’argomento in tutto il mondo. Per la visualizzazione, ovvero per l’uso di quello che chiamava il senso non-fisico della vista, Moen suggerisce un esercizio preliminare al contatto vero e proprio che ha lo scopo di definire il tipo di visualizzazione cui nella nostra unicità abbiamo accesso: non tutti visualizzano le immagini mentali allo stesso modo. L’esercizio preliminare, che è anche una sorta di esercizio di “riscaldamento”, consiste nel visualizzare mentalmente un oggetto qualsiasi, proprio con lo scopo di capire in che modo ciò avviene per noi. Moen scriveva in un suo post del 2002 che, a questo scopo, è possibile visualizzare ad esempio «(…) un’immagine del numero 12, una banana, qualsiasi cosa. Una volta che vedo quell’immagine, che sia a tre dimensioni, olografica, tutta a colori, oppure fugace, indistinta, appena appena percepibile, o in bianco e nero, ne deduco che il mio senso non-fisico della vista sia sufficientemente stimolato per essere usato, e parto da lì». Naturalmente la percezione non-fisica può coinvolgere anche l’udito (dalla chiaroveggenza o vista non-fisica, si passa quindi alla chiarudienza), oppure una sensazione interiore più generalizzata, che può includere quella cinestesica di essere toccati, accarezzati o abbracciati (la clarosensanzione) o un pensiero, un’informazione (clarocognizione). A quanto ho potuto constatare, è sufficiente stimolare uno dei sensi non-fisici, per attivare anche gli altri, anche se in noi tutti tendono a predominare dei canali (o sensi non-fisici) piuttosto che altri. Se l’esercizio di visualizzazione riguarderà una persona cara, potranno essere coinvolte emozioni molto forti. Queste emozioni sono un alleato importante. Laddove infatti le emozioni che insorgono a seguito della perdita di un proprio caro possono essere come un violento uragano che sradica ogni certezza circa l'esistenza di un qualsiasi Aldilà, se con pazienza e perseveranza riusciamo ad approdare ad uno stato d'animo di fiducia e di calma (e possono anche volerci mesi o anni, questo è più che naturale), le emozioni evocate dal ricordo di momenti trascorsi insieme diventano preziose per permetterci di sintonizzarci sul più sottile canale che riguarda la percezione del Mondo dello Spirito. In primo luogo è utile tener presente che non esiste una reale separazione a livello sensoriale fra noi e i nostri cari. Infatti siamo entrambi spirito, anche se noi siamo uno spirito incarnato che, da sveglio, abita un tempo e uno spazio particolari, mentre i nostri cari sono spirito disincarnato, liberi dai nostri parametri di spazio e tempo. Per il resto, i nostri cari ci sono ancora più vicini di prima, liberi da malattie, bisogni materiali, preoccupazioni quotidiane e preconcetti di qualsiasi natura: sono semplicemente desiderosi di esserci vicini e di rassicurarci del fatto che stanno bene. Pertanto, rievocare le sensazioni che provavamo quando eravamo fisicamente ancora insieme è un utile strumento per cominciare. Moen suggerisce di far finta di conversare con la persona che desideriamo contattare, far finta di vederla, far finta di domandare qualcosa e far finta di ricevere una risposta, insistendo sulla potente forza creativa dell’immaginazione. In altre parole, se facciamo mentalmente finta che qualcosa stia accadendo, stiamo ponendo le basi perché sul piano spirituale questa si verifichi davvero. Se, come in genere avviene, le immagini o sensazioni risultano fugaci e indistinte, Moen suggerisce la “tecnica dell'autostrada”, per la quale presento qui di seguito una libera traduzione: «Immaginate di guidare lungo l’autostrada a 100 km all’ora, e di vedere un segnale sulla destra, che magari dice "Uscita A3 a 5 km". Vedete l’indicazione solo per qualche secondo, perché procedete velocemente, ma essa vi fornisce un’informazione su qualcosa che sta per arrivare. Certo non fermereste la macchina per tornare in retromarcia a cercare quel cartello e visionarlo meglio, vero? No: continuereste a guidare sapendo che fra un po’ ci sarà l’uscita per l’A3. Lo stesso accade con queste immagini fugaci e indistinte: sono come cartelli stradali che vi forniscono informazioni su dove si dirige la strada che state percorrendo a gran velocità. Per continuare con la metafora dell’autostrada: Una volta visto il cartello "Uscita A3 a 5 km", potreste focalizzare l’attenzione su quel cartello, limitandovi a ricordare quello che diceva senza tentare di rivederlo. Così facendo, potreste percepire un’altra immagine fugace, un altro cartello stradale che dice "Bar da Luigi a 4 km". Ripensare di nuovo a quello che avete appena visto (senza cercare di tornare indietro a rivederlo, ma solo ricordando questa nuova immagine), vi condurrà probabilmente ad un’altra immagine ancora. Continuando con questo sistema, scoprirete che, insieme a ogni “segnale”, percepirete pensieri, idee, sensazioni, emozioni. Se a questo punto vi sarà ancora necessario continuare a fare finta, potreste inventare una storia che raccolga tutte le informazioni provenienti dai vari input ricevuti, in modo da costruire un insieme coerente. Per esempio, la storia potrebbe essere: l’uscita per l’A3 si trova a 5 km da me, e probabilmente vicino all’uscita c’è il Bar da Luigi. Così facendo, vi si riveleranno con tutta probabilità altri elementi della storia, come immagini, pensieri, sensazioni. Ad un certo punto, prima o poi, scoprirete che la storia comincia a prendere vita in modo indipendente dal vostro pensare e, anche se l’informazione che vi arriva è del tutto inaspettata, il consiglio è quello di stare al gioco. Magari vi sembrerà che vi stiate inventando tutto, ma continuate a seguire le vicende che vi si presentano, e continuate a porre domande riguardo alle persone o cose che percepite. Se seguite questo sistema, verrà il momento che, come molti altri che l’hanno seguito, riceverete delle prove a testimonianza del fatto che almeno parte di quello che state sperimentando è assolutamente reale. Quando ciò accade, siete a buon punto nel processo di rimozione di eventuali convinzioni che prima potevano bloccarvi e questo vi porterà a nuove percezioni e a ricevere ulteriori prove». (Testo tratto da un post di Bruce Moen pubblicato nel 2002 sul forum di www.afterlife-knowledge.com) In altre parole, Moen suggerisce che, in questo processo di raccolta di impressioni e informazioni, che dapprincipio sono create da noi con l’immaginazione, cominceranno a saltare fuori particolari che sapremo di non aver potuto inventare. Sono questi che, una volta verificati, ci daranno la conferma di essere stati veramente in contatto con l’Aldilà. Ci sono due cose importanti che ho appreso da Bruce Moen. La prima è che non tutti visualizziamo le immagini o percepiamo i contatti dal Mondo dello Spirito allo stesso modo ed è utile scoprire in che modo visualizziamo le immagini o percepiamo determinate sensazioni prima di cominciare. Per molti anni, ad esempio, ero stata convinta che i medium avessero questo misterioso potere di vedere i defunti in modo vivido e continuativo, come se un vero e proprio film sonoro, a colori e tridimensionale scorresse su richiesta nella loro mente o si sovrapponesse alla realtà ordinaria. In realtà, il contatto con i nostri cari nell’Aldilà è un qualcosa di molto più complesso e delicato, e varia da persona a persona e anche da medium a medium. Se io ad esempio chiedessi a chi mi legge di pensare alla propria maestra delle scuole elementari, che immagine o sensazione si formerà nella sua mente? Magari la vedrete con l’occhio della mente indossare il tailleur giallo che aveva il primo giorno di scuola, in piedi davanti alla cattedra con la lavagna alle spalle; magari sentirete la sua voce che spiega una regola di grammatica o vi chiama per nome durante l’appello; oppure percepirete la sua presenza accanto a voi mentre vi corregge un compito… L’immagine potrebbe essere chiara oppure appena percettibile, o potrebbe essere un semplice flash che vi ricorda di lei. In qualunque modo la vostra maestra si presenterà a voi, con immagini, suoni, idee o sensazioni, è proprio quello il modo (o uno dei modi) in cui voi, foste anche un medium professionista, percepite gli spiriti disincarnati. Proprio per questo, Moen raccomanda ai propri seguaci l’esercizio di riscaldamento citato prima, teso a visualizzare una cosa qualsiasi per vedere in che modo ciò avviene. Va anche ricordato che, come nei sogni, potranno nel corso di questo esercizio apparirci contenuti di carattere simbolico: nella medianità finalizzata al contatto personale (ovvero non per conto di terzi), è in genere il diretto interessato la persona più qualificata per interpretare tali elementi, in quanto il simbolo si presenterà in base alla valenza che ha per chi lo percepisce. La seconda cosa che ho imparato da Moen è che, se le immagini, voci o sensazioni sono fugaci e indistinte, non mi devo soffermare su di esse per cercare di metterle meglio a fuoco, ma devo andare avanti con fiduciosa calma e aspettarmene delle altre. Veniamo ora a un esercizio pratico. Desiderate contattare una persona cara, sentire la sua presenza accanto a voi, parlarle, farle magari delle domande. Il suggerimento di Moen, dopo esservi rilassati ed aver fatto l’esercizio di riscaldamento, è quello di tornare con la memoria ad un incontro sereno avuto con quella persona quando era ancora fisicamente viva: visualizzate la scena in tutti i suoi dettagli, l’ambiente, il modo in cui la persona cara è vestita, il modo in cui vi guarda e vi parla, le sensazioni che vi trasmette e il modo in cui voi parlate a lei. Rivivete con la memoria il vostro incontro. Potrebbe essere stata una cena di famiglia, una festa, una passeggiata fatta assieme, un periodo di tempo trascorso a conversare … Usate il potentissimo strumento dell’immaginazione per fare finta che l’incontro si stia verificando adesso, ricordando che secondo molte testimonianze esiste un duplicato spirituale delle nostre case e di tutti i luoghi che ci uniscono qui sul piano fisico, oltre all’immediatezza con cui i nostri cari si sintonizzano con noi quando li cerchiamo. In altre parole, ricreare l’incontro in ambientazione spirituale non dovrebbe costare alcuna fatica, in quanto dovrete solo immaginare i luoghi a voi cari, sapendo con certezza che questi esistono intatti, anzi ringiovaniti, abbelliti e spiritualizzati sul piano più sottile in cui sia voi che la persona cara vivete. Le immagini che riceverete saranno in parte create da voi, ma in parte conterranno comunicazioni della persona cara. Se ad esempio il luogo spirituale in cui incontrate il vostro caro si differenzia o comincia a differenziarsi da un luogo a voi noto, è possibile che il vostro interlocutore vi stia trasmettendo le immagini del luogo così come si presenta sul piano spirituale. Quando cominciate a ricevere impressioni, immagini, parole, informazioni… prendetene mentalmente nota. È importante poi trascrivere o registrare appena possibile i dettagli che riceviamo, anche perché sul momento potremmo non renderci conto della loro rilevanza (proprio perché quando la valvola a riduzione del nostro cervello è allentata, cose ordinariamente straordinarie appaiono ovvie) oppure potremmo scartarli credendoli inventati, mentre una verifica successiva potrebbe risultare la prova che non si trattava di qualcosa di inventato o emerso dal subconscio ma di una informazione che ha validità e che noi non potevamo conoscere. Il 2 maggio 2002 stavo facendo questo esercizio per comunicare con un nostro caro amico inglese, deceduto nell’aprile di quell’anno. La nostra famiglia era da anni legata sia a lui che a sua moglie e ogni volta che andavamo in Inghilterra ci scambiavamo visite e uscivamo insieme. Dopo la morte di lui in aprile, l’avevo in effetti incontrato quasi subito in OBE, e in quell’occasione mi aveva parlato del suo rammarico per non aver mai scritto un libro. Quale professore universitario aveva scritto parecchi articoli e anche poesie, ma mai un libro. Incredibilmente il fatto che non avesse mai scritto un libro vero e proprio fu rimarcato successivamente alla mia OBE dal necrologio pubblicato dalla sua sede universitaria e dai giornali, ma si trattava di un’informazione che io non avrei mai potuto conoscere altrimenti. Il 2 maggio, mentre mi concentravo su di lui secondo la tecnica sopra descritta, il nostro amico si limitò a dirmi che sua moglie l’avrebbe presto raggiunto. Io rimasi costernata da questa dichiarazione, credendola frutto della mia immaginazione. Sua moglie stava bene e l’avevamo anche sentita dopo i funerali. Decisi tuttavia di allertare i miei genitori, che avevano rapporti telefonici con questa amica, e circa un mese dopo questa spiacevole rivelazione venimmo a sapere che la nostra amica si trovava in ospedale perché le era stato diagnosticato un tumore al cervello. Fu solo svariati mesi dopo che venni a sapere dal figlio di lei che la diagnosi era stata fatta proprio il 2 maggio 2002, a seguito di una caduta e di una TAC di controllo. La nostra amica morì la sera del 19 giugno 2002, anche se noi ne fummo informati solo qualche giorno dopo. Ma la notte fra il 19 e il 20 giugno ebbi un’OBE: mi ritrovai sulla porta di casa, e di fronte a me, sul pianerottolo, si apriva la porta di un altro appartamento, che nella realtà del mondo fisico non esisteva, ma la cui esistenza sul piano spirituale non mi stupiva affatto. Da questo appartamento veniva tanta luce; sulla porta i nostri due amici, lui deceduto in aprile e lei a quanto ci constava in coma in clinica, mi salutavano insieme sorridenti e mi ringraziavano per il mio interessamento. In quel momento ebbi la netta sensazione che anche lei avesse abbandonato il piano fisico e si fosse felicemente ricongiunta con il marito, come ci venne puntualmente comunicato qualche giorno dopo. Ho voluto richiamare questi avvenimenti per illustrare quanto un rapporto di amicizia o di affetto possa agire da fattore trainante nel mantenimento dei contatti anche dopo la morte del corpo fisico. È giusto naturalmente passare ogni elemento al vaglio critico della nostra razionalità; tuttavia, tener nota dei dettagli può regalarci infinte soddisfazioni quando questi si rivelano esatti, provandoci senza ombra di dubbio che i nostri cari sono vivi nell’Aldilà. E se un rapporto di amicizia può aiutare la comunicazione, quanto più determinante a questo fine potrà rivelarsi un rapporto di parentela stretta, come tra genitori e figli, tra coniugi, fra fratelli? Chiudo questo post ricordando a chi mi legge l’importanza di tenere questa tecnica sotto il proprio diretto controllo, utilizzandola solo quando ci si trova in uno stato d’animo sereno e tranquillo, che, come abbiamo visto, può essere pazientemente coltivato, mantenendo sempre un sano equilibrio fra la nostra vita di tutti i giorni e i preziosi momenti che destiniamo ai nostri cari nell’Aldilà, così come li dedicheremmo ad un familiare o un amico che abita in un’altra città. [Testo tratto e riadattato da una pubblicazione del 2014] Dunque, per chi abbia familiarità con le OBE, ma trovasse difficoltà a incontrare e comunicare con una persona cara deceduta, consiglio caldamente queste pratiche preparatorie in quieto stato meditativo per: Stabilire un solido contattato con l’interessato nell’oltrevita Superare eventuali problemi che il lutto comporta, come la negazione, che rischiano di inquinare il contatto con pregiudizi anche inconsci Affinare il progetto di incontro in OBE con finalità chiare e condivise con l’interessato, per non farsi distrarre durante l’OBE, ma al contrario usare consapevolmente incontri fortuiti con altre entità per farsi dare utili indicazioni su come trovare/incontrare il proprio caro Trascrivere le comunicazioni essenziali avute in stato meditativo e le finalità del desiderato incontro in OBE, per poi ripassarle durante il giorno e in particolare prima di andare a dormire. 2 Quote
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