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Meditare mangiando (dal vecchio forum)


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Le tecniche meditative basate sulla Consapevolezza, come quelle da me proposte, non ci sottraggono nemmeno un minuto della nostra vita, sfatando il mito che per meditare ci vuole tempo.
Per chi non è predisposto a stare nella posizione del loto o in ginocchio per meditare, ecco trovato il rimedio.
Buona lettura 🙂


Meditare mangiando o...mangiare meditando?
Questo non è un problema.
Il problema è capire cosa significa meditare.
Perché se leggiamo il significato che riporta il dizionario, per meditare si intende concentrarsi pensando o riflettendo.
Questa definizione, però, porta fuori strada, perché in meditazione non si fa uso della mente, anzi la mente viene messa a riposo.
Purtroppo non esiste nelle lingue occidentali un equivalente del termine sanscrito Dhyana.
E allora il termine che più gli si avvicina è Consapevolezza.
Quindi meditare significa essere consapevoli di quello che accade nel momento presente.
E se io sono consapevole del momento presente non posso usare la mente, perché la mente può lavorare solo nel passato o nel futuro.
E ogni volta che noi pensiamo al passato o al futuro, non sappiamo nulla di quello che accade nel momento presente.
Solo quando sono nel presente io posso accorgermi per esempio di quello che accade al mio corpo mentre mangio, o mentre pratico il mio sport preferito, o mentre sto male.
Altrimenti è come se io sapessi tutto in teoria ma nulla in pratica.
La teoria appartiene alla mente, all'intelletto, mentre la pratica appartiene al corpo.
E il collegamento tra i due è la Consapevolezza.

Questa premessa mi sembrava doverosa, perché parlando con tante persone, mi sono resa conto che non si sa cosa significhi meditare. Spero che quanto sopra abbia chiarito un pò il significato.

Uno dei momenti più adatti per meditare è mentre si mangia.
E i benefici che se ne ricavano sono diversi.
Primo, si scoprono per la prima volta sapori e profumi che normalmente non siamo in grado di percepire.
Secondo, si mangia con più calma.
Terzo, si avverte meglio e prima il senso di sazietà.
Quarto, si è facilitati nel capire se la quantità e la qualità è giusta per noi in quel momento.
Insomma essere consapevoli mentre si mangia risveglia "l'animale" che è in noi.
E quando dico "animale" lo intendo nell'accezione più positiva del termine.
In pratica recuperiamo un pò dell'istinto perduto.

Allora cosa dobbiamo fare per mangiare consapevolmente?
Cerchiamo di ricavarci almeno un pasto al giorno per mangiare da soli. Senza TV, colleghi di lavoro, telefonino (se è possibile), radio, ecc. Osserviamo tutto l'atto del mangiare, mentre prendiamo la forchetta, la portiamo alla bocca, mastichiamo, deglutiamo, e così via. Ogni volta che ci rendiamo conto che la mente è andata altrove, al litigio con il collega, o alla riunione che ci sarà dopo, la riportiamo al momento presente. Anche la digestione ne guadagnerà ovviamente, per non parlare del controllo dello stress, che così tanti danni provoca all'organismo con i suoi continui stimoli di produzione del cortisolo.
Ogni volta che la nostra mente non è in unione con il corpo, c'è un grande spreco di energia.
E allora quando non è indispensabile usare la mente, come appunto quando si mangia, noi abbiamo la possibilità di risparmiare tanta energia che poi potrà essere utilizzata quando sarà necessario.
E' indispensabile praticare senza distrazioni, anche se con il tempo, ma ci vuole veramente molta pratica, lo potrete fare anche in presenza di altri o addirittura guardando la TV. Questo sarebbe il massimo, però è già tanto se riuscirete a farlo da soli una volta al giorno.
 

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mah secondo me è necessario meditare partendo dalle cose che non tolgano respiro

meglio fare altre attività manuali che mangiare o bere

tipo io medito mentre gioco e quando l'energia è finita mi limito a bere un bicchiere di acqua magari non troppo gassata per ricaricarmi poi magari cambio attività...la chitarra o la televisione in stato di contemplazione guardando cose per ragazzi

il lavoro di meditazione è un lavoro che ha come contestualizzazione la ricerca delle sensazioni e quindi dove tutto può essere sperimentato 

 

 

Edited by Karver
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Ho capito cosa intendi. A me sale spontaneamente quella consapevolezza del qui ed ora quando c’è il sole che illumina. In quei momenti assaporo la bellezza della luce viva. E mi sento libera da tutto.

Quando mangio invece è un disastro, faccio sempre qualcosa, leggo, chatto, guardo la tivù, parlo se c’è qualcuno.

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Mi piace mangiare, e in realtà comincio a mangiare già mentre lo preparo.

Mi piace osservare l'aspetto delle cose che preparo, il loro colore, sentirne il profumo, lasciarmi andare ai ricordi e alle associazione di idee, che poi sono in fondo rilanci verso altri momenti di vita, storie, volti, parole rimaste a rimbalzare nell'anima.

Però è anche vero che spesso leggo mangiando. Addirittura, mangio per leggere, certe volte, quando l'interesse prevalente è quello verso il libro, o leggo per mangiare, quando prevale il bisogno del cibo.

 

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6 ore fa, Nero ha scritto:

Mi piace mangiare, e in realtà comincio a mangiare già mentre lo preparo.

Mi piace osservare l'aspetto delle cose che preparo, il loro colore, sentirne il profumo, lasciarmi andare ai ricordi e alle associazione di idee, che poi sono in fondo rilanci verso altri momenti di vita, storie, volti, parole rimaste a rimbalzare nell'anima.

Però è anche vero che spesso leggo mangiando. Addirittura, mangio per leggere, certe volte, quando l'interesse prevalente è quello verso il libro, o leggo per mangiare, quando prevale il bisogno del cibo.

 

Anche a me piace leggere mangiando, dopo anni di esortazioni a non farlo perché sarebbe maleducazione, non va bene, non si fa, continua ad essere un piccolo piacere rubato. Certo il classico padre di famiglia che antepone il giornale fra se stesso e i commensali è tristissimo.

Ma anche la meditazione durante i pasti condivisi sarebbe inapplicabile. O meglio: quel tipo di meditazione che si chiude in se stessa. L’essere qui ed ora, invece, quella che Cincin chiama consapevolezza e io chiamo massima inconsapevolezza che è consapevolezza, quella forse può riguardare anche la convivialita’. Però non è una consapevolezza cebtrata sul cibo, è una consapevolezza centrata sull’attimo che si sta vivendo.

Quella sul cibo avviene ad un livello più profondo, riguarda un’attenzione su ciò che introduci a far parte di te con conseguenze salutiste.

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Purtroppo il web è pieno di tecniche spacciate per meditazione profonda che in realtà non lo sono. 

Ciò che è descritto qui è un esercizio riconducibile alla mindfulness, la quale è un corpus di tecniche che mirano a stabilire l'attenzione nel presente per superare lo stress. Si tratta di una meditazione abbastanza superficiale, alla portata di tutti e che, senza ulteriori pratiche, di natura più astratta e analitica, non possono affatto condurre all'autorealizzazione. Ovviamente ha una sua utilità concreta, ma dovrebbe essere circoscritta alle pratiche di natura psicofisica, e soprattutto non credo sia corretto inserire all'interno degli esercizi proposti dei termini che non c'entrano niente, come ad esempio Dhyana. 

Dhyana è infatti l'esatto opposto della centratura sulle sensazioni corporee. Copio successivamente alcuni estratti. 

Esso è il settimo stadio del Raja Yoga, e viene dopo quello chiamato Dharana. Dharana è l'utilizzo cosciente della concentrazione per estraniarsi dal mondo esterno. Dhyana va oltre, perchè taglia fuori anche l'osservatore, ovvero noi stessi, dalla meditazione. Dhyana è infatti la centratura all'interno della vacuità, è lo stadio che somiglia maggiormente all'effettivo Nirvana. 

Cito:

"Al culmine della successione dei jhāna (O DHYANA), si trova un singolare stato noto, nei testi in lingua pāli, come saññāvedayitanirodha ("arresto di sensazioni e percezioni") ovvero nirodha-samāpatti ("ottenimento della cessazione"), dove tutte le attività mentali, sia intenzionali che subliminali, cessano, permanendo solamente processi fisiologici basilari, peraltro notevolmente attenuati in una sorta di animazione sospesa."

 

Perchè tutta sta pappardella? Secondo me è molto dannoso spacciare una cosa per un'altra. Non venire mai a contatto con i dharma è normale, non è nè positivo nè negativo. Ma attingervi nel modo sbagliato è dannoso, sia per chi istruisce che per chi apprende, perchè porta a fraintendimenti di ogni genere, a credere cose che non esistono. 

Ciò è ben dimostrato dai post precedenti (non me ne vogliate). Ben due utenti asseriscono di aver compreso e perfino sperimentato lo stadio Dhyana. Ma questo perchè ciò che vi è descritto non è affatto Dhyana. 

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12 ore fa, Karver ha scritto:

 

il lavoro di meditazione è un lavoro che ha come contestualizzazione la ricerca delle sensazioni e quindi dove tutto può essere sperimentato 

 

 

Mangiare consapevolmente ti restituisce proprio ciò che dici: il sapore e gli odori di ciò che mangi, in modo più ampliato. Anche se è il mangiare inconsapevolmente che fa diminuire quelle sensazioni.

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14 ore fa, Pandora ha scritto:

Ho capito cosa intendi. A me sale spontaneamente quella consapevolezza del qui ed ora quando c’è il sole che illumina. In quei momenti assaporo la bellezza della luce viva. E mi sento libera da tutto.

Quando mangio invece è un disastro, faccio sempre qualcosa, leggo, chatto, guardo la tivù, parlo se c’è qualcuno.

Tutto é meditazione quando lo si fa consapevolmente; quindi anche osservare la bellezza della luce viva.

Cercare di farlo in ogni circostanza accrescerà la nostra Consapevolezza.

Edited by cincin
T9
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1 ora fa, Freya ha scritto:

ben due utenti asseriscono di aver compreso e persino sperimentato lo stato Dhyana

Rispondo per me. Io non so proprio cosa sia il Dhyana, ho letto quella parola nel post ma non l’ho presa in considerazione perché non sono neanche molto interessata.

Quello che credo di aver compreso e sperimentato è il discorso di consapevolezza di cincin sul qui ed ora mentre introduci degli alimenti nel tuo corpo.

Poi se questo tipo di attenzione non si chiama propriamente Dhyana, non potevo essere in grado di saperlo: mi sono riferita solo a ciò che ho capito, se poi si chiami così o cosa’ a me non cambia niente, da profana totalmente ignorante sull’argomento quale sono, ovviamente, perché magari una persona più addentro ci tiene a dare il noma esatto alle cose e alle cose il loro nome esatto.

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35 minuti fa, Pandora ha scritto:

Rispondo per me. Io non so proprio cosa sia il Dhyana, ho letto quella parola nel post ma non l’ho presa in considerazione perché non sono neanche molto interessata.

Quello che credo di aver compreso e sperimentato è il discorso di consapevolezza di cincin sul qui ed ora mentre introduci degli alimenti nel tuo corpo.

Poi se questo tipo di attenzione non si chiama propriamente Dhyana, non potevo essere in grado di saperlo: mi sono riferita solo a ciò che ho capito, se poi si chiami così o cosa’ a me non cambia niente, da profana totalmente ignorante sull’argomento quale sono, ovviamente, perché magari una persona più addentro ci tiene a dare il noma esatto alle cose e alle cose il loro nome esatto.

Certo Pandora, ho preso il tuo esempio come dimostrazione, non era mia intenzione criticare te, per niente. 

Non è il tuo caso, ma immagina che un utente interessato vada a leggere cosa sia Dhyana, nella tradizione buddista. In qualche caso potrà trovarsi confuso, in altri si illuderà di aver sperimentato uno stato simile all'illuminazione, e si confonderà ancora di più perchè quel tipo di consapevolezza fissata sul presente, sul corpo e sul momento, non elimina l'IO, il dolore, la sofferenza, il reagire improprio di fronte alle situazioni, e non permette di raggiungere una comprensione profonda della realtà. Ciò che viene limitato, per breve o lungo tempo, è il dialogo interno. Si tratta di una cosa utile, ma per niente risolutiva. 

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48 minuti fa, Freya ha scritto:

Certo Pandora, ho preso il tuo esempio come dimostrazione, non era mia intenzione criticare te, per niente. 

Non è il tuo caso, ma immagina che un utente interessato vada a leggere cosa sia Dhyana, nella tradizione buddista. In qualche caso potrà trovarsi confuso, in altri si illuderà di aver sperimentato uno stato simile all'illuminazione, e si confonderà ancora di più perchè quel tipo di consapevolezza fissata sul presente, sul corpo e sul momento, non elimina l'IO, il dolore, la sofferenza, il reagire improprio di fronte alle situazioni, e non permette di raggiungere una comprensione profonda della realtà. Ciò che viene limitato, per breve o lungo tempo, è il dialogo interno. Si tratta di una cosa utile, ma per niente risolutiva. 

È un discorso che capisco quello di tenerci al significato esatto dei termini, ovviamente riportandolo agli argomenti che mi interessano di più.

Invece riguardo questo 3D, quella che mi è piaciuta molto è la spiegazione semplice ed accessibile della consapevolezza alimentare, che ora è giusto tu abbia chiarito che è una consapevolezza  diversa dal dhyana, ma di per se stessa e slegandola dal nome che ha, è una cosa importante, per esempio per me che ho il brutto vizio di smangiucchiare per nervosismo, o compensazione affettiva, o gola, o bisogno di un rumore di fondo, o qualsiasi sia il motivo, davanti alla tivù a tarda sera, perdendo la consapevolezza di quello che sto introducendo nel mio corpo, e ovviamente anche delle calorie.

Ma è un problema diverso.

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14 ore fa, Nero ha scritto:

Mi piace mangiare, e in realtà comincio a mangiare già mentre lo preparo.

Mi piace osservare l'aspetto delle cose che preparo, il loro colore, sentirne il profumo, lasciarmi andare ai ricordi e alle associazione di idee, che poi sono in fondo rilanci verso altri momenti di vita, storie, volti, parole rimaste a rimbalzare nell'anima.

Però è anche vero che spesso leggo mangiando. Addirittura, mangio per leggere, certe volte, quando l'interesse prevalente è quello verso il libro, o leggo per mangiare, quando prevale il bisogno del cibo.

 

Ecco, meditazione é...fare un cosa alla volta. Solo se fai un cosa alla volta puoi essere consapevole di ciò che stai facendo; altrimenti te ne rendi conto dopo.

E a proposito di fare una cosa la volta mi hai dato il suggerimento di scrivere una meditazione. Tempo permettendo:)

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6 ore fa, Freya ha scritto:

Si tratta di una meditazione abbastanza superficiale, alla portata di tutti e che, senza ulteriori pratiche, di natura più astratta e analitica, non possono affatto condurre all'autorealizzazione.

Sono d'accordo sul fatto che é alla portata di tutti; non potrebbe essere diversamente, altrimenti vorrebbe dire che la meditazione è riservata a un elite. Così non è, altrimenti saremmo tagliati (quasi) tutti.

E l'autorealizzazione può avvenire, anzi avviene, nei momenti più semplici: Lao Tsu si illuminò mentre cadeva un foglia; e il Buddha mentre seguiva una stella nel cielo. Due eventi ancora più semplici che mangiare.

 

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quello che faccio da alcuni anni è trovare le percezioni con l'agganciarle

cioè tipo come dice cinzia basta una cosa semplice, uno stimolo

io faccio un videogioco di magia bianca

ci sono parole, simboli, colori

la tecnica in questione secondo la tradizione tolteca viene chiamata agguato

cioè prima conoscere se stessi con la ricapitolazione cioè sapere in anticipo cosa viene dopo e poi agganciarlo

e poi portarlo a manifestazione

ma non è solo questo

ci sono diverse fasi

le sto imparando da tempo

e più pratico più scopro

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16 ore fa, cincin ha scritto:

 

E l'autorealizzazione può avvenire, anzi avviene, nei momenti più semplici: Lao Tsu si illuminò mentre cadeva un foglia; e il Buddha mentre seguiva una stella nel cielo. Due eventi ancora più semplici che mangiare.

 

Tu confondi il quando con il come. Certamente l'autorealizzazione può avvenire in tantissimi momenti diversi, ma questo cosa c'entra? Non è il cadere di una foglia o la concentrazione su una stella a dare l'impulso, ma le condizioni preesistenti, tutto quello che c'è dietro. Quel che resta è l'esito finale di un processo interno che raggiunge il suo picco in un momento qualsiasi. 

Inoltre le storie che raccontano di personaggi famosi sono piene di eventi poetici, che hanno il fine specifico di esaltarli. Un po' come le storie dei santi occidentali. Servono per coinvolgere "con la pancia", perchè è l'unica maniera in cui si può catturare l'attenzione di un numero vasto di persone, che è poi il fine ultimo della religione e delle dottrine essoteriche. 

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42 minuti fa, Freya ha scritto:

 Non è il cadere di una foglia o la concentrazione su una stella a dare l'impulso, ma le condizioni preesistenti, tutto quello che c'è dietro. Quel che resta è l'esito finale di un processo interno che raggiunge il suo picco in un momento qualsiasi. 

É per questo che le mie tecniche di meditazione si basano sulla Consapevolezza negli atti comuni della giornata: perché essi sono tanti. E non richiedono tempo dedicato alla meditazione delle gambe incrociate, tanto per farmi capire.

La Consapevolezza ha bisogno di essere stimolata, allenata; proprio come un allenamento che si fa coi pesi, nella corsa o nello sport preferito.

Allenando la Consapevolezza in ogni cosa che facciamo e le cose che facciamo sono tante (il come) arriverà il giorno del risveglio (il quando).

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ho trovato una canzone

una vita da mediano di ligabue

li dice lavorare sui polmoni

le canzoni sono molto significative per quanto riguarda la consapevolezza

il succo è proprio quello

osservare e ascoltare che respiro si ha

tipo in base a quello mi piace cantare o suonare un tipo di canzone

però a volte il silenzio è molto utile

comunque c'è un centro che stimola la consapevolezza

è il chakra del cuore

quando sono al letto e mi sento spaesato spesso mi appoggio una mano sul cuore e riorganizzo le mie energie

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