mario61 Posted March 3 Author Share Posted March 3 Una nuova ricerca smentisce l'idea di lunga data che l'aspartame e altri dolcificanti non nutritivi (NNS) non hanno alcun effetto sul corpo umano; in uno studio, i ricercatori hanno scoperto che questi sostituti dello zucchero non sono metabolicamente inerti e possono alterare il microbioma intestinale in un modo che può influenzare i livelli di glucosio nel sangue. 19/08/2022 Cell. https://www.cell.com/cell/fulltext/S0092-8674(22)00919-9 Prima dello studio, tutti i partecipanti evitavano rigorosamente la NNS. Durante lo studio, alcuni sono rimasti privi di NNS, mentre altri hanno utilizzato saccarina, sucralosio, aspartame o stevia ogni giorno per 2 settimane a dosi inferiori all'assunzione giornaliera accettabile. Secondo i ricercatori, ogni NNS ha alterato "significativamente e distintamente" le feci e il microbioma orale e due dei dolcificanti (saccarina e sucralosio) hanno significativamente alterato la tolleranza al glucosio. Gli effetti di questi dolcificanti probabilmente varieranno da persona a persona a causa della composizione unica del microbioma di un individuo. "Dobbiamo aumentare la consapevolezza del fatto che i NNS non sono inerti per il corpo umano come credevamo inizialmente. Detto questo, le implicazioni sulla salute clinica dei cambiamenti che possono suscitare negli esseri umani rimangono sconosciute e meritano futuri studi a lungo termine". Lo studio, inoltre, non fornisce alcuna informazione su come le persone che normalmente consumano dolcificanti o le persone con diabete di tipo 1 o di tipo 2 rispondono al NNS. "Pertanto, per alcune persone, è probabile che sia un'opzione migliore e un approccio più sostenibile utilizzare i dolcificanti come un 'trampolino di lancio', consentendo loro di ridurre la quantità di zucchero aggiunto in cibi e bevande, di ridurre l'assunzione di zucchero e apprezzano ancora ciò che mangiano e bevono, riducendo sia lo zucchero aggiunto che i dolcificanti nella loro dieta". Tuttavia, i risultati "giustificano ulteriori indagini per valutare come piccoli cambiamenti nella tolleranza al glucosio in risposta al consumo di NNS possano influenzare la tolleranza al glucosio a lungo termine e il rischio di complicanze metaboliche, come il diabete di tipo 2". Edulcoranti artificiali e rischio di malattie cardiovascolari: risultati della potenziale coorte NutriNet-Santé 7/9/2022 https://www.bmj.com/content/378/bmj-2022-071204 L'assunzione totale di dolcificanti artificiali è stata associata ad un aumentato rischio di malattie cardiovascolari. I dolcificanti artificiali erano particolarmente associati al rischio di malattie cerebrovascolari. L'assunzione di aspartame era associata ad un aumento del rischio di eventi cerebrovascolari, e l'acesulfame potassio e il sucralosio erano associati ad un aumento rischio di malattia coronarica. I risultati di questo studio di coorte prospettico su larga scala suggeriscono una potenziale associazione diretta tra un maggiore consumo di dolcificanti artificiali, soprattutto aspartame, acesulfame potassico e sucralosio (splenda) e un aumento del rischio di malattie cardiovascolari. I dolcificanti artificiali sono presenti in migliaia di marchi di alimenti e bevande in tutto il mondo, tuttavia rimangono un argomento controverso e sono attualmente in fase di rivalutazione da parte dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, dell'Organizzazione mondiale della sanità e di altre agenzie sanitarie. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
SauroClaudio Posted March 4 Share Posted March 4 INFIAMMAZIONE Ho parlato molte volte dell’infiammazione ma mi sono dimenticato di dire che un infiammazione locale è sempre indice di un infiammazione generale. Quando avete una faringite, o una tonsillite o una tracheite o una bronchite, vi si alzeranno sicuramente i marker dell’infiammazione , VES e PCR, ma questo non significa che il rialzo di tale marker sia solo indice dell’infiammazione dell’organo maggiormente coinvolto, ma in tutto l’organismo ci sarà una mobilitazione degli enzimi deputati all’infiammazione, anche se questo non si manifesterà in maniera palese. Certamente nella zona maggiormente interessata avremo i classici sintomi : rubor, tumor, calor, dolor, functio laesa, però gli enzimi pro-infiammatori si muoveranno in tutto il corpo. Molto spesso infatti un infiammazione localizzata si manifesta anche con febbre anche se non c’è infezione e già questo dovrebbe dirci che l’infiammazione non resta confinata a quella zona di tessuto maggiormente interessato, ma coinvolge tutti i meccanismi che stanno alla base dell’infiammazione e questo a livello generalizzato. In tutto il corpo si può avere una vasodilatazione più o meno marcata, e già sappiamo che il mantenimento della vasodilatazione sono dovuti al rilascio di mediatori rapidi come l'istamina o le prostaglandine e successivamente di mediatori lenti come IFN-γ, TNF-α, IL-1β, LPS, PAF. Anche una semplice ferita che comporti infiammazione muove in misura massima tutti questi mediatori in sede di infiammazione, ma pure in misura minima in tutto il corpo. Ci sono poi certe zone elettive che si infiammano maggiormente se si infiamma una determinata zona, così ad esempio un infiammazione tonsillare coinvolgerà nell’infiammazione tutte le placche di Player a livello intestinale, inversamente l’infiammazione anche di una sola di queste placche coinvolgerà nel processo infiammatorio anche tutte le altre placche e così pure le tonsille. Sarà pure coinvolto nell’infiammazione anche tutto l’organismo anche se in forma non manifesta, ma talvolta manifesta, ad esempio con rialzo termico, aumento della VES e del PCR e di altri parametri che ci sfuggono. Questo collegamento di tutto l’organismo anche a processi limitati, ad esempio una ferita può avere delle implicazioni anche importanti. Abbiamo visto, e l’ho esplicitamente trattato in un Post, il ruolo che ha l’infiammazione nella genesi dei tumori. Con questo non si vuol dire che una ferita o una semplice infiammazione tonsillare può causare un tumore, si vuol semplicemente dire che certi focolai infiammatori, anche se distanti, possono favorire processi che sono al limite della genesi tumorale. Che cosa fa un infiammazione anche localizzata: - inibisce la chinasi della catena leggera della miosina (MLCK) - inibisce i recettori rianodici (RYR) - attiva la proteina chinasi G (PKG), che a sua volta provoca un'attivazione della fosfatasi della catena leggera della miosina (MLCP: enzima antagonista di MLCK) e diminuisce le concentrazioni di calcio e magnesio intracellulare (fondamentali per la contrazione del muscolo liscio) - attiva la PGH-sintasi 1 e 2 favorendo il mantenimento dello stato infiammatorio e in ultima analisi della vasodilatazione. Se questi processi sono massimi nel sito infiammato, possono essere minimi a distanza, però per quanto siano minimi possono essere significativi. E’ soprattutto lo squilibrio ionico che acquista nell’infiammazione un valore massimo, infatti una deplezione di potassio e magnesio dalla cellula compromette tutte le catene enzimatiche nelle quali questi due ioni intervengono in maniera attiva. Inoltre la deplezione di questi due ioni comporta un acidosi endocellulare che sarà massima nella zona infiammata e minima a distanza. Abbiamo così scoperto che una semplice ferita può comportare uno stato di acidosi sistemica, anche se a distanza non significativa. Più vasta è la zona interessata più questo meccanismo coinvolgerà l’intero organismo. Chiaramente l’organo che può maggiormente coinvolgere tutto l’organismo è il sistema digerente. L’intestino ha 400 mc^2 di superfice(considerando tutti i villi che ricoprono la parete intestinale), potete immaginare quanto possa essere significativa un infiammazione intestinale dovuta a dismicrobismo o da altra causa. E’ soprattutto il dismicrobismo intestinale che può dare infiammazioni a livello sistemico. Ed io credo che sia proprio il dismicrobismo intestinale che è alla base anche di molti tumori . In questo senso ciò che ha formulato il Prof. Luciano Pecchiai è pienamente valido. Che possono dare infiammazione sistemica sono: Le carenze di certe vitamine e ioni, in particolare abbiamo visto l’importanza che ha la Vit. D come antinfiammatorio sistemico Come già detto una flora intestinale putrefattiva è pro infiammatoria per le tossine che generano certi batteri, in particolare i Clostridium e certi tipi di Coli. Per questo è estremamente importante far virare la flora intestinale in senso probiotico con una sana alimentazione e soprattutto assumendo quotidianamente sali di Magnesio. Certi alimenti generano infiammazione, qui ne citerò solo due, i più importanti: un eccesso di proteine soprattutto animali, e gli zuccheri, soprattutto il Fruttosio di sintesi. Questo come già detto in altro post ha una catena laterale in posizione Cis azichè Trans (come ha la frutta ed il miele che non determinano infiammazione). In sostanza quello di sintesi è un Fruttosio diverso che genera infiammazione anche a piccolissime dosi. Il grave è che viene regolarmente aggiunto a succhi di frutta, a dolci ed a moltissime altre bevande zuccherate. Anche un corretto apporto di Sodio ha un azione antinfiammatoria. Il Sodio è fondamentale per regolare le cariche elettriche positive esocellulari, una sua carenza può determinare uno stato infiammatorio sistemico. Per cui è sbagliatissimo, come fanno in certi Reparti di Cardiologia escludere completamente il Sodio dall’alimentazione. Il Sodio, se apportato in giusta quantità, non solo non determina ipertensione ma addirittura la previene. E' chiaro che moltissime sostanze esogene possono generare infiammazione così pure tutte le malattie infettive, ma citarle una per una significherebbe scrivere la Divina Commedia. Un capitolo in particolare andrebbe riservato allo Stress che genera sempre infiammazione, generalmente con somatizzazioni, sotto delle quali però, anche se un organo è maggiormente colpito, c'è sempre un infiammazione sistemica. Quindi per sconfiggere l’infiammazione è importantissimo avere una sana alimentazione che generi una flora intestinale probiotica o eubiotica,(alimenti integrali, molta verdura e frutta, un giusto apporto di proteine, ed un esclusione degli zuccheri soprattutto di sintesi (in particolare il Fruttosio) attraverso dolci e bevande zuccherate.Un regolare apporto di Magnesio dopo ogni pasto (ne bastano 150 mg dopo ogni pasto). Una riduzione dello Stress comporta sempre dei benefici enormi. Quindi questo comporta una filosofia della vita che deve andar oltre la vita stessa. Esistono poi moltissime sostanze antinfiammatorie naturali, dai bioflavonoidi di frutta e verdura (ricordo in particolare la Quercitina, il Resverastrolo, gli Antociani) che si trovano anche puri in Farmacia o in Erboristeria. Inoltre sostanze naturali complesse di piante medicinali, ce ne sono tantissime, basta fare una ricerca. P.S Sia inoltre chiaro che prevenire e sconfiggere l'infiammazione, significa anche prevenire i tumori e talvolta sconfiggerli oltre che sconfiggere le malattie infettive, siano esse virali, batteriche o micotiche Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
SauroClaudio Posted March 5 Share Posted March 5 LE FOGLIE DI ULIVO PER LA CURA DELL ALZHEIMER http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/01/alzheimer-nelle-foglie-dulivo-un-potente-antiossidante-contro-la-malattia/1826421/ Ne sono convinti i ricercatori italiani dell’Università di Firenze, che sulle proprietà benefiche hanno pubblicato diversi studi in questi anni, l’ultimo dei quali sul “Journal of Alzheimer’s Disease”. Al centro delle loro ricerche una molecola antiossidante, un polifenolo denominato “oleuropeina” che nei topi si è dimostrato efficace Non solo l’olio extra vergine, anche le foglie d’olivo sono preziose per la salute. Contengono, infatti, una nuova possibile arma di contrasto all’Alzheimer, la più comune forma di demenza senile che, secondo l’Oms, è destinata a colpire 76 milioni di persone entro il 2030. Ne sono convinti i ricercatori italiani dell’Università di Firenze, che sulle proprietà benefiche dell’olivo hanno pubblicato diversi studi in questi anni, l’ultimo dei quali sul “Journal of Alzheimer’s Disease”. Al centro delle loro ricerche una molecola antiossidante, un polifenolo denominato “oleuropeina”, presente solo in minima percentuale nell’olio, che nei topi si è dimostrato efficace contro la malattia neurodegenerativa. “Gli animali mantengono più a lungo le loro capacità cognitive e hanno nel cervello meno placche di proteine anomale – spiega Massimo Stefani, che coordina il team di biochimici fiorentini -. Questa molecola, infatti, è in grado di stimolare l’autofagia cellulare”. In pratica, la cellula consuma quelle proteine che potrebbero accumularsi pericolosamente, portando alla formazione di aggregati tossici. Come le placche della proteina beta-amiloide tipiche dell’Alzheimer, una patologia la cui origine inizia a essere meno sconosciuta agli studiosi. Molte ricerche, infatti, negli ultimi mesi si stanno concentrando sull’individuazione dei fattori che favoriscono la comparsa della malattia, sulla sua diagnosi precoce, o lo studio di marcatori e molecole in grado di frenarne la progressione. Inoltre, in seguito all’utilizzo di oleuropeina, i biochimici fiorentini hanno riscontrato, in studi clinici condotti sui topi, risultati positivi anche contro il diabete di tipo 2. Stanno, quindi, pensando di passare alla sperimentazione sull’uomo. Nei prossimi mesi inizieranno a produrre un integratore, a partire dall’oleuropeina importata dalla Cina. Ma, in futuro, non è escluso che la produzione dell’antiossidante possa avvenire anche nel nostro stesso Paese, dato che nei frantoi le foglie di ulivo sono in genere un prodotto di rifiuto della spremitura delle olive. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
SauroClaudio Posted March 6 Share Posted March 6 MOLIBDENO Il molibdeno l'elemento chimico di numero atomico 42, peso atomico 96 (quattro volte più del Magnesio) e il suo simbolo è Mo. Si tratta di un metallo bianco argentato, simile al piombo, molto duro e con un elevato punto di fusione. Riconosciuta come sostanza fondamentale per gli organismi viventi, rientra nella composizione biologica di alcuni enzimi. Nel corpo umano lo si trova in massima parte nelle cellule del fegato e dei reni. Entra in gioco nel processo metabolico, favorendo l'assimilazione e il corretto consumo dei grassi e dei carboidrati, ma anche nella sintesi proteica e nella corretta distribuzione del ferro ai vari organi e apparati; il molibdeno passa per l'intestino e viene espulso dalle urine. Il fabbisogno giornaliero di molibdeno per gli adulti, varia dai 50 ai 500 microgrammi al giorno, dal momento che il suo assorbimento dipende dall’alimentazione (se ricca o meno), da un dismicrobismo intestinale, da un transito intestinale troppo accelerato (quindi sostanze purganti), e da tutti i metalli pesanti ma anche da metalli non pesanti se presi in eccesso in particolare il Calcio Si tratta di un minerale indispensabile per il corretto funzionamento fisiologico nella sua totalità, infatti il molibdeno risulta efficace per mantenere uno stato di benessere generale dell'organismo, neurologico e psicologico. La polvere di molibdeno è considerata leggermente tossica, se ingerita o respirata, come anche i composti del minerale. Un uso eccessivo porta a fenomeni quali la gotta, effetto negativo che può essere ridotto grazie alla somministrazione di rame. Una dieta equilibrata non porta tuttavia a rischi di iperdosaggio. La carenza di questo minerale è abbastanza rara, in generale, soprattutto chi soffre di disturbi metabolici oppure del morbo di Crohn, Colite Ulcerosa, può andarne incontro. Una sua insufficienza può causare danni cerebrali, ritardo cognitivo e mentale, patologie neurologiche, impotenza, carie dentale, dolori alle articolazioni, invecchiamento precoce, anemia, diminuzione della crescita. Il molibdeno è un componente strutturale della molibdopterina, un cofattore enzimatico sintetizzato dall’organismo e necessario per la funzione di quattro enzimi: La solfite ossidasi catalizza la trasformazione del solfito in solfato, necessaria per il metabolismo degli aminoacidi solforati (metionina e cisteina). La xantina ossidasi catalizza il catabolismo dei nucleotidi (precursori del DNA e dell’RNA) per formare acido urico; · L’aldeide ossidasi e la xantina ossidasi catalizzano reazioni di idrossilazione su diverse molecole; svolgono anche un ruolo nel metabolismo dei farmaci e delle tossine. · Il componente mitocondriale di riduzione dell’amidoxima (mARC), di recente identificazione, forma (insieme citocromo b5 e NADH citocromo b5 reduttasi) un sistema enzimatico a tre componenti che catalizza la disintossicazione delle basi mutagene N-idrossilate. · Il molibdeno aiuta anche a produrre acido urico e fa parte dello smalto dei denti . · Sebbene il corpo abbia bisogno soltanto di piccole quantità di molibdeno, senza di esso i solfiti e diverse tossine si accumulerebbero nel corpo. · Ad esempio, la capacità di metabolizzare i solfiti è importante per metabolizzare la quota proveniente dalla dieta. Se assunti in quantità eccessiva, i solfiti possono scatenare una reazione allergica che può includere diarrea, problemi della pelle e difficoltà respiratorie Il molibdeno presente nel terreno previene la formazione di nitrosammine negli alimenti di origine vegetale, composti legati alla comparsa di tumori In particolare le percentuali nel cibo. Gli alimenti più ricchi in molibdeno sono: latte e derivati, lievito di birra, cacao, germe di grano, ortaggi (in particolare i vegetali a foglia verde scuro), le uova, i legumi e certi cereali, soprattutto integrali (orzo, riso, mais, avena, farina di soia, farina di grano). Cibo Microgrammi (mcg) per porzione Manzo, fegato, fritto (85g) 104 Fagioli di Lima, bolliti, 100 gr (118 ml) 104 Yogurt, semplice, magro, 200 gr (237ml) 26 Latte, 2% grasso di latte, 200 gr, 1 tazza (237ml) 22 Fagioli normali 100 g 80 Soia 90 gr 90 Cacao 30 gr 55 Germe di Grano 50 gr 80 Modalità d’impiego Gli alimenti più ricchi in molibdeno sono: latte e derivati, lievito di birra, cacao, germe di grano, ortaggi (in particolare i vegetali a foglia verde scuro), le uova, i legumi e certi cereali, soprattutto integrali (orzo, riso, mais, avena, farina di soia, farina di grano). In base alla provenienza degli alimenti, dal suolo in cui sono cresciuti, la quantità di molibdeno che contengono varia in modo sensibile. Quindi è assai difficile andare incontro a carenze, ma una sua integrazione con dosaggi che non comportino tossicità potrebbe essere indicata nelle malattie neurologiche quali ritardo cognitivo, schizofrenia, sindromi depressive e disturbo bipolare. Esistono numerosi prodotti farmaceutici che lo contengono, vi lascio il sito: https://www.farmaciabusetti.it/integratori-e-parafarmaci/minerali-vitamine-aminoacidi/minerali/driamin-molibdeno-15ml.html Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
SauroClaudio Posted March 6 Share Posted March 6 Questo sito vi parla del Bacillus Clausii e di tutte le proprietà che ha, tale bacillo si trova nell'Enterogermina che si prescrive comunemente durante e dopo una terapia antibiotica. http://www.pharmamedix.com/principiovoce.php?pa=Bacillus+Clausii&vo=Farmacologia BACILLUS CLAUSII Il Bacillus clausii è un bacillo gram-positivo non residente nella flora batterica intestinale, utilizzato in terapia come probiotico. La flora batterica intestinale svolge attività di tipo immunitario a livello dell’intestino tenue, interviene nel metabolismo degli acidi biliari a livello del colon e nell’assorbimento di diverse vitamine del gruppo B, K e acido folico e impedisce la colonizzazione di microrganismi patogeni per l’organismo tramite un meccanismo di esclusione competitiva. Insieme alla mucosa intestinale e al suo sistema immunitario (GALT, gut-associated lymphoid tissue), la flora batterica intestinale forma una barriera mucosale che garantisce la normale attività intestinale. Nel feto l’intestino è sterile, la contaminazione batterica che porterà alla formazione della flora batterica intestinale avviene subito dopo la nascita e dipenderà dal tipo di parto (spontaneo, cesareo), dall’alimentazione (allattamento al seno oppure artificiale o misto) e dall’ambiente. Circa il 40-50% della flora microbica intestinale rimane stabile per tutta la durata della vita. Con il divezzamento e l’introduzione scaglionata dei vai cibi, la flora batterica intestinale andrà ad assumere un profilo caratteristico per ciascun individuo. Altri fattori che sono in grado di modificare la flora batterica comprendono eventuali malattie in particolare di tipo infettivo, antibiotici, radioterapia e trattamenti similari; meno significativi sono l’appartenenza al gruppo etnico e le condizioni climatico-ambientali. La quantità di microrganismi che compongono la flora batterica intestinale ammonta ad un valore pari a 10^14; si tratta di microrganismi che nella maggior parte dei casi non formano spore e sono strettamente anaerobi, cioè si sviluppano in assenza di ossigeno. Le varie specie batteriche e micotiche colonizzano nicchie differenti del tratto gastrointestinale: nello stomaco troviamo (10-103 Cfu/ml, dove Cfu sta per “unità formanti colonie“) lactobacilli, streptococchi, stafilococchi, enterobatteri, funghi; nel duodeno e nel digiuno (102-105 Cfu/ml) oltre ai ceppi presenti nello stomaco troviamo anche bifidobatteri; nell’ileo e nel cieco (103-109 Cfu/ml) sono presenti in aggiunta batteroidi, lactobacilli e clostridii; nel colon (1010-1012 Cfu/ml) la popolazione di patogeni comprende batteroidi, eubatteri, bifidobatteri, clostridii, streptococchi, fusobatteri, enterobatteri, stafilococchi e funghi. Alcuni batteri, fra cui il Bacillus clausii, possono essere somministrati per via esogena come “probiotici“. I probiotici, il cui termine etimologicamente significa “a favore della vita“, sono definiti come “organismi vivi che una volta ingeriti in quantità sufficiente (almeno 1 milione di unità per grammo di prodotto) sono in grado di esercitare effetti benefici all’organismo ospite“ (Ministero della Salute, 2011). I probiotici, sono microrganismi in grado di mantenere le proprie caratteristiche durante la conservazione, non patogeni, privi di effetti collaterali (produzione di gas, azo e nitroreduttasi), resistenti agli acidi grassi e sali biliari, in grado di colonizzare l’intestino e di produrre sostanze antimicrobiche (batteriocine, acido lattico, perossido d’idrogeno, proteasi), con attività trofica sulla mucosa intestinale e stimolante il sistema immunitario gastrointestinale. La terapia con probiotici è finalizzata al mantenimento dell’equilibrio della flora batterica intestinale per favorirne la normale attività in caso di patologie che si accompagnano a dismicrobismo intestinale, ma che possono anche interessare altri sistemi o apparati. La maggior parte dei probiotici appartiene alle linee dei Lactobacilli e dei Bifidobatteri, batteri gram-positivi comunemente presenti nell’intestino dell’uomo, ma non solo; negli ultimi anni sono stati selezionati ceppi che non rientrano tra quelli che normalmente colonizzano il tratto gastrointestinale, come il Bacillus clausii. I probiotici sono risultati efficaci nel trattamento della diarrea acuta nel diminuire durata e sintomatologia; in caso di malattie intestinali infiammatorie croniche sono risultati efficaci nel ridurre la produzione di citochine infiammatorie (malattia di crohn) e nel favorire la remissione dei sintomi (rettocolite ulcerosa); hanno evidenziato un effetto di profilassi in caso di infezioni respiratorie ricorrenti e di riduzione delle recidive in caso di otite media acuta (Zuccotti et al., 2008). Il Bacillus clausii (precedentemente classificato come Bacillus subtilis nella specialità medicinale Enterogermina), non residente nella flora batterica intestinale è un probiotico somministrato per via orale sotto forma di spore appartenenti a 4 ceppi diversi: O/C, N/R, SIN, T. Le spore, gastroresistenti e termoresistenti, passano indenni attraverso lo stomaco per arrivare nell’intestino dove trovano un ambiente favorevole al loro sviluppo (germinazione). A livello intestinale, il Bacillus clausii esplica la propria azione terapeutica tramite: 1) inibizione dell’accrescimento di microrganismi patogeni con la produzione di composti antimicrobici capaci di esercitare un effetto antagonista nei confronti di tali batteri o con la competizione per l’adesione alle cellule epiteliali o per le sostanze nutrienti; 2) alterazione del metabolismo microbico intestinale tramite un’aumentata attività enzimatica e la soppressione dell’attività di enzimi dannosi; 3) ricostituzione dell’integrità della mucosa intestinale; 4) modificazione dell’immunoregolazione in particolare tramite l’aumento del rilascio di interleuchina-10 e fattore di crescita trasformante (TGF) beta, la riduzione del fattore di necrosi tumorale (TNF) e l’aumento della secrezione di IgA. Il Bacillus clausii è risultato produrre sostanze antibiotiche efficaci verso ceppi batterici, muffe e lieviti; stimolare l’attività dei monociti e dei linfociti T; incrementare, in vitro, l’attività fagocitaria e la citotossicità dei macrofagi; potenziare (in vivo) l’attività delle cellule NK (Natural Killer); inibire sostanze in grado di danneggiare il DNA (genotossine) come 4-nitrochinolina-1-ossido, N-metil-N-nitro-nitrosoguanidina, 2-amino-3,4-dimetilimidazo[4,5]chinolina e aflatossina B1 (Cenci et al., 2008). Il Bacillus clausii è in grado di produrre la vitamina B12, la biotina, cofattore enzimatico fisiologico coinvolto nel metabolismo di carboidrati e lipidi, e la vitamina K favorendone l’assorbimento intestinale. Gli effetti immuno-modulanti e antinfiammatori esercitati dal Bacillus clausii risultano dipendere dalla capacità del microrganismo di modulare l’espressione genica sia attraverso meccanismi di sovrastimolazione (up-regulation) che sottostimolazione (down-regulation). L’analisi istologica di tessuti prelevati dal duodeno di pazienti con lieve esofagite, trattati con esomeprazolo per un mese, randomizzati a ricevere oppure a non ricevere spore di Bacillus clausii, ha evidenziato effetti di up-regulation e down-regulation, rispettivamente, a carico di 158 e 265 geni coinvolti nei processi immunologici, infiammazione, crescita e apoptosi cellulare, differenziazione cellulare, invio di segnali tra cellule, processi di adesione cellulare, meccanismi di trascrizione e trasduzione (Di caro et al., 2005). Le spore di Bacillus clausii possiedono inoltre resistenza poliantibiotica che conferisce protezione verso l’attività citotossica degli antibiotici. Gli antibiotici infatti tendono a modificare in modo duraturo la flora batterica intestinale, variando il rapporto numerico fra le specie e fra le specie sensibili o resistenti all’antibiotico stesso. Inoltre la resistenza acquisita verso un determinato tipo di antibiotico da parte di un batterio può essere trasferita ad un batterio di specie diverse con il rischio di annullare l’azione terapeutica degli antibiotici. Il Bacillus clausii è risultato resistente ai seguenti antibiotici (fra parentesi la concentrazione): penicillina (10 UI/ml), dicloxacillina (10 mcg/ml), tobramicina (10 mcg/ml), cefazolina (20 mcg/ml), tetraciclina (100 mcg/ml), cloramfenicolo (100 mcg/ml), cicloserina (100 mcg/ml), isoniazide (100 mcg/ml), streptomicina (1000 mcg/ml), neomicina (1000 mcg/ml), sulfamidici (1000 mcg/ml). In vitro la resistenza verso tobramicina, kanamicina e amikacina è risultata dipendere da un gene (aadD2) specifico del Bacillus clausii (ceppo SIN) e non trasferibile ad altri microrganismi per coniugazione (Bozdogan et al., 2003). Il Bacillus clausii quindi può essere somministrato durante la terapia antibiotica per contrastarne gli effetti sulla flora batterica intestinale. La somministrazione di spore di Bacillus clausii (2 miliardi di spore/5 ml 3 volte/die) in associazione alla terapia antibiotica di eradicazione dell’Helicobacter pylori (rabeprazolo 20 mg/die più claritromicina 1 g/die più amoxicillina 1 g/die) per 14 giorni ha diminuito l’incidenza di nausea, diarrea e dolore epigastrico nei pazienti trattati rispetto al gruppo placebo (Nista et al., 2004). Nel trattamento della diarrea acuta in pazienti pediatrici (età: 3-36 mesi) la somministrazione di spore di Bacillus clausii non è risultata più efficace della semplice reidratazione nel ridurre la durata della diarrea (115,5 vs 118,0 ore; p=0,76), il numero di scariche giornaliere e la consistenza delle feci a differenza di quanto osservato per Lactobacillus casei rhamnosus GG e per la miscela composta da L. delbrueckii var bulgaricus, L. acidophilus, Streptococcus thermophilus, B. bifidum (entrambi i preparati probiotici sono risultati statisticamente più efficaci rispetto alla reidratazione orale) (Canani et al., 2007). Per i suoi effetti a livello di risposta immunitaria si ritiene che il Bacillus clausii possa essere utilizzato nel trattamento delle allergie in bambini atopici. Questi bambini presentano valori di IgE più elevati, indice di allergia in atto o potenziale, e uno spostamento dell’equilibrio dei linfociti T helper (Th) a favore del sottotipo 2 (Th1< Th2), condizione che predispone a sviluppare infezioni del tratto respiratorio. I linfociti Th1 sono coinvolti nella difesa dell’organismo contro i microrganismi infettivi e nella regolazione della tolleranza immunologica; i linfociti Th2 sono invece coinvolti nella risposta immunologica umorale (produzione di anticorpi) verso i parassiti vermiformi (elminti) e le proteine eterogenee. I linfociti Th1 rilasciano interferone gamma, Tumor necrosis factor (TNF) (alfa, beta) e interleuchina-2, i linfociti Th2 producono diversi tipi di interleuchine (4, 5, 13), inducono la sintesi di IgE e favoriscono l’infiltrazione di eosinofili. La somministrazione di Bacillus clausii è risultata stimolare la risposta dei Th1 e controbilanciare la polarizzazione verso i Th2 (incremento dei livelli di interleuchina-10 e di TGF beta). E’ stato ipotizzato che la maggior diffusione di forme di allergia atopica nella popolazione pediatrica possa dipendere dalle migliori condizioni igieniche di vita (“teoria igienica“). In base a questa teoria lo scarso contatto con agenti infettivi avrebbe indotto una minor stimolazione dei linfociti Th1 a favore dei Th2 con conseguente aumento della concentrazione di IgE e di risposte IgE-mediate e di eosinofilia locale e periferica, condizioni che predispongono allo sviluppo di atopia. In bambini allergici con infezioni respiratorie ricorrenti (età media: 4,4 anni), la somministrazione di spore di Bacillus clausii (Enterogermina 2 volte/die corrispondente a 2 miliardi di spore/5 ml 2 volte al giorno) per 4 settimane, nel periodo estivo, ha comportato la riduzione della concentrazione di interleuchina-4 nel secreto nasale (p< 0,01) (citochina rilasciata dai Th2) e l’aumento dei livelli di interferone gamma (p<0,05), interleuchina-12 (responsabile insieme all’interferone gamma della differenziazione del linfocita T in Th1) (p<0,001), TGF beta (p<0,05) e interleuchina-10 (p<0,05) (Ciprandi et al., 2004). Analogamente è stato osservato anche in giovani adulti (età media: 22,3 anni) affetti da rinite allergica, nei quali la somministrazione di spore di Bacillus clausii per 4 settimane (Enterogermina: 2 miliardi di spore/5 ml 3 volte/die) ha ridotto in modo significativo la concentrazione di citochine presenti nel secreto nasale confermando gli effetti immuno-modulanti osservati nei bambini atopici. In particolare sono risultati diminuiti i livelli di interleuchina 4 (p=0,004) e aumentati i livelli di citochine antinfiammatorie quali interferone gamma (p=0,038), TGF (fattore di crescita trasformante) beta (p=0,039) e di interleuchina 10 (p=0,009) (Ciprandi et al., 2005). In uno studio pilota, la somministrazione di spore di Bacillus clausii (Enterogermina, 2 miliardi di spore 3 volte al giorno per tre settimane) durante la stagione dei pollini, a ragazzi di età compresa fra 12 e 15 anni con rinite allergica ha determinato una riduzione del consumo di levocetirizina “al bisogno“: i giorni in cui i ragazzi hanno fatto ricorso all’antistaminico sono stati 8,1+/-1,7 vs 11,1+/-2,2 giorni rispettivamente nel gruppo trattato con il probiotico e in quello non trattato. Il trattamento con il Bacillus clausii ha ridotto in modo significativo il punteggio attribuito ai sintomi nasali (TSS, Totale Symptom Score) (gruppo trattato con il probiotico: 7+/-0,8 vs 3,7+/-0,7 rispettivamente al basale e dopo il trattamento, p=0,049), l’eosinofilia nasale (concentrazione di cellule eosinofile nella secrezione nasale) (gruppo trattato con il probiotico: 10,4+/-2,9 vs 6,3+/-1,9 rispettivamente al basale e dopo il trattamento, p=0,048). Nel gruppo di pazienti trattati solo con levocetirizina “al bisogno“ sia la diminuzione del TSS sia quella osservata per l’eosinofilia nasale non ha raggiunto la significatività statistica (TSS prima e dopo il trattamento: 6,9+/-0,9 vs 4+/-0,8, p=0,51; eosinofilia nasale prima e dopo il trattamento: 10,2+/-2,8 vs 7,7+/-2,3, p=0,69) (Ciprandi et al., 2005a). Il Bacillus clausii ha evidenziato efficacia nel ridurre l’incidenza di infezioni ricorrenti dell’apparato respiratorio in età pediatrica anche in bambini non allergici. Lo studio è stato condotto in bambini di età compresa fra 3 e 6 anni con almeno 6 episodi infettivi negli ultimi 12 mesi; parte dei bambini (18 nel gruppo tratto e 19 nel gruppo controllo su un totale di 80 bambini) erano allergici ed erano liberi di ricorrere a desloratadina “al bisogno“. La somministrazione di spore di Bacillus clausii (Enterogermina 3 volte/die ogni dose contenente 2 miliardi di spore/5 ml) per 3 mesi ha determinato sia riduzione dei giorni con infezione acuta (11,7+/-4,8 vs 14,37+/-6,3 giorni rispettivamente gruppo trattato con il probiotico e gruppo controllo, non trattato; p=0,037) sia il numero di episodi infettivi (3,2+/-0,8 vs 3,9+/-0,8). Nel gruppo di bambini con allergia la riduzione dei giorni di infezione acuta è stata pari a 13,44+/-4,6 vs 15,36+/-7,4 rispettivamente con e senza Bacillus clausii. Analogamente è stato osservato nei successivi 3 mesi di follow up, in cui i bambini trattati con il probiotico hanno sperimentato un minor numero di episodi acuti (1,95+/-0,9 vs 3+/-1) e un minor numero di giorni con infezioni respiratorie ricorrenti (6,6+/-3,1 vs 10,92+/-5 giorni, p=0,049; sottogruppo di bambini atopici: 7,72+/-2,9 vs 13,1+/-5,3 giorni, p=0,039). L’incidenza di effetti avversi è risultata sovrapponibile nei due gruppi di trattamento; nessun paziente ha interrotto lo studio per effetti collaterali correlati al farmaco (Marseglia et al., 2007). Il Bacillus clausii è stato studiato come possibile supporto terapeutico per ripristinare una corretta flora batterica intestinale nei pazienti con sindrome dell’intestino contaminato (SIBO, Small Intestinal Bacterial Overgrowth, anche nota come Contaminazione Batterica Intestinale). In uno studio di fase IV, sponsorizzato dalla ditta produttrice di Enterogermina, pazienti con sindrome dell’intestino irritabile e contaminazione batterica intestinale (SIBO) sono stati randomizzati a ricevere spore di Bacillus clausii (2 miliardi/5 ml tre volte/die) per un mese oppure metronidazolo (250 mg tre volte/die per una settimana). L’endpoint principale era rappresentato dal tasso di eradicazione della SIBO a 30 giorni. Gli endpoint secondari comprendevano: 1) tasso di recidiva della SIBO a 90 giorni; 2) miglioramento dei sintomi associati alla sindrome dell’intestino irritabile; 3) percentuale di pazienti con un sollievo soddisfacente dei sintomi dovuti alla sindrome dell’intestino irritabile e della tensione/gonfiore intestinale o del dolore intestinale; 4) miglioramento della qualità di vita del paziente con sindrome dell’intestino irritabile. Al termine dello studio il metronidazolo è risultato superiore al trattamento con spore di Bacillus clausii per quanto riguarda l’esito clinico principale (eradicazione della SIBO a 30 giorni, popolazione ITT “Intention to treat“: 28,4% vs 54,5%, p=0,0003) sia nel sottogruppo con positività al test H2 (26,6% vs 52,1%, p=0,0002) sia nel sottogruppo di pazienti con patologia tiroidea. Per quanto riguarda gli esiti clinici secondari il metronidazolo è risultato superiore a Bacillus clausii nell’eradicazione della SIBO anche a 90 giorni (popolazione ITT: 26,6% vs 50,4%, p=0,0004) e nel ridurre il tasso di recidiva (15,2% vs 41,9%, p=0,0054). Il Bacillus clausii presentava un punteggio totale migliore rispetto al metronidazolo, al basale, in termini di Qualità di vita (questionario IBS-QOL): i due trattamenti hanno evidenziato un miglioramento graduale del punteggio, dall’inizio del trattamento fino all’ultima visita, dello stesso ordine di grandezza. Al termine del trattamento, il gruppo di pazienti in terapia con Bacillus clausii ha evidenziato una risoluzione dei sintomi associati a IBS (14,7% vs 1,7%, p=0,0055) o del dolore addominale (13,7% vs 3,4%, p=0,306) maggiore rispetto al gruppo trattato con metronidazolo. Dopo 30 giorni, si è verificata un’inversione di tendenza: la risoluzione dei sintomi associati a IBS è risultata pari a 31,3% vs 11,5% (p=0,0007) rispettivamente con metronidazolo e Bacillus clausii e la risoluzione del dolore addominale è risultata pari al 30,4% vs 11,5% (p=0,0008). L’incidenza di eventi avversi è stata pari al 5,5% vs 6,6% rispettivamente con Bacillus clausii e metronidazolo. Nel gruppo trattato con metronidazolo effetti avversi gravi (grado 3) sono stati emicrania e vomito (2 pazienti su 121), mentre con Bacillus clausii sono stati broncopneumopatia e infezioni del tratto respiratorio (2 pazienti su 109) (Gabrielli et al., 2009). Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
SauroClaudio Posted March 6 Share Posted March 6 SUPPLEMENTI UTILI NELLE ETEROPLASIE Importante: quelli indicati sotto sono solo integratori da associare alla CHEMIOTERAPIA del S.S.N. Si faccia inoltre presente al proprio oncologo gli integratori che si prendono oltre alle analisi che si sono eseguite. Assumere Vitamina D3 (colecalciferolo, mai le forme attivate perché possono dare ipercalcemia) La vitamina D ha un ruolo importantissimo nella formazione dei tumori: tutti i malati di cancro hanno vitamina D bassa. Per prevenire e trattare la malattia, il valore di vitamina D (può essere testato con le analisi del sangue) deve essere di almeno 95-100 ng/dl. A questo livello la Vit D infatti esercita un azione anti-angiogenetica sui vasi del tumore lasciando in pace le cellule sane. Impedisce cioè ai vasi del tumore di formarsi, in tal modo la neoplasia non può più crescere e diffondersi. Inoltre non formandosi i vasi capillari le cellule tumorali non ricevono più ossigeno per cui vanno a morte certa. Inoltre la Vit D produce anche delle sostanze antibiotiche che vengono chiamate CATELCIDINE che hanno dimostrato di avere una potente azione antibiotica sia sui Batteri, che sui Funghi, che sui Virus (infatti di CATELCIDINE ne vengono prodotte molte di diversa conformazione a seconda del battere, fungo o virus da debellare.) Questo particolare lo dico perché gli ultimi studi stanno rilevando che numerosi antibiotici ed antimicotici agiscono anche come antitumorali legandosi ad un sito preciso della cellula neoplastica e la mandano in apoptosi. Analogamente le catelcidine hanno dimostrato di essere anche antitumorali e di mandare la cellula del tumore in apoptosi. Questa attività diventa massima se si assume nel contempo anche Vit A perché le due vitamine hanno un azione sinergica, per cui l’ideale è assumere un prodotto che le contenga entrambe, quale ad esempio l’Adisterolo . Di questo ne esistono varie formulazioni che possono adattarsi ad ogni esigenza di somministrazione. Le elencherò tutte: - Adisterolo gocce orali: contiene 10.000 UI di Vit D + 10.000 UI di Vit A per millilitro di soluzione; questa formulazione però è sbilanciata perché contiene un eccesso di Vit A rispetto alla Vit D - Adisterolo 50.000 UI/ ml di Vit D + 10.000 UI/ml di Vit A fiale os ed im (contengono 1 ml) - Adisterolo 100.000 UI/ml di Vit D + 20.000 UI/ml di Vit A fiale os ed im (contengono 1 ml) - Adisterolo 300.000 UI/ml di Vit D + 20.000 UI/ml di Vit A fiale os ed im (contengono 1 ml) - Adisterolo 600.000 UI/ml di Vit D + 40.000 UI/ml di Vit A fiale os ed im (contengono 1 ml) Queste le formulazioni anche se le più reperibili in Farmacia sono l’Adisterolo 50.000 e l’Adisterolo 100.000 che sono anche le più bilanciate nel rapporto A/D Un altro prodotto dove però è solo presente la Vit D è il Dibase che è passato anche dal SSN, ed anche di questo esistono tutte le formulazioni Gocc/25.000/50.000/100.000/300.000; si tenga presente che una goccia contiene 250 UI di Vit D e questo è utile alla fine della somministrazione ai lattanti ed ai bambini, però bisogna integrarlo con la vit A che in questo caso può essere il Rovigon cp che contiene 30.000 UI di Vit A e pure 70 mg di Vit E, molto gradito ai bambini perché sono confetti di cioccolata (bisogna solo stare attenti che non mangino tutta la scatola come ha fatto mio figlio quando aveva 4 anni) La dose da dare della Vit D è molto soggettiva e dipende da moti fattori, età, malattia che si ha, stato infiammatorio generale, tumori, chemioterapia. La Vit D infatti non è come la Vit A già bella pronta da utilizzare ma deve subire due attivazioni, prima dal fegato e poi dai reni. Questa vitamina non è propriamente una vitamina ma un ormone che si forma nella cute da una molecola di colesterolo se ci si espone al sole nel momento in cui questo emette la più corta radiazione ultravioletta ‘ ed in particolare gli UV-B (315-250 nm) anche se la radiazione UV-A (400-315 nm) ne può produrre ma in quantità molto minore. La radiazione UV-B si ha quando il sole è praticamente allo zenit ed in particolare fra le 10 del mattino e le 15 del pomeriggio. Oltre questo orario la produzione di vitamina D è minima. Da questo si spiega la carenza cronica nella popolazione di questa vitamina che si attesta intorno a 13 ng/ml con una percentuale di popolazione che raggiunge i 30 ng/ml che è bassissima. Nell’alimentazione è gravemente carente trovandosi solo in deboli quantità nel rosso d’uovo (40 UI e nel pesce azzurro dove può arrivare anche ad 800 UI per 100 gr). Per questo è indispensabile l’integrazione con supplementi altrimenti alle nostre latitudini sarebbe impossibile mantenerla a livelli adeguati tutto l’anno solo con l’esposizione solare. Questo spiega anche le innumerevoli patologie legate alla carenza che sono descritte nel libro di Saram Khalsa . osteoporosi, diabete, rachitismo, sclerosi multipla, malattie cardio vascolari, aterosclerosi, ipertensione, caduta delle difese immunitarie, allergie, deterioramento cognitivo senile, io aggiungerei anche gastrite e colite con conseguente dismicrobismo intestinale ed infine tumori, soprattutto carcinomi. Mi piace che l’autore dello studio dice : “ e molto altro” Il perché questo ormone abbia tali incredibili proprietà forse dipende dal fatto che regola la funzione di 4200 geni. Ora si tratta di stabilire il dosaggio per le varie patologie e non è cosa facile. Dipende innanzi tutto dal livello iniziale che si trova nel sangue, dal tipo di patologia che si ha e dalla terapia che è in atto. Poi dipende anche dalla modalità di somministrazione che può essere giornaliera, settimanale o mensile. Certamente il miglior assorbimento si ha nella somministrazione giornaliera, ed in questo caso in un soggetto sano ne bastano 5000 UI/die (20 gocc di DIBASE al giorno) anche se molti autori si spingono oltre dicendo che l’ideale è assumerne 7500- 10.000 UI/die. Questa rivalutazione delle dosi da assumere dipende dagli ultimi studi fatti che hanno confermato che le vecchie dosi raccomandate di 600-800 UI/die sono gravemente insufficienti. Allora vediamo i valori da assumere in caso di patologia o altro; sia chiaro che tali valori sono solo indicativi, il tutto dipende da quello che rivelerà il dosaggio ematico che potrà portare a correzioni in più o in meno della dose raccomandata; per semplicità indicherò una dose o settimanale o quindicennale o mensile, poi ognuno sarà libero di assumerla come meglio crede. Mi baserò sulle fiale di Adisterolo 100.000 che ritengo le più bilanciate frà D/A: - Soggetto sano adulto 100.000 UI ogni 15 giorni controllando periodicamente (ogni due mesi) il valore della Vit D) - Soggetto con aterosclerosi e patologie coronariche, come sopra - Soggetto con patologia autoimmune, SM, AR, SLA o altra patologia autoimmune 100.000 UI ogni settimana (controllando mensilmente il dosaggio della Vit D) - Soggetti allergici soprattutto sofferenti di asma allergico: come sopra. - Soggetto con tumore ma non in trattamento chemioterapico: come sopra - Soggetto con tumore ed in trattamento chemioterapico: 100.000 UI ogni tre giorni controllando ogni 20 giorni il livello di Vit D - Soggetti a cui la Vit D non sale neppure con dosi di 100.000 UI ogni tre girni: si provi con 100.000 UI al giorno per 20 giorni e poi si faccia un dosaggio. In caso che il valore si attesti su 60-160 si continui con tale dose. Per farla aumentare se sotto i 10 ng/ml assumere sei fiale di Adisterolo 100.000 UI fiale, una al giorno per sei giorni da assumere per bocca e continuare con 1 fiala da 100.000 alla settimana, e poi fare un nuovo dosaggio a distanza di un mese. Per chi volesse assumere una dose quotidianamente consiglio le perle da 10.000 UI di Vit D facilmente reperibili in Erboristeria o in Farmacia e che non necessitano di ricetta medica. L’assunzione di 10.000 UI/die forse è la migliore e può andar bene per tutti i casi che abbiamo finora trattato. E’ sempre importante fare dei controlli mensili della Vit D nel sangue. Ricordiamoci infatti che solo a dosi molto alte la Vit D ha azione anti-angiogenetica e cioè anti tumorale e può servire non solo nella prevenzione ma anche nella cura dei tumori; molti fallimenti nella cura dei tumori dipendono dal fatto che questa vitamina resta bassa e non si riesce a farla salire oltre 30-40 ng/ml, dose a cui non esercita effetto anti-angiogenetico. Per esercitare questa importante funzione deve arrivare a 90-95, ed anche se supera la soglia dei 100 ed arrivasse a 200 non abbiate paura, la calcemia resta normale (per un calo del paratormone ed un aumento della calcitonina) e non avrete alcun disturbo. A questi dosaggi la Vit D è l’anticorpo monoclonale forse più efficace in natura, e senza effetti collaterali. Il fatto che prospetti una dose doppia di quella prevista dal range terapeutico non deve spaventarvi, non ho mai visto ipercalcemie neppure con dosi superiori ai 200 ng/ml. Comunque per precauzione vi consiglio di non assumere calcio e prodotti caseari e di bere molto, circa 2, 5 litri di acqua al giorno. Inoltre ho riformulato l’indice terapeutico della Vit D in questo modo: 60-160 ng/ml (come ho spiegato in un mio post precedente). Il Calcio L’assunzione di calcio (1 gr al giorno) potenzia enormemente l’azione della Vit D. Il Calcio insieme alla Vit D è alla base di tutta la risposta immunitaria. Questo minerale è il più potente attivatore dei globuli bianchi ed in particolare dei T linfociti. L’azione del calcio è anche anti infiammatoria in particolare agisce sui fattori dell’infiammazione inibendoli: - stimola la chinasi della catena leggera della miosina (MLCK) - stimola i recettori rianodici (RYR) - disattiva la proteina chinasi G (PKG), che a sua volta provoca un'disattivazione della fosfatasi della catena leggera della miosina (MLCP: enzima antagonista di MLCK) con conseguente aumento del calcio intracellulare (fondamentale per la contrazione del muscolo liscio) - attiva la PGH-sintasi 1 e 2 inibendo fortemente il mantenimento dello stato infiammatorio e in ultima analisi della vasodilatazione. Con questi meccanismi inibisce fortemente tutti i processi infiammatori. Con i meccanismi sopra citati il calcio: - aumenta la velocità del flusso sanguigno : questa condizione favorisce il risposta leucocitaria che rallenta l'eventuale diffusione di patogeni e favorisce l'adesione del complemento ai patogeni - diminuisce la pressione transmurale con conseguente RIDUZIONE della trasudazione vascolare e quindi del drenaggio linfatico (vedi Equazione di Starling) Il calcio pur essendo basico è uno ione prevalentemente esocellulare anche se una certa quantità entra nella cellula dove svolge importanti funzioni enzimatiche. La parte che resta fuori dalla cellula ha un ruolo fondamentale nel mantenere corretto l’equilibrio acido-base del sangue. Il calcio inoltre riduce fortemente tutte le endotossine endogene causate sia da infezioni batteriche che da processi infiammatori anche legati a fatti tumorali. Il tumore è un potente produttore di endotossine che sono date soprattutto da radicali liberi e da acido lattico che il tumore produce in continuazione. Il calcio essendo basico, neutralizza gli acidi, inoltre attiva antiossidanti sia endogeni che esogeni che vanno a neutralizzare i radicali liberi. L’attività del calcio è strettamente legata a quella della Vit D, si potrebbe dire che senza calcio la Vit D non funzionerebbe e senza Vit D il calcio non funzionerebbe, pertanto c’è una stretta interdipendenza. Il calcio inoltre insieme alla Vit D è uno dei più potenti antitumorali perché determina una spiccata vasocostrizione del circolo capillare del tumore impedendo in tal modo l’apporto di ossigeno al tumore. Il calcio inoltre ha una spiccata azione anti edemigena, poiché riduce l’infiammazione e favorisce il riassorbimento di tutti gli edemi causati dall’infiammazione, anche gli edemi che normalmente si formano intorno ai tumori vengono riassorbiti con adeguate quantità di calcio. In caso di somministrazione di Vit D è importante l’apporto esogeno, poiché la sola somministrazione di Vit D tende a provocare ipocalcemia. Benchè il Range terapeutico del calcio oscilli fra valori abbastanza ristretti (8,5-10,5 mg/dl) è importante in caso di tumore mantenere il calcio a livelli alti del Range terapeutico, cioè intorno a 10,5 mg/dl. In tal modo il calcio potrà svolgere tutta la sua azione antinfiammatoria e conseguentemente antitumorale. La dose ideale è di 1 gr /die di calcio elemento che corrisponde a 2 gr/die di calcio carbonato o meglio ancora a 6 gr di calcio citrato il meglio assorbibile. IL MAGNESIO Il Magnesio è il principale ione endocellulare ed è la base della regolazione del PH cellulare. Esso regola 300 reazione enzimatiche e si potrebbe dire, senza ombra di dubbio, che è il più importante ione dell’organismo. La presenza del Magnesio nella cellula apre anche le porte all’ingresso del Potassio, intendo dire che la quantità di Potassio che entra nella cellula è regolata dalla presenza di Magnesio endocellulare. Poiché anche il Potassio è uno ione fondamentale per basificare l’interno della cellula, si capisce l’importanza che ha il Magnesio nel regolarne l’entrata. Pare da recenti studi che anche l’ingresso endocellulare del Magnesio (come del Calcio) sia regolato dalle Proteine G di Membrana e strettamente dipendenti dalla quantità di Vit D attivata o 1-25-oh- 2-idrossi-colecalciferolo. Da ciò si capisce l’importanza di questa vitamina. Anche il Potassio è alla base di circa 70 reazioni enzimatiche e quindi complessivamente Magnesio e Potassio regolano 370 reazioni enzimatiche. Basta la carenza di uno di questi due fattori (Magnesio e Potassio) per mettere in crisi tutte le funzioni enzimatiche della cellula. Una carenza assoluta di questi due elementi è incompatibile con la vita, ma una carenza, sotto i 5 ng/ml mette gravemente in crisi la cellula. Essa cellula non sarà più in grado di sostenere moltissime funzioni enzimatiche, per cui ridurrà queste al minimo essenziale, inoltre la mancanza di questi due ioni comporterà un acidificazione dell’interno della cellula che non sarà più in grado di sostenere una respirazione normale attraverso il Ciclo di Krebs, ma virerà verso una respirazione anaerobica, tipica delle cellule staminali e tumorali. In sostanza le cellule tumorali sono enzimaticamente molto più semplici delle cellule normali, hanno un sistema enzimatico ridottissimo, non hanno mitocondri (o perlomeno questi sono stati messi a tacere), inoltre il PH endocellulare sarà sostanzialmente acido, normalmente potrà variare fra 6,5 a 5,9 (5,9 nelle cellule tumorali molto indifferenziate) contro i 7,1 di PH endocellulare delle cellule normali. La somministrazione di Magnesio insieme alla Vit D comporterà una basificazione della cellula tumorale, perché questa perde solo in parte le Proteine G di membrana, le poche che restano anche sulle cellule molto indifferenziate fanno entrare Magnesio e Potassio che basifica la cellula tumorale, e dal momento che questa non è più in grado di sostenere un PH basico, va in APOPTOSI, cioè a morte certa. Ma quale Vit D usare e quale Magnesio e Potassio?? Per la Vit D si usi sempre la forma primaria o Vit D3 o colecalciferolo, perché è quella che anche ad alte dosi non presenta nessun rischio di ipercalcemia. Per quanto riguarda il Magnesio ed il Potassio è importante assumere qualsiasi forma di questi Sali che sia facilmente assimilabile, anche il Magnesio Carbonato ed il Potassio Carbonato, se sciolti in succo di limone diventano citrati e quindi facilmente assimilabili. Per quanto riguarda la Vit D3 vale quello che abbiamo detto prima. Un ultima cosa, si tenga presente che il dosaggio ematico del Magnesio e del Potassio non sono attendibili poiché questi sono ioni quasi esclusivamente endocellulari, e la quantità nel sangue può non rispecchiare il reale valore di un eventuale carenza. Assumere Vitamina K2 Esistono diverse forme di Vit K, e precisamente la Vit K1, la Vit K2 e la Vit K3. Queste vitamine sono abbastanza diverse nella struttura e non si capisce perché siano state abbinate sotto lo stesso nome. La Vit K1 è il fillochinone (2-metil-3-fitil-1,4-naftochinone). Questa in particolare In particolare catalizza la carbossilazione in γ dei primi 10 residui di acido glutammico presente nel precursore della protrombina a partire dall'estremità N-terminare. I due residui carbossilici che si trovano nel Gla, che in condizioni fisiologiche sono ionizzati, sono in grado di legare il Ca2+. In questa forma sono in grado di formare legami ioni con i gruppi anionici presenti nei fosfolipidi delle membrane delle piastrine traumatizzate. In seguito a una serie di reazioni la protrombina si trasformerà in trombina, che a sua volta trasformerà il fibrinogeno che è insolubile nel plasma, in fibrina che è solubile. La fibrina spontaneamente si organizzerà per formare un coagulo e bloccare l'emorragia dalla ferita. La Vit K2 è un menachinone di origine batterica (sintetizzata per il 70% dai batteri simbionti normalmente presenti nella flora intestinale umana, come quelli appartenenti al genere Escherichia (come E. coli) e praticamente da tutti i batteri della flora probiotica intestinale; i menachinoni differiscono per il numero di unità isopreniche che si trovano nella catena laterale),e sono molto meno attivi della Vit K1 da un punto di vista coagulativo, hanno invece interessanti proprità che poi vedremo. Vitamina K3 o menadione, liposolubile, di origine sintetica ed il suo derivato bisolfitico, idrosolubile, ma da un punto di vista terapeutico a noi non interessa. Pertanto a fini terapeutici antitumorali ci interessa solo la Vit K2 perché la più attiva nel fermare le cellule del cancro. Si è visto che la Vit K2 colpisce i tumori modificando fattori di crescita e molecole recettoriali – che rendono le cellule meno in grado di stimolare la crescita e la progressione tumorale. Essa crea anche morte cellulare programmata attraverso meccanismi distinti. Uno dei metodi più singolari si chiama “oncosis” – che è una forma di stress che causa la morte cellulare ischemica e le cellule tumorali sono particolarmente vulnerabili a questo processo. I tumori possono rapidamente diventare troppo grandi per il loro approvvigionamento di sangue. Il loro elevato metabolismo indica che il tumore consuma rapidamente l’ossigeno, il che lo rende particolarmente vulnerabili allo stress ossidativo – molto più dei tessuti sani circostanti. La vitamina K2 che ha come bersaglio le cellule tumorali, le distrugge stimolando stress ossidativo, senza causare tossicità per i tessuti sani. Un altro meccanismo unico della vitamina K2 di combattere il tumore, che si è dimostrato utile, di recente, nei tumori dei dotti biliari e della leucemia, è l’autofagia, in cui le cellule tumorali essenzialmente si auto consumano rilasciando i propri enzimi digestivi internamente. Poi ancora, un altro meccanismo della vitamina C e K in combinazione, per contribuire alla morte delle cellule tumorali, è l’ autoescissione per cui le cellule semplicemente si spaccano, perdono il loro citoplasma, rovesciando il loro contenuto. E’ indespinsabile avere una flora probiotica intestinale per avere una buona produzione di Vit K2, infatti circa il 70% è prodotto dalla flora intestinale il restante deve essere assunto con supplementi. La vitamina K2 si trova soprattutto nelle frattaglie, fegato, cuore, reni di animali e negli alimenti fermentati, Yogurt, Kefir, Natto prodotto dalla Soia. Si trova anche comunemente in farmacia alla dose di 100 mcg, la dose è di 1 cp al giorno. Non ha nessun effetto collaterale e non causa, come comunemente si crede una maggior facilità alle trombosi. Comunque si è visto che anche la Vit K1 ha una discreta attività antitumorale, questo è stato scoperto recentemente da ricercatori giapponesi e si è visto che agisce soprattutto nel linfoma non-Hodgkin mentre la K2 agisce su tutti i tumori. La vit K1 si trova nelle verdure fresche come broccoli, lattuga, cavolo, broccoli, okra, asparagi, soprattutto i cavolini di Bruxelles ne sono ricchissimi che devono però essere mangiati crudi. Pertanto è importante l’integrazione di queste due vitamine e tenere il loro valore alto non solo a titolo preventivo ma anche curativo. Acido Pantotenico o Vitamina B5 L’Acido Pantotenico esercita un ruolo molto importante nella prevenzione e probabilmente nella cura dei tumori. Esso è uno dei costituenti fondamentali del Coenzima A e quindi è alla base della respirazione cellulare. Le cellule tumorali, come è noto sono gravemente carenti o addirittura prive di Coenzima A perchè hanno adottato la respirazione dei pentosi e quindi sono prive del ciclo di Krebs. La somministrazione di alte quantità di Acido Pantotenico(500 mg) potrebbe ripristinare nelle cellule tumorali le funzioni mitocondriali mandando la cellula tumorale in apoptosi. Inoltre si è visto che alte quantità di acido pantotenico riducono di 200 volte la sensibilità delle cellule alle radiazioni ionizzanti, e poichè queste si presume abbiano un ruolo fondamentale nella genesi di molti tumori, è presumibile che la sua assunzione possa risultare quantomeno preventiva nella genesi dei tumori. Una di queste reazioni che nell'ultimo decennio ha suscitato estremo interesse è l'acetilazione degli istoni (da parte del solo Acido Pantotenico), coinvolta nella regolazione dell'espressione genetica. Gli istoni sono proteine basiche che costituiscono la componente strutturale della cromatina. Risultano essere le più abbondanti proteine della cromatina andando a costituirne l'80-90% circa ( e quindi l'80-90% del DNA). L’Acido Pantotenico è inoltre una delle vitamine carenti nella popolazione a causa dell’alimentazione raffinata. Sarebbe presente infatti in diverse quantità nel germe di grano di frumento e riso e nelle frattaglie. E’ praticamente carente nelle verdure per cui i vegani sono soggetti a gravi carenze. La dose media da assumere è di almeno 2-5 mg/die, ma in caso di tumore è opportuno assumerne dosi altissime. Un prodotto farmaceutico di Acido Pantotenico è quello della ditta Strega, sono Flac che contengono 90 tavolete di Acido Pantotenico alla dose di 500 mg pro tavoletta, si deve assumere (in caso di tumore) 1 tavoletta al giorno. L’Acido Pantotenico è inoltre fondamentale per la cicatrizzazione delle ferite soprattutto se abbinato a piccole dosi di Zinco e questo aspetto dovrebbe tenere in maggiora considerazione questa vitamina soprattutto nelle ulcere diabetiche e nel piede diabetico. LO ZINCO Abbiamo parlato in precedenza dell’importanza della Vit D3 cronicamente carente nella popolazione perché non legata all’alimentazione ma all’esposizione al sole. La carenza di tale vitamina è già una bomba atomica per la salute dal momento che entra nella funzione di 4200 geni. Una mia ricerca aveva evidenziato che il livello medio di questa vitamina nella popolazione è di 13 ng/ml quando dovrebbe essere di 30-100 ng/ml. Ho già esposto nei Post precedenti quello che causa tale carenza. Ma ora stà emergendo un'altra bomba atomica che spiega numerose patologie che sono emerse in modo esponenziale negli ultimi decenni. Come ben già sapete nel ultimo secolo si è passati da una civiltà agricola ad una civiltà industriale e questo ha comportato oltre all’inquinamento ed ad un tipo di lavoro stressante anche ad un cambio radicale nell’alimentazione. Se prima l’alimentazione era più povera, soprattutto più povera di proteine non mancava di alcuni oligoelementi essenziali che attualmente sono diventati cronicamente carenti. La carenza si è determinata anche in conseguenza all’aumento esponenziale nel consumo di zuccheri che determinano l’impoverimento di alcuni elementi essenziali. Lo zucchero attualmente lo mettiamo ovunque, nel caffè, quasi in qualsiasi bevanda e la fetta di dolce molto spesso non manca a fine pasto. E poi chi non rinuncerebbe al panettone di Natale ed alla Colomba di Pasqua. Ora, in seguito al consumo di zuccheri c’è stato un aumento esponenziale del diabete soprattutto negli ultimi cinque decenni. Io che sono medico di famiglia posso testimoniare quanti ipoglicemizzanti ed insulina prescrivo. La percentuale dei diabetici è altissima. E tutto quello che comporta il diabete sarebbe troppo lungo spiegare in questa sede. Ora se si era già constatato che la cronica carenza di vitamina D3 ha un qualche ruolo nell’insorgenza del diabete, stà emergendo un'altra constatazione che è ancora più rivoluzionaria, e cioè che è la carenza di Zinco che è alla base del diabete. Quando pane, pasta e riso non venivano raffinati tale carenza non esisteva perché gli alimenti integrali sono ricchi di questo elemento. Fino a poco tempo fa si pensava che la carenza di Zinco fosse secondaria nell’insorgenza del diabete perché i dosaggi ematici di questo elemento evidenziavano una carenza modesta. Ma lo Zinco è uno ione prevalentemente endocellulare e la quantità che si trova nel sangue è irrisoria (10%) e non rispecchia il valore reale e tanto meno quello endocellulare. C’è un altro punto fondamentale, il fabbisogno di Zinco aumenta con l’introito di zuccheri. Se voi avete un alimentazione ricca di zuccheri semplici e di amidi complessi(pasta, pane, riso ecc) avete un grande fabbisogno di zinco. Oltre quanto sia importante questo elemento ce lo dicono gli studi che sono emersi negli ultimi anni. Basta dire che lo Zinco regola 300 funzioni enzimatiche della cellula, senza le quali la cellula non può sopravvivere. Questo vi rende conto della sua importanza. Ma quello che è più sconvolgente è che si è visto in seguito ad analisi del plasma endocellulare che è stato possibile eseguire in seguito ad innumerevoli prelievi autoptici è che c’è una grave carenza nel 80-90% della popolazione. Questo soprattutto nei paesi industrializzati, e sono proprio quelli che hanno la maggior incidenza di diabete e guarda caso anche di tumori. Ma vediamo un po alcune funzioni dal momento che sarebbe impossibile elencarle tutte: Stimola la produzione degli anticorpi TH1 e TH2 (antitumorali, antivirali ed antibatterici) pertanto la sua carenza provoca predisposizione tumorale per diminuite difese ed inoltre caduta delle difese immunitarie verso virus e batteri Durante lo sviluppo del feto interviene in una corretta strutturazione del DNA tanto che una sua carenza predispone fortemente ad aborti spontanei ed a malformazioni fetali (voi mi direte: ma le malformazioni fetali sono poche!! In effetti perché questo si verifichi devono intervenire altre carenze di oligoelementi indispensabili). Una carenza di Zinco provoca anche una carenza di numerosi enzimi che sono predisposti anche a ritardare l’invecchiamento cellulare La somministrazione di zinco (se carente) aumenta in modo straordinario la velocità di cicatrizzazione delle ferite. Questa constatazione ha un grande valore quando si considerano i grandi ustionati. E’ indispensabile nella corretta formazione delle parete cellulari e sembra coinvolto nel trasporto ionico anche di altri oligoelementi. Stimola la produzione del GH e del Testosterone Dal momento che è alla base dell’enzima Delta -6-Desaturasi permete la trasformazione del Testosterone in Diidrotestosterone, cioè la forma attiva La mancanza Diidrotestosterone può causare infertilità perché questo contribuisce alla corretta formazione del liquido spermatico La sua presenza è indispensabile perché si formi insulina a livello delle isole pancreatiche del Langherans non solo ma aumenta i recettori per l’insulina a livello cellulare. Questa azione viene fatta in concomitanza con la Vit D per cui se è presente in abbondanza questa vitamina bastano quantità molto ridotte di Zinco perché si esplichi questa funzione (pare che in questo processo sia molto importante anche la presenza di Cromo) Si è visto che stimola la mineralizzazione ossea e questo in concomitanza alla Vit B3 (ed abbiamo visto la mineralizzazione ossea è inversamente proporzionale alle patologie tumorali) Quello che è più sconvolgente ed attuale ed emerge da un grosso studio di Pfeiffer è che il 90% delle depressioni sia causato da una carenza di Zinco e di Vit B6. Lo studio ha evidenziato che dando Zinco e Vit B6 ai depressi si risolveva la depressione senza ricorrere a farmaci che hanno un infinità di controindicazioni (io vi consiglierei anche un po di Vit . D) Lo zinco data la sua azione di stabilizzazzione delle membrane neuronali ha una significativa azione sul sistema nervoso come stabilizzante le sue funzioni. In particolare 1 - favorisce e regolarizza il sonno (una sua carenza può causare disturbi del sonno: si pensi a quanti induttori del sonno si vendono ai giorni nostri) 2- risulta efficace in molte forme epilettiche ed in associazione con antiepilettici ne aumenta l'efficacia 3- Il Dott Gaubio ha curato con successo molte convulsioni infantili esclusivamente servendosi di zinco 4 - il Dott Hagger lo ha trovato molto efficace contro le tossi convulsive. 5 - molte osservazioni ne hanno constato l'efficacia come antispasmodico ed ansiolitico 6- il Dott. Steinau ha curato con successo una forma dissociativa con fiori di zinco 6- si è visto che una grave carenza di zinco nell'infanzia può predisporre a gravi malattie mentali che molto spesso si accompagnano anche a diabete. - Lo zinco è indispensabile anche per la prevenzione e la cura delle patologie tumorali, dal momento che è alla base di 70 reazioni enzimatiche, ed è stato constatato che nelle cellule tumorali c’è una cronica carenza di Zinco. Inoltre poiché una sua carenza è strettamente legata alla patologia diabetica e tale patologia comporta un incidenza di tumori (oltre che di patologie cardiovascolari e degenerative) almeno tripla rispetto all’individuo che non presenta tale patologia, si può comprendere l’importanza dello Zinco anche per la cura e per la prevenzione dei tumori. Vi ho elencato solo alcuni punti molto interessanti. In base a queste considerazioni possiamo tranquillamente dedurre che se avete un alimentazione ricca di amidi (pasta, pane, riso, dolci ecc) vi conviene assumere almeno 50 mg di Zinco al giorno (tenete conto che la quantità che si assorbe è circa il 30%)Così se avete un infezione e tutte le altre patologie che ho elencato. In farmacia troverete delle compresse di Solfato di Zinco da 200 mg, vi consiglio di prenderne un quarto al giorno, una compressa intera ha un dosaggio eccessivo che può dare nausea ed il surplus inoltre non serve Assumere Alimenti Ricchi di Zolfo L’importanza dello zolfo come antitumorale è noto da tempo. A questo proposito pongo un mio Post : https://www.facebook.com/notes/claudio-sauro/limportanza-dello-zolfo-nella-cura-dei-tumori/10153290442956824/ . Pare siano soprattutto i gruppi S-H che agiscono riattivando i mitocondri ed il Ciclo di Krebss. Per questo conviene soprattutto assumere prodotti naturali quali alimenti solforati (detti così in quanto contengono zolfo organico) sono quelli appartenenti alla famiglia delle Alliacee come l'aglio, la cipolla, il porro, lo scalogno, l'erba cipollina, che rivestono un ruolo protettivo contro i tumori estremamente potente ed efficace. È necessario aggiungere che tutti questi ortaggi, per esplicare pienamente la loro azione, devono essere consumati crudi o, in alternativa, cotti brevemente al vapore per preservare i loro principi attivi che sono frequentemente termolabili. Non è comunque da sottovalutare anche L-Acetilcisteina (Fluimucil buste 600) alla dose di 600 mg x 2 al giorno. Verza, Cavolo cappuccio, Rapa e Rafano Le brassicacee sono dei potenti antitumorali. Fra queste spicca in particolar modo il RAFANO RUSTICANO e la RAPA sia bianca (Brassica Rapa ) che la RAPA ROSSA o barbabietola rossa (Beta Vulgaris Rubra) e la Verza ed in particolar modo la Rucola. . La Rapa e la Rucola hanno una potente azione antitumorale. Pare che tale azione sia dovuta a glicosidi solfocianici (sinalbina, gluconasturzina ecc), sia a gruppi S-H che hanno azione del tutto simile all’allicina. I glucosidi solfocianici sono comuni nelle crucifere ed hanno un azione apoptosica, cioè favoriscono la morte delle cellule tumorali. Di queste si può estrarne il succo con una centrifuga e la betaina che contengono è uno dei più potenti antitumorali esistenti in natura. Vanno mangiate crude perché da cotte perdono le proprietà, per questo uno dei modi migliori è quello di estrarne il succo. Legumi L’uso dei Legumi (fagioli, ceci, lenticchie, piselli, cicerchie, fave, soia, ecc), un tempo validi sostituti della carne, dovrebbero, a buon diritto, tornare ad esserlo. La ricchezza in principi antinutrizionali di questi alimenti (come i fitati e gli inibitori delle proteasi) ne ha evidenziato un'inedita azione anticancro. Questi ovviamente vanno integrati nell’alimentazione e li tratteremmo anche successivamente. Curcuma Longa Sulla Curcuma esistono innumerevoli studi che ne evidenziano l’azione antitumorale i meccanismi di azione sono principalmente: - riduzione dell'effetto simil-estrogenico di molte sostanze chimiche (pesticidi, materiali plastici, ecc.) che legandosi ai recettori estrogenici causano proliferazione cellulare e poi tumore; questo vale soprattutto per i tumori mammari. - “down regulation” dei recettori ormonali. Cioè, curcuma e curcumina smorzerebbero i recettori, rendendoli meno sensibili agli stimoli; - inibizione del COX-2, un enzima che ha un ruolo chiave nell’iniziazione e diffusione del cancro. Il COX-2 ha una lunga lista di effetti positivi: stimola la divisione delle cellule tumorali, impedisce la morte cellulare, stimola la crescita di nuovi vasi sanguigni attorno al tumore, facilita la diffusione delle metastasi. Quindi la Curcuma inibendo la COX-2 inibisce la diffusione delle cellule tumorali, determina apoptosi cellulare, ed ha una funzione anti-angiogenetica sui vasi del tumore. La sua azione si esplica anche per la sua efficace azione antinfiammatoria che è imputabile soprattutto alla Curcumina ed allo Zenzerone. Non è da sottovalutare neppure l’azione anti radicali liberi che essa esercita. L’azione della Curcuma si è Visto che si esplica su numerosi tumori ed in particolare: polmoni, bocca, colon, fegato, rene, pelle (melanoma), mammella e leucemia. A questo proposito lascio un sito che risulta particolarmente interessante: https://parliamodicancro.blogspot.it/2012/08/curcuma-antitumorale-e-non-solo.html Per quanto riguarda l’utilizzo meglio si preferiscano i prodotti nei quali i principi attivi della Curcuma vengono estratti con lecitina di soia e con pepe nero : a questo proposito troverete delle compresse già pronte sia in Farmacia che in Erboristeri. Un ottimo sistema per estrarre la curcumina ed altri principi attivi è porre la polvere di curcuma in un vaso di vetro, coprire con alcool puro da liquori e lasciar riposare dieci giorni, in tal modo si estrae la curcumina; si assuma 1 cucchiaino di questa pasta mattina e sera in poca acqua. Graviola La Graviola o Guanàbana è un frutto tropicale che ha rivelato di avere interessanti proprietà antitumorali. Pare che le proprietà antitumorali siano da imputare ad alcune acetogenine che la Graviola contiene. Dalla metà del secolo scorso, alcuni studi avrebbero rilevato come le acetogenine annonacee presentino delle specifiche azioni anticancro e citotossiche, reattive in vitro contro cellule tumorali dell’intestino, ma anche di pancreas e polmoni. Purtroppo l’assenza di studi estensivi con la sperimentazione sui pazienti oltre ai test in vitro, così come le difficoltà di sintetizzare stabilmente i principi attivi, non hanno trasformato la graviola in una cura riconosciuta ufficialmente per il cancro. Ciò è anche comprensibile visto che è accaduto anche per tutte le altre piante medicinali, le Case Farmaceutiche non hanno avuto nessun interesse a approfondire ed a confermare l’azione anticancro della Graviola non essendo questa brevettabile e quindi fonte di lucro. Ciò nonostante esistono numerosi oncologi anche di fama internazionale che ne fanno uso nelle forme più disparate di cancro. Si trova già in compresse pre confezionate che contengono 300 mg di principi attivi: la dose consigliata è di 3 cp/die (900 mg di Graviola secca) Aloe Dell’Aloe ne esistono due tipi, Aloe Vera ed Aloe Arborescens. Pare, da studi fatti che l’Aloe Arborescens sia leggermente più attiva dell’Aloe Vera. Sull’Aloe si trova di tutto ed il contrario di tutto. Se fate una ricerca su internet troverete numerosi siti dove sono indicate le proprietà antitumorali e numerosi siti che cercano di demolirla completamente dicendo che non ci sono studi relativi alla proprietà antitumorale dell’Aloe. Chi sostiene che non esistono studi sulle proprietà antitumorali dell’aloe è sicuramente in malafede. Sul grosso testo (due volumi, 1650 pagine ) di MEDICINA NATURALE della Seattle University (Edizioni Utet) sono riportati almeno una ventina di studi sulle proprietà antitumorali dell’Aloe. Riferisco per intero quanto scritto: PREVENZIONE DEL CANCRO L’effetto antigenotossico di Aloe Barbadensis sugli addotti di benzo[a]pirene (B[a]P)-DNA è stato studiato in vitro ed in vivo in un modello animale. L’aloe ha dimostrato un inibizione dipendente dalla dose e dal tempo di formattazione dell’addotto (3H)B(a)P-DNAin epatociti primari del ratto, ha inibito l’assunzione cellulare di questo addotto con azione dose-dipendente ed ha bloccato in modo significativo la genesi dell’addottoin vari organi (fegato, rene, stomaco e polmone). Quando i topi erano pre trattati con Aloe per 16 giorni prima della somministrazione di B(a)P, l’inibizione della formazione e della persistenza dell’addotto di BPDE-I-DNA era incrementata. L’attività della glutatione-S- transferasi nel fegato aumentava leggermente, del citocroma P450 di fase I non era inflenzata. Negli studi sugli animali sul cancro questo si traduce in una protezione dal Sarcoma Murino di Norman nei ratti e nell’efficacia nella terapia contro le neoplasie spontanee nei cani e nei gatti. Aloe estratto: due cucchiai/die; devo dire che ho avuto la personale esperienza di incontrare due pazienti oncologici che usavano solo Aloe; non avevano fatto chemioterapia per vari motivi (diabete, cardiopatia) eppure il tumore era regredito e pure le metastasi ed i Marker tumorali si erano normalizzati. Tè Verde Te verde, contiene l’EGCG (gallato di epigallocatechina) che è un potentissimo anti angio-genetico (cioè impedisce ai vasi dei tumori di formarsi); inoltre è uno dei più potenti anti-radicali liberi e stimolanti le difese immunitarie: più tazze di infuso/die in molta acqua da bere durante il giorno oppure tre cp al giorno che ne contengano 35 mg (complessivamente 105 mg/die) La Liquirizia (Glycyrrhizia Glabra) Mentre la glicerrizzina e l’acido glicirrizzico si sono dimostrati utili per l’ulcera gastrica e duodenale, i triterpeni ed i composti flavonoidi hanno dimostrato di aver un azione stimolante le difese immunitaria superiore a qualsiasi altro flafonoide. Sebbene l’azione della glicerrizzina e dei flavonoidi sia stata attribuita ad un effetto cortisolo simile, molte delle azioni di queste sostanze di fatto antagonizzano e neutralizzano il cortisolo. In pratica si è evidenziato, che mentre la glicerrizzina stimola il cortisolo, i composti flavonoidi (che nella liquirizia sono contenuti in quantità elevatissime) inibiscono il colesterolo. Gli effetti che esercitano sia acido glicerrizzico, che triterpeni che composti flavonoidi sono sincroni e vanno a stimolare la tripofano ossigenasi, determinano un aumento del glicogeno epatico, stimolano la sintesi del colesterolo epatico, , determinano un inibizione dell’atrofia timica ed un inibizione del ACTH.. La glicerrizzina ed i composti triterpenci rafforzano l’azione inibitoria dell’azione del cortisolo (azione anti cortisolo) nei confronti della stimolazione di anticorpi (potente azione immunostimolante) che si traduce in un azione utile nello stress dell’infiammazione. Come per il suo effetto mineralcorticoide, la principale azione della glicerrizzina sul metabolismo dei mineral -corticoidi deriva dalla sua azione sull’enzima 5-beta reduttasi, che provoca un aumento dell’emivita del cortisolo.. La principale azione della glicerrizzina si riferisce alla sua capacità di inibire la fosfolipasi A e la transcriptasi inversa. La fosfolipasi è responsabile della scissione delle biomembrane, dei lipidi necessari per il metabolismo degli eicosanoidi (EPA e DHA). Pertanto la glicerrizzina determina un aumento dell’emivita degli eicosanoidi . Oltre ad esercitare questa azione la glicerrizzina inibisce anche la AMP-fosfodiesterasi, provocando un aumento dei livelli dell’AMP ciclico e della formazione di prostaglandine da parte dei macrofagi. Inoltre la glicerrizzina ha dimostrato di inibire reazioni allergiche sperimentalmente indotte, con il fenomeno Arthus, il fenomeno di Schwaarzman, e l’anafilassi di Fossman e di essere un antidoto contro molte tossine, come quelle della difterite, del tetano e della tetrodossina. Per tali effetti la glicerrizzina si è dimostrata un ottimo antiasmatico ed antiallergico; si è dimostrata pure utile nelle forme di epilessia sostenute da forme allergiche. Poichè la quantità di glicerrizzina nei tronchetti di liquirizia pura è molto alta (30%) e la dose per esercitare le azioni sopra descritte è molto bassa (1-2 gr), bastano meno di dieci grammi di liquirizia pura per esecitare tutte le azioni sopra descritte. E’ stato dimostrato inoltre che la glicerrizzina e l’acido glicerrettinico in concomitanza ai flavonoidi stimolano fortemente la produzione di interferone, la quale da origine ad una nottevole attività antivirale, in quanto gli inteferoni si legano alla superfice delle cellule dove stimolano la sintesi delle proteine intracellulari che bloccano la trascrizione del DNA virale. La produzone dell’interferone porta all’attivazione dei macrofagi, ed all’aumento delle cellule natural-killer. Studi basati su culture cellulari hanno mostrato che la glicerrizzina insieme con i flafoni, inibisce tutti i virus, sia DNA che RNA (azione di inibizione della transcriptasi inversa), ed inattiva in modo irreversibile il virus dell’Herpes Simplex. Particolarmente importante si è dimostrata negli ultimi tempi l’azione della glicerrizzina e flavoni, nel sopprimere i virus del raffreddore comune, dell’influenza, e dell’HIV- AIDS. Risultati notevoli si stanno ottenendo anche contro i virus dell’ epatite B e C (Telucksing SMackie A.B, Burt D, Protetion of hydrocortison activity in skin glycerrhetic acid). L’azione della glicerrizzina e dell’acido glicerrizzico si è visto che a livello renale può dare una modesta ritenzione di sodio (azione cortisolo simile), però i prodotti triterpenici ed i bioflavonoidi hanno una potente azione diuretica che provoca espulsione di sodio. Pertanto se i prodotti di estrazione (glicerrizzina ed acido glicerrizzico) necessitano, se somministrati, di monitoraggio della pressione, così non è se si assume la liquirizia in toto, che per i flafoni ed i triterpeni ha una buona azione diuretica e non esercita nessuna azione ipertensiva. Si è comunque propensi a somministrare insieme alla liquirizia una piccola dose di potassio (1-2 gr di citrato di potassio) per ovviare a qualsiasi effetto ipertensivo. Ciò di cui non si è parlato finora è dell’azione antiaterosclerotica dei flavonoidi della liquirizia, del tutto paragonabile all’azione antisclerotica dei flavoni del cacao; anzi nella liquirizia la quantità è ancora maggiore, per cui diventa un vero e proprio farmaco per prevenire i danni del colesterolo e dei trigliceridi. La quantità madia da assumere in un giorno è di 10 gr, che corrisponde all’incirca a 12 tronchetti di liquirizia nera purissima. Comunque una dose maggiore non può recar danno. Si tenga presente come la liquirizia ha dimostrato di essere uno dei più potenti epatoprotettori riportando nella norma gli enzimi epatici nell'Epatite Cronica Attiva (da Virus C), la quale ha dimostrato di essere uno stadio pretumorale; come inoltre riesca ad essere attiva contro il Virus HIV che determina il Sarkoma di Kaposi. Dopo tutte queste considerazioni non mi risulta difficile considerare la liquirizia un potente antitumorale, questo per un ragionamento logico, anche se non ho ancora condotto nessuna sperimentazione in tal senso. Ma piuttosto del Cisplatino che distrugge l'organismo e può dare metastasi diffuse (non si può neppure maneggiare senza guanti perchè provoca ustioni ed io mi chiedo perchè si usi ancora in chemioterapia), io farei una sperimentazione con la liquirizia, 15 gr/die monitorando la pressione (caso mai si può bere molta acqua con succo di limone). Io credo che la proposta sia da prendere in considerazione (se qualche Centro Oncologico è in ascolto): io alla liquirizia abbinerei anche una buona idratazione (2 litri ) magari sotto forma di Tè verde, ed in questo si possono sciogliere i tronchetti di liquirizia. L'abbinamento con Vit D ed A ad alte dosi ridurrebbe lo sviluppo tumorale a zero. Io per un mio intuito la userei soprattutto nei tumori cerebrali, gliomi e gliosarcomi e nel Linfoma non Linfoma non Hodgkin. La quantità madia da assumere in un giorno è di 15 gr, che corrisponde all’incirca a 18 tronchetti di liquirizia nera purissima. Comunque una dose maggiore non può recar danno se si assume molta acqua (che fa eliminare il sodio, magari associato il succo di 4 limoni che sono ipotensivi) + 4 bustine di Tè verde + 2 litri di acqua meglio se alcalinizzata + 3-4 cucchiai di estratto di Aloe Arborescens al giorno. Ascorbato di Potassio Ascorbato di potassio, 300 mg x 2/die: è la cura Pantellini; il potassio è uno ione endocellulare e basifica l’interno della cellula tumorale mandandola in apoptosi. Però non dimentichiamoci che è indispensabile una dose adeguata di magnesio endocellulare per permettere l’ingresso del potassio. Quindi viene prima il magnesio e poi il potassio. Questi due ioni abbinati sono alla base di 350 reazioni a livello endocellulare. Vitamina C Vitamina C in dose di 5-10 gr/die con molta acqua affinchè non si formino calcoli di ossalato. Pare che la Vit C eserciti una spiccata azione antitumorale se somministrata a dosi altissime e per flebo. Si parla addiritura di 50 gr di Vit C che a dosi così alte eserciterebbero un azione pro-radicali liberi nel tumore formando acqua ossigenata. Credo comunque che la prova sia ancora in fase sperimentale infatti non ho trovato nessuna casistica in proposito. Succo di Mirtillo Succo di mirtillo purissimo; le antocianine si sono dimostrate antitumorali; da qui lo sforzo degli Istituti Oncologici di produrre i pomodori viola, non ancora sul mercato. Il succo di mirtillo puro si trova nelle erboristerie; se ne deve prendere mezzo bicchiere al giorno. Coriolus versicolor (Trametes versicol) Il Coriolus è uno dei funghi antitumorali più preziosi in Asia per le sue efficaci sostanze biovitali ed il suo elevato valore fisiologico-nutrizionale. Il Coriolus è un modificatore della risposta biologica che contiene un’elevata percentuale di polisaccaridi. E’ stato utilizzato nella medicina cinese da secoli perché agisce come stimolatore del sistema immunitario e possiede proprietà anti-tumorali. Inoltre, ci sono studi che dimostrano come il Coriolus, come fungo con proprietà antitumorali, possa ridurre gli effetti della chemioterapia e della radioterapia nei pazienti di cancro. Secondo la rivista medica BMC Cancer, il Coriolus Versicolor ha dimostrato un’attività antitumorale molto potente con risultati positivi contro i tumori al colon, alla mammella, ai polmoni e all’esofago. Inoltre, secondo questa pubblicazione, è stata accreditata la potenzialità dei polisaccaridi del Coriolus come agenti immunomodulatori. Nel Congresso Europeo di Ginecologia e Ostetricia del 2008 sono stati riportati i risultati di uno studio in cui è stata dimostrata l’efficacia del Coriolus nella lotta contro il papilloma umano (HPV), un virus trasmissibile sessualmente. Secondo questo studio, condotto dal Dr. Silva Couto e riportato dalla rivista scientifica NaturalNews, dopo un anno di trattamento con questo fungo, c’è stata una regressione del virus in un 90 % dei pazienti trattati per tanto il Coriolus fa parte dei funghi con proprietà antitumorali. Alcuni oligoelementi pare abbiano una certa importanze come Zinco, Rame, Manganese anche se gli studi sono finora modesti Doxaciclina Un antibiotico, la DOXACICLINA pare particolarmente promettente. Finora sono stati condotti numerosi studi che ne hanno dimostrato l’efficacia. Il suo meccanismo di azione è quello di legarsi alla subunità 30S del ribosoma batterico ed in tal modo blocca l'RNA messaggero. Il fatto che sia così attiva nei linfomi (100% di guarigione) fa supporre che anche le cellule neoplastiche dei linfomi abbiano la subunità 30S (non presente nelle cellule sane). Ma la Doxaciclina si è dimostrata efficace anche in altri tumori ed in particolare nel glioblastoma, il cancro del seno, il cancro delle ovaie ed il cancro della prostata. La dose da assumere è quella che si usa normalmente in terapia, cioè 100 mg/die, ma per i tumori si deve assumere per almeno 2 mesi. Macrolidi I Macrolidi I macrolidi si legano subunita 50s del ribosoma batterico, inibendo la tappa della traduzione nella sintesi proteica operata dal ribosoma stesso. Pertanto anche le cellule tumorali del polmone, poichè rispondono così bene ai macrolidi è presumibile che abbiano la subinità 50S sul ribosoma (non presente nelle cellule sane). La guarigione finora nei trattamenti su cavie è del 55%. La dose da assumere è quella che si usa normalmente in terapia, in particolare Azitromicina, ma per i tumori per almeno 10 giorni. L’ATTIVITA’ FISICA L’attività fisica modesta ha dimostrato di possedere un attività antitumorale notevole. Sembra che cioè sia dovuto all’attivazione di certi enzimi come la glutatine e la catalasi che avrebbero un effetto antitumorale ed antiossidante, oltre alle difese immunitarie. LO STATO PSICHICO Anche lo stato psichico esercita una funzione determinante nella genesi dei tumori ma i meccanismi sono comlessi e necessitano di un Post a parte. Ulteriori consigli Per le forme tumorali sospette non si dovrebbe mai ricorrere all’asportazione ma tenerle in attenta osservazione; molto spesso forme infiammatorie (soprattutto a livello mammario) vengono considerate tumori di primo o di secondo grado; il fatto che certi linfonodi siano interessati infatti non significa che siano interessati dal tumore ma solo da un infiammazione. Questi falsi positivi troppo spesso vengono asportati (per sicurezza) ma creano un danno psicologico non indifferente alla donna; si deve aggiungere inoltre che questi falsi positivi prima e dopo l’intervento vengono indirizzati alla chemioterapia con tutto quello che ne consegue (caduta dei capelli, danni d’organo ecc). ALIMENTAZIONE Nell’alimentazione si devono eliminare le proteine animali, ad eccezione del pesce, e sostituirle con le proteine dei legumi, fagioli, lenticchie ceci. Un ottima cosa è mangiare a colazione un frullato di frutta (frutti vari e di stagione), a pranzo un insalata mista con rucola, insalatina, fagioli, tonno, salmone, olive snocciolate e condita con olio di oliva extra vergine, oppure pasta integrale seguita da verdura mista e da pesce, a cena un minestrone di verdura con molti fagioli e lenticchie. Si usi spesso anche aglio e cipolla. Fra i pasti, come spuntino, si può usare qualche frutto senza esagerare. E’ buona cosa eliminare gli zuccheri semplici (con qualche eccezione), gli alcolici e gli alimenti in barattolo. Si possono usare invece liberamente gli alimenti surgelati. Ad esempio, per i legumi, si possono cuocere all’inizio della settimana, fare delle porzioni da consumare durante la settimana. Per riscaldarli si può usare liberamente il forno a microonde. Lo stesso discorso vale per i minestroni di verdura. Si usi spesso la verza tagliata sottile e condita con olio e sale; meglio ancora se a questa si aggiunge un po di cipolla (tagliuzzata) o uno spicchio d’aglio. Per le bevande non si usino bevande troppo zuccherate (es CocaCola), meglio l’acqua fresca naturale. Per il caffè si usino pure due caffè al giorno purché non si zuccheri. Le spezie si possono usare liberamente, in particolare quelle aromatiche ( timo, origano, salvia, maggiorana) sono molto salutari. Si usa l’olio di oliva extra vergine in abbondanza perché ha una spiccata azione anti-tumorale. MENU GIORNALIERO ANTICANCRO – Al mattino tre biscotti integrali con confettura di mirtilli associati a latte di riso o di soia, oppure un bicchiere di verza o rapa estratto con la centrifuga associato a biscotti integrali, oppure un bicchiere di succo di mirtillo (il succo purissimo di mirtillo si trova in erboristeria). – A pranzo, cereali integrali con legumi seguiti da abbondanza di verdura quali cipolla, verza, rapa ovviamente abbinati anche ad insalata ed a pomodoro (che oltretutto pure è utile per il licopene); l’importante è usare spesso riso integrale perchè ha effetto antitumorale ed antinfiammatorio – Alla cena, un minestrone di verdure miste dove ci mettete un po di tutto, seguito anche questo da verdure o da succo di verdure. Si può abbinare pane integrale o riso integrale – La frutta conviene mangiarla furi pasto come merenda, ed in quel caso abbinarci curcuma, graviola, te verde, aloe. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted March 9 Author Share Posted March 9 Impatto dei carboidrati sulla salute delle ossahttps://www.medscape.com/viewarticle/988941 06 marzo 2023 Molti fattori influenzano la densità ossea, un importante predittore del rischio di fratture, tra cui la genetica, il peso corporeo e la massa muscolare, l'esercizio di carico osseo, lo stato mestruale, altri fattori ormonali, lo stato nutrizionale, l'assorbimento ottimale dei nutrienti alimentari e l'uso di farmaci. I nutrienti dietetici includono macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi e fibre) e micronutrienti (come minerali e vitamine alimentari). L'importanza dei micronutrienti come il calcio; fosforo; magnesio; e le vitamine C, D e K nell'ottimizzazione della mineralizzazione ossea e della formazione ossea è stata ben documentata. L'impatto dell'assunzione di proteine sulla salute delle ossa è leggermente più controverso, con alcuni studi che suggeriscono che un aumento dell'assunzione di proteine può essere deleterio per le ossa aumentando il carico acido, che a sua volta aumenta la perdita di calcio nelle urine. L'analisi complessiva dei dati di più studi supporta la scoperta che un apporto proteico più elevato è modestamente benefico per le ossa in determinati siti, come la colonna vertebrale. Sebbene i dati riguardanti l'impatto dei carboidrati alimentari sulle ossa non siano così solidi, è importante comprendere questi effetti data la crescente conoscenza dell'impatto deleterio dei carboidrati trasformati sul peso e sugli esiti cardiometabolici. Ciò porta alle crescenti raccomandazioni per limitare i carboidrati nella dieta. Gli studi disponibili suggeriscono che sia la qualità e la quantità di carboidrati presenti in una dieta, sia l'indice glicemico del cibo possono influenzare i risultati ossei.Una dieta ad alto indice glicemico è stata associata a un maggior rischio di obesità e malattie cardiovascolari, e con una minore densità ossea, un aumentato rischio di fratture. Ciò è stato attribuito ad aumenti acuti dei livelli di glucosio e insulina dopo il consumo di alimenti ad alto indice glicemico, che causano un aumento dello stress ossidativo e la secrezione di citochine infiammatorie, come l'interleuchina 6 e il fattore di necrosi tumorale alfa, che attivano le cellule ossee che aumentano la capacità ossea perdita. Concentrazioni più elevate di glucosio nel sangue indotte da un indice glicemico dietetico più elevato possono avere effetti deleteri sugli osteoblasti, le cellule importanti per la formazione ossea, e aumentano la perdita ossea attraverso la produzione di prodotti finali della glicazione avanzata che influenzano la reticolazione del collagene nell'osso (importante per la forza ossea ) così come la perdita di calcio nelle urine. Le diete ricche di carboidrati raffinati o trasformati con aggiunta di zucchero sono proinfiammatorie e aumentano lo stress ossidativo, che può portare a una maggiore perdita ossea, bassa densità ossea e aumento del rischio di fratture. Questi alimenti hanno anche un alto indice glicemico. Al contrario, le diete ricche di cereali integrali, legumi, frutta, verdura, noci e olio d'oliva hanno un indice glicemico inferiore e sono benefiche per le ossa. In sintesi, i dati disponibili suggeriscono che la quantità e la qualità dei carboidrati, compreso l'indice glicemico degli alimenti, possono influire sulla salute delle ossa e che è importante esercitare moderazione nel consumo di tali alimenti. Tuttavia, ci sono solo pochi studi che hanno esaminato queste associazioni e sono necessari ulteriori studi per chiarire ulteriormente l'impatto dei carboidrati alimentari sulle ossa, nonché eventuali modifiche di questi effetti da parte di altri gruppi di alimenti associati. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
SauroClaudio Posted March 9 Share Posted March 9 (edited) Pare sia in arrivo la PANDEMIA AVIARIA, lo ha detto ieri sera ILARIA CAPUA a BRUNO VESPA. Per intanto, ha detto, il Virus Aviario non è pericoloso, ma se contagia l'uomo può ACCOPPIARSI con Virus Umani e diventare estremamente pericoloso. Pertanto abbiamo scoperto che i Virus si possono accopPiare, probabilmente avranno tutti gli organi sessuali....... Edited March 9 by SauroClaudio Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
SauroClaudio Posted March 9 Share Posted March 9 AVIDINA COME ANTITUMORALE http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/articoli/2003/11_Novembre/20/biotina.shtml “”Una "trappola" per distruggere il tumore Grazie alla naturale attrazione fra la vitamina H e una proteina contenuta nell'albume dell'uovo, è possibile individuare piccole masse cancerose ed eliminarle con una sostanza radioattiva. MILANO - L'attrazione naturale fra l'avidina, una proteina presente nell'albume dell'uovo, e la biotina, più nota come vitamina H, è alla base di una nuova terapia anticancro ideata e messa a punto da Giovanni Paganelli, direttore della Divisione di Medicina Nucleare dell'Istituto Europeo di Oncologia (IEO). La "strategia di attacco" elaborata all'IEO prevede vari passaggi, durante i quali la biotina viene associata sia ad alcuni marcatori (gli anticorpi monoclonali) che sono in grado di raggiungere direttamente il tumore, sia a una sostanza radioattiva (l'ittrio 90) che è capace di distruggerlo. Per fare in modo che l'ittrio 90 si trovi esattamente nel punto in cui è presente il tumore, si inietta al paziente l'avidina, che si lega alle molecole di biotina contenute nella sostanza radioattiva, ma anche a quelle presenti sul marcatore. E in questo modo riesce a condurre l'ittrio 90 a diretto contatto con le cellule cancerose. Questo sistema (che i tecnici chiamano di "pretargeting") ha permesso di ottenere risultati positivi nella cura dei tumori cerebrali e di alcune forme di cancro della mammella e dell'ovaio. La tecnica messa a punto all'IEO consente di distruggere solo neoplasie che non superino i 2-3 centimetri di diametro. Per questo non può essere proposta come una cura alternativa alle altre. Ma può risultare molto efficace quando le metastasi non vengono visualizzate tramite i metodi diagnostici convenzionali (ecografia o risonanza magnetica). Fra l'altro, questo tipo di terapia ha una tossicità molto bassa - almeno in base agli studi clinici eseguiti finora - e permette al paziente di mantenere una buona qualità di vita.”” CI SAREBBE DA CHIEDERSI PERCHE’ QUESTA TECNICA E’ VALIDA SOLO NEI TUMORI PICCOLI (2-3 CM DI DIAMETRO) E NON ANCHE NEI TUMORI GRANDI. DAL MOMENTO CHE IL TUMORE E’ MOLTO IRRORATO E’ PRESUMIBILE CHE L’AVIDINA PENETRI IN PROFONDITA’ NEL TUMORE E COSI’ PURE LA BIOTINA LEGATA AI MARCATORI RADIOATTIVI. NON HA INFATTI NESSUN SENSO CHE QUESTO NON AVVENGA. SE POI IN UN GROSSO TUMORE E’ PRESENTE UNA PARTE CENTRALE NECROTICA PERCHE’ NON IRRORATA, QUESTA NON RAPPRESENTA UN PERICOLO DI RECIDIVA DEL TUMORE PROPRIO PERCHE’ E’ NECROTICA. DEL RESTO NELLA PARTE CENTRALE NECROTICA NON ARRIVANO NEPPURE I CITOTOSSICI DELLA CHEMIOTERAPIA CONVENZIONALE. POICHE’ L’ESPERIMENTO RISALE AL 2003 ED HA DATO OTTIMI RISULTATI, E’ PRSUMIBILE CHE A CAUSA DEL SUO BASSO COSTO SIA STATO INSABBIATO DALLE CASE FARMACEUTICHE, ALTRIMENTI AVREBBE RICHIATO DI COMPROMETTERE TUTTA LA CHEMIOTERAPIA TRADIZIONALE. E CHISSA’ QUANTI ESPERIMENTI POSITIVI SONO STATI INSABBIATI PER NON COMPROMETTERE 90 MILIARDI DI INTROITI (SOLO IN ITALIA) Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted March 11 Author Share Posted March 11 Potenziali agenti cancerogeni nei cosmetici per il trucco Int. J. Environ. Res. Public Health 2023, 20(6), 4780; https://doi.org/10.3390/ijerph20064780 8 March 2023 I cosmetici per il trucco del viso sono prodotti comunemente usati che vengono applicati sulla pelle e i loro ingredienti vengono a contatto con essa per molti anni. Di conseguenza, dovrebbero contenere solo sostanze considerate sicure o utilizzate entro un intervallo consentito di concentrazioni stabilite. Secondo le leggi europee vigenti, tutti i cosmetici approvati per l'uso devono essere completamente sicuri per chi li utilizza e la responsabilità di ciò ricade sui produttori, distributori e importatori. Tuttavia, l'uso di cosmetici può essere associato ad effetti indesiderati dovuti alla presenza di determinate sostanze chimiche. È stata effettuata un'analisi di 50 cosmetici per il trucco del viso casuali disponibili in commercio sul mercato dell'Unione Europea e fabbricati in sei paesi europei, riguardante la presenza di sostanze con potenziali proprietà cancerogene, come descritto negli ultimi anni in letteratura. Sono stati identificati i seguenti potenziali agenti cancerogeni: parabeni (methylparaben, propylparaben, butylparaben ed ethylparaben), composti etossilati (laureth-4, lautreth-7 o polimeri di glicole etilenico noti come PEG), donatori di formaldeide (imidazolidinil urea, quaternium 15, e DMDM idantoina), ed etanolammina e loro derivati (trietanolammina e diazolidinilurea), nonché carbonio e silice.I rapporti mostrano il rischio di potenziale contaminazione dei cosmetici con metalli pesanti. La contaminazione da metalli pesanti è un problema significativo e ben noto descritto nella letteratura scientifica. Questa contaminazione deve essere attentamente valutata e presa in considerazione per i lanci dei prodotti. Restano problematici i cosmetici immessi sul mercato senza le opportune autorizzazioni e procedure (cosmetici di piccoli produttori, prodotti senza autorizzazione). Perciò, appare necessario effettuare studi sull'esposizione a lungo termine dei composti presenti nei cosmetici e magari introdurre norme e leggi più severe che regolino il potenziale contenuto di metalli pesanti nei cosmetici. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted March 11 Author Share Posted March 11 Confronto tra riduzione del peso, modifica dei parametri e sicurezza di una dieta a bassissimo contenuto di carboidrati rispetto a una dieta a basso contenuto di carboidrati in soggetti giapponesi obesi con disturbi metabolici Nutrients 2023, 15(6), 1342; https://doi.org/10.3390/nu15061342 9 March 2023 L'obesità, un problema globale, è associata a malattie, comprese le malattie degli adulti negli adulti produttivi di mezza età e anziani. In Giappone, secondo le statistiche del Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare (2019), il 33% degli uomini giapponesi aveva un BMI ≥25 kg/m 2 . L'obesità è particolarmente diffusa nella fascia di età compresa tra i 40 ei 60 anni. Inoltre, i giapponesi sono suscettibili allo sviluppo del diabete di tipo 2 e delle malattie metaboliche quando aumentano di peso e accumulano grasso viscerale, in parte a causa del loro background genetico. Pertanto, la definizione di obesità in Giappone è ≥BMI 25 kg/ m2, che è inferiore rispetto ai paesi occidentali. La terapia nutrizionale è indispensabile per una corretta gestione del peso. Recentemente, le diete a basso contenuto di carboidrati (LCD) hanno guadagnato l'attenzione di tutto il mondo, in particolare come opzione dietetica per la terapia del diabete. In un LCD, la quantità di carboidrati varia da 20 a 130gr; in questo studio, per garantire l'accuratezza, i soggetti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere una dieta con assunzione di carboidrati limitata a 120 g/giorno (LCD) o 50 g/giorno (VLCD). L'apporto energetico totale è stato calcolato individualmente sulla base del peso corporeo ideale e dell'indice di attività fisica. Secondo le linee guida JDS, apporto energetico totale (kcal) = peso corporeo ideale (kg = altezza (m) × altezza (m) × 22) × indice di attività fisica (25-30 con attività di intensità normale). Il rapporto dei tre macronutrienti nel gruppo LCD è stato impostato in modo che le proteine rappresentassero il 27%, i grassi il 47% ei carboidrati il 26% dell'energia totale. D'altra parte, il rapporto dei tre macronutrienti nel gruppo VLCD è stato impostato in modo che le proteine rappresentassero il 27%, i grassi il 61% e i carboidrati il 12% dell'energia totale (il caso di 1800 kcal/giorno è indicato come un esempio.).In conclusione, il presente studio ha dimostrato che l'assunzione di un LCD (120 g di carboidrati/giorno) o VLCD (50 g di carboidrati/giorno) per due mesi ha un'efficacia e una sicurezza simili nei soggetti giapponesi obesi e in sovrappeso con disordini metabolici. In entrambi i gruppi è stato ottenuto un miglioramento significativo del peso corporeo, grasso e hanno anche migliorato le anomalie dei lipidi e la funzionalità epatica. Le riduzioni di peso e grasso erano paragonabili, il che suggerisce che un LCD può avere un potenziale terapeutico vantaggioso per gli individui giapponesi in sovrappeso e obesi in quanto più facile da realizzare rispetto al VLCD, suggerendo che l'LCD era sostenibile. Sono necessarie ulteriori ricerche per stabilire gli effetti a lungo termine Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted March 11 Author Share Posted March 11 (edited) Consumo di soia e rischio di diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari: una revisione sistematica e una meta-analisi Nutrients 2023, 15(6), 1358; 10 March 2023 https://www.mdpi.com/2072-6643/15/6/1358 La soia è ricca di proteine vegetali, isoflavoni e acidi grassi polinsaturi. Per chiarire le associazioni tra assunzione di soia ed eventi di diabete di tipo 2 (T2D) e malattie cardiovascolari (CVD), abbiamo eseguito una meta-analisi e revisione. Durante un follow-up di 2,5-24 anni, il rischio di T2D, CVD, malattia coronarica e ictus nei partecipanti con il più alto consumo di soia è diminuito rispettivamente del 17%, 13%, 21% e 12%, rispetto al più basso consumo.Un'assunzione giornaliera di 26,7 g di tofu ha ridotto il rischio di malattie cardiovascolari del 18% e 11,1 g di natto ha ridotto il rischio di malattie cardiovascolari del 17%, in particolare l'ictus. Attraverso un'analisi dose-risposta, sono state trovate relazioni significative non lineari tra tofu e CVD e tra natto e CVD. Nel frattempo, è stata anche osservata una relazione significativa non lineare tra l'assunzione di natto e gli eventi di ictus. Un'assunzione giornaliera di 26,7 g di tofu ha ridotto il rischio di malattie cardiovascolari del 18%. Quando la dose di assunzione superava i 63 g, il tofu non aveva alcun effetto protettivo sulle malattie cardiovascolari. Un'assunzione giornaliera di 11,1 g di natto ha ridotto il rischio di malattie cardiovascolari del 17%, in particolare ictus. Quando l'assunzione giornaliera era inferiore a 32 g, il natto era benefico per le malattie cardiovascolari (ictus). Questa meta-analisi ha dimostrato che il consumo di soia era associato negativamente con i rischi di T2D e CVD e una quantità specifica di prodotti a base di soia era il più vantaggioso per la prevenzione di T2D e CVD. Edited March 11 by mario61 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted March 12 Author Share Posted March 12 Alti livelli di omocisteina sono associati a compromissione cognitiva nei pazienti che si sono ripresi da COVID-19 a lungo termine J. Pers. Med. 2023, 13(3), 503; 10 March 2023 https://www.mdpi.com/2075-4426/13/3/503 Gli effetti a lungo termine di COVID-19, chiamati "Long COVID", hanno attirato l'attenzione di recente. In un recente studio longitudinale, sono stati osservati alcuni cambiamenti morfologici nel cervello di quelli con COVID-19. L'infezione da COVID-19 può colpire il sistema nervoso centrale in diversi modi. La risposta immunitaria in via di sviluppo alla SARS CoV-2, che si deposita nel sistema respiratorio, può portare ad un aumento delle citochine, delle chemochine e delle cellule immunitarie che aumentano la neuroinfiammazione nel cervello. Anche se SARS-CoV-2 è raro, può raggiungere direttamente il sistema nervoso. SARS-CoV-2 può generare una risposta autoimmune contro il sistema nervoso. L'attivazione di herpesvirus latenti come il virus Epstein-Barr durante l'infezione da COVID-19 può innescare danni neuronali. SARS-CoV-2 può interrompere il flusso sanguigno nelle cellule nervose innescando la formazione di malattie cerebrovascolari e trombotiche. Ciò può anche interrompere la barriera emato-encefalica e aumentare la gravità della neuroinfiammazione e dell'ischemia. Inoltre, i disturbi della disfunzione polmonare e multiorgano causati da COVID-19 grave possono portare a condizioni che possono influenzare negativamente le cellule neurali portando a ipossiemia, ipotensione e disturbi metabolici delle cellule nervose. L'iperomocisteinemia è associata a ictus, infarto e malattie cardiovascolari. L'iperomocisteinemia provoca danni endoteliali nei vasi e provoca il deterioramento dell'emostasi esistente. Contribuisce anche allo sviluppo dell'infiammazione. Inoltre, l'omocisteina è stata segnalata come un fattore indipendente nella compromissione dell'elaborazione delle informazioni, della funzione cognitiva generale e dell'intelligenza fluente. La combinazione di livelli elevati di omocisteina e aumento dell'infiammazione può essere utilizzata come indicatore di deterioramento cognitivo. C'è una crescente evidenza di un'associazione tra alti livelli di omocisteina e depressione. L'iperomocisteinemia è strettamente associata a malattie neurodegenerative e a scarse prestazioni cognitive. È stato osservato che c'è un aumento delle malattie psichiatriche come la depressione nei pazienti COVID-19.L'infezione da COVID-19 può causare declino cognitivo. Inoltre, tra i pazienti COVID-19, è stato riscontrato che quelli con esiti peggiori avevano livelli di omocisteina più elevati. In questo studio, abbiamo misurato i livelli di depressione e cognizione nelle persone che si stavano riprendendo da COVID-19. Inoltre, abbiamo mirato a indagare la relazione tra depressione e livelli cognitivi misurando le concentrazioni di omocisteina. Un aumento osservato di 1 µmol/L nel livello di omocisteina costituiva un rischio per una diminuzione di 0,765 punti nei punteggi MOCA (Montreal Cognitive Assessment).Nei pazienti che si stanno riprendendo da COVID-19, interventi precoci ad alti livelli di omocisteina possono prevenire disturbi cognitivi che possono persistere a lungo termine; deve essere valutato il deterioramento cognitivo che può verificarsi a lungo termine nei pazienti che si sono ripresi da COVID-19 e devono essere misurati i livelli di omocisteina che possono causare deterioramento cognitivo. Fino a quando non verrà trovato un trattamento nuovo e più efficace, riteniamo che sarà utile supportare le funzioni cognitive abbassando i livelli di omocisteina con l'integrazione di vitamina B. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted March 12 Author Share Posted March 12 Effetto benefico della vitamina D sulla progressione della malattia del fegato grasso non alcolico (NAFLD) nel modello di pesce zebra Nutrients 2023, 15(6), 1362; 10 March 2023 https://www.mdpi.com/2072-6643/15/6/1362 Una delle principali cause di malattia epatica cronica, cirrosi e carcinoma epatocellulare, la steatosi epatica non alcolica (NAFLD) deriva dall'eccessivo accumulo di grasso nel fegato. La vitamina D (VitD) svolge molteplici ruoli importanti in diversi processi fisiologici. Per confrontare l'effetto della VitD con altri interventi come la dieta ipocalorica, abbiamo indotto la NAFLD nel pesce zebra adulto giovane ( Danio rerio, ceppo AB) e monitorato gli effetti della supplementazione di VitD sul decorso della malattia. Il pesce zebra ( Danio rerio ) è stato ampiamente riconosciuto come modello fattibile per diverse malattie umane da oltre due decenni. La NAFLD può essere stabilita in piccoli pesci come il pesce zebra o il medaka attraverso un elevato apporto calorico, cioè la sovralimentazione. Simile agli esseri umani con NAFLD, il pesce zebra con NAFLD mostra un aumento dell'indice di massa corporea (BMI) e ipertrigliceridemia, che progredisce verso la steatosi epatica. Pertanto, il pesce zebra può essere utilizzato per identificare presunti bersagli farmacologici e testare nuove strategie per il trattamento della NAFLD.Il pesce zebra somministrato con VitD ad alte dosi (1,25 μg) aveva un grasso epatico significativamente ridotto rispetto a quelli che avevano ricevuto VitD a basse dosi (0,049 μg) o restrizione calorica. L'analisi dell'espressione genica ha rivelato che la VitD ha sottoregolato diversi percorsi che possono svolgere un ruolo nell'eziologia della NAFLD, che ha influenzato il metabolismo degli acidi grassi, le vitamine e i loro cofattori, l'ossidazione dell'etanolo e la glicolisi. L'analisi del percorso ha rivelato che il percorso della biosintesi del colesterolo e il percorso del processo biosintetico degli isoprenoidi erano significativamente sovraregolati, mentre il percorso del processo catabolico delle piccole molecole era significativamente sottoregolato in seguito all'esposizione del modello di pesce zebra NAFLD a una dose elevata di VitD. Pertanto, i nostri risultati suggeriscono l'associazione di nuovi percorsi biochimici con NAFLD ed evidenziano il potenziale dell'integrazione di VitD per invertire la gravità della NAFLD, specialmente nei giovani. In particolare, questi risultati potrebbero essere rilevanti per mitigare e trattare COVID-19 con un ulteriore aumento di VitD ad alte dosi. Questa ipotesi è rafforzata da studi di meta-analisi che dimostrano la correlazione inversa tra VitD ad alte dosi e infettività da COVID-19; è possibile che alte dosi di VitD possano ridurre la gravità e/o la mortalità da COVID-19 nei pazienti con NAFLD, mentre il dosaggio dovrebbe essere regolato per prevenire l'ipervitaminosi D. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted March 12 Author Share Posted March 12 Assunzione di proteine e leucina ai pasti principali nelle persone anziane con diabete di tipo 2 Nutrients 2023, 15(6), 1345; https://doi.org/10.3390/nu15061345 10 March 2023 I cambiamenti legati all'età coinvolgono principalmente la muscolatura scheletrica e sono caratterizzati da una progressiva perdita di massa, forza e prestazioni che incidono notevolmente sulla funzione fisica delle persone anziane, promuovendo fragilità e disabilità. L'invecchiamento della popolazione è stato osservato anche nelle persone con diabete di tipo 2 (T2D), nelle quali è stato riportato un rischio più elevato di fragilità, sarcopenia e disabilità. Numerose prove mostrano che l'assunzione di proteine è direttamente correlata alla massa muscolare, alla forza e alla funzione nelle persone anziane e potrebbe avere un ruolo di primo piano nella prevenzione della sarcopenia e della fragilità. È importante considerare che le persone anziane hanno la cosiddetta "resistenza anabolica", definita come la ridotta capacità del muscolo scheletrico di aumentare la sintesi proteica in risposta a stimoli anabolici, come le proteine alimentari e l'attività fisica. Questa condizione accelera la perdita di massa e funzione muscolare correlata all'età, contribuendo così a limitazioni funzionali e disabilità nelle persone anziane. Sebbene non vi sia una visione univoca su quale sia la migliore strategia per mitigare la resistenza anabolica negli anziani, vi è un accordo generale sul fatto che l'aumento dell'assunzione di proteine possa essere efficace. Pertanto, si raccomanda un'assunzione giornaliera media di 1-2 g/kg di peso corporeo (PC), ancora più elevata nelle persone anziane con o a rischio di malnutrizione. Nonostante queste indicazioni, nella vita reale, l'assunzione proteica nella dieta nella popolazione anziana è molto lontana da quella raccomandata. Precedenti studi hanno dimostrato che anche la distribuzione dell'assunzione di proteine durante i pasti potrebbe avere un impatto positivo sulla salute muscolare nelle persone anziane, con prove che indicano un'assunzione di 25-30 g di proteine a ogni pasto come adeguata per promuovere la sintesi del muscolo scheletrico. Infine, la qualità delle proteine, la fonte (animale o vegetale) e il contenuto di aminoacidi, in particolare gli amminoacidi a catena ramificata, in primis a leucina, sono ugualmente importanti per la salute del muscolo scheletrico. Come noto, la leucina agisce beneficamente sull'anabolismo proteico attraverso l'attivazione enzimatica del Mammal Target of Rapamycin (mTOR), una proteina chinasi serina-treonina coinvolta nella regolazione della crescita cellulare e del ricambio proteico promuovendo la sintesi proteica e inibendo la proteolisi. Le raccomandazioni basate sull'evidenza indicano un'assunzione di leucina di 3000 mg ad ogni pasto nelle persone anziane. Il turnover proteico a livello del muscolo scheletrico è regolato da diversi fattori, tra cui la digestione delle proteine alimentari e il successivo assorbimento degli aminoacidi, il rilascio di insulina post-prandiale, la soglia dell'anabolismo muscolare e la perfusione microvascolare del tessuto. La maggior parte di questi processi può essere fortemente influenzata dalla presenza del diabete, soprattutto se vi è uno scarso controllo metabolico. Le persone anziane con diabete, infatti, presentano un maggior rischio di perdita di massa e forza muscolare e, di conseguenza, un più alto tasso di disabilità fisica. Sulla base di queste considerazioni, possono trarre grande beneficio da un adeguato apporto proteico. Ci sono poche prove sull'aderenza delle persone anziane con T2D all'assunzione proteica raccomandata; i dati disponibili indicano che la maggior parte di loro non soddisfa l'apporto proteico raccomandato, ha una minore densità di nutrienti e ha maggiori probabilità di saltare i pasti. L'assunzione proteica raccomandata per gli anziani è di 25-30 g ai pasti principali, con almeno 2500-2800 mg di leucina a ogni pasto L'assunzione media di proteine è stata di 0,9 ± 0,2 g/kg di peso corporeo/giorno e solo il 23% dei pazienti ha rispettato le raccomandazioni. L'assunzione media di proteine era di 6,9 g a colazione, 29 g a pranzo e 21 g a cena. Nessuno dei pazienti ha raggiunto l'apporto proteico raccomandato a colazione; il 59% dei pazienti ha rispettato le raccomandazioni a pranzo; e il 32% a cena. L'assunzione media di leucina era di 579 mg a colazione, 2195 g a pranzo e 1583 mg a cena. L'assunzione raccomandata di leucina non è stata raggiunta da nessun paziente a colazione, dal 29% dei pazienti a pranzo e dal 13% a cena. I dati mostrano che, nei pazienti anziani con T2D, l'assunzione media di proteine è bassa, in particolare a colazione e a cena, e che l'assunzione di leucina è notevolmente inferiore ai livelli raccomandati. Questi dati sollevano la necessità di implementare strategie nutrizionali in grado di aumentare l'assunzione di proteine e leucina negli anziani con T2D. È importante sottolineare che la salute muscolare è influenzata anche dall'attività fisica e, nella nostra popolazione, la percentuale di pazienti inattivi era piuttosto elevata (64%). A questo proposito, le prove mostrano che l'integrazione proteica aumenta la massa muscolare e la forza di presa delle mani negli anziani solo se combinata con l'esercizio di resistenza, suggerendo che negli anziani, in base allo stato funzionale, altri fattori determinanti come l'esercizio regolare di resistenza e la riduzione del tempo sedentario potrebbe avere un impatto positivo sulla salute muscolare al di là di un adeguato apporto proteico. ato apporto proteico. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted March 18 Author Share Posted March 18 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted March 18 Author Share Posted March 18 Effetti della dieta con pasti limitati nel tempo sulla steatosi epatica non alcolica JAMA Netw Open. 2023;6(3):e233513. doi:10.1001/jamanetworkopen.2023.3513 17/03/2023https://jamanetwork.com/journals/jamanetworkopen/fullarticle/2802553 La steatosi epatica non alcolica (NAFLD) è diventata una delle principali sfide mondiali per la salute pubblica. Colpisce circa il 20-30% degli adulti nella popolazione generale e oltre il 70% dei pazienti con obesità e diabete ha la NAFLD. Circa il 29,2% degli adulti nella popolazione generale ha la NAFLD in Cina. È strettamente correlata all'obesità, al diabete di tipo 2, all'iperlipidemia e all'ipertensione ed è stato associato ad un aumentato rischio di malattie cardiovascolari. È stato documentato che la perdita di peso attraverso modifiche dello stile di vita migliora il grasso del fegato e i disordini metabolici . La restrizione calorica dietetica ha dimostrato di essere efficace nel ridurre il peso e i livelli di lipidi intraepatici tra i pazienti con NAFLD, tuttavia, l'adesione a lungo termine alla modifica dello stile di vita è difficile. L'alimentazione a tempo limitato (TRE) è uno dei regimi di digiuno intermittente più popolari che prevede un periodo di alimentazione specifico all'interno di un ciclo di 24 ore. Il regime TRE ha attirato l'attenzione perché riduce il peso e migliora l'aderenza. Le prove indicano che l'accumulo di grasso aumenta durante il giorno ed è massimo dopo un pasto serale. Tutti i partecipanti sono stati istruiti a seguire una dieta da 1500 a 1800 kcal/die per gli uomini e da 1200 a 1500 kcal/die per le donne. Le diete erano composte dal 40% al 55% di carboidrati, dal 15% al 20% di proteine e dal 20% al 30% di grassi. I partecipanti assegnati al gruppo TRE sono stati istruiti a consumare le calorie prescritte dalle 8:00 alle 16:00 tutti i giorni e solo le bevande non caloriche erano consentite al di fuori della finestra del pasto quotidiano. I partecipanti al gruppo DCR non avevano limiti di tempo per mangiare durante il periodo di studio. Tra gli adulti con obesità e NAFLD, il TRE non ha prodotto ulteriori benefici per la riduzione del contenuto di IHTG (trigliceridi epatici), del grasso corporeo e dei fattori di rischio metabolici rispetto al DCR. Questi risultati supportano l'importanza della restrizione dell'apporto calorico quando si aderisce a un regime di TRE per la gestione della NAFLD, che tuttavia potrebbe essere più efficace nel migliorare la sensibilità all'insulina rispetto al DCR . Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted March 18 Author Share Posted March 18 (edited) perchè così tanti medici muoiono per suicidio? .... indagare su prevalenza e cause Jennifer Nelson 15 marzo 2023 https://www.medscape.com/viewarticle/989674 I medici sono ammirati per il loro sacrificio e dedizione. Eppure sotto la superficie si nasconde una realtà dolorosa e silenziosa: i medici possono togliersi la vita più di qualsiasi altro professionista, riportato a 40 per 100.000 . Questa statistica è stata presentata alla riunione dell'American Psychiatric Association del 2018 ed è stata ampiamente dibattuta. Uno studio del Missouri State Medical Associate ha rilevato che quasi un medico muore per suicidio ogni giorno. La Physicians Foundation afferma che il 55% dei medici conosce un medico che ha considerato, tentato o morto per suicidio. Doctor's Burden: Medscape Physician Suicide Report 2023 ha chiesto a oltre 9000 medici se avessero pensieri suicidi. Il 9% dei medici uomini e l'11% delle donne hanno detto di sì. Perché così tanti medici si tolgono la vita? "Non è un fenomeno nuovo; c'era un documento 150 anni fa pubblicato in Inghilterra che commentava gli alti tassi di suicidi dei medici rispetto ad altri professionisti, e quella tendenza è continuata". La sensazione nella comunità dei medici è che i numeri siano persino più alti di quanto riportato, sfortunatamente, che è un'opinione ripresa da altri medici con cui Medscape ha parlato per questa storia. Jodie Eckleberry-Hunt, PhD, psicologa della salute certificata, coach esecutivo e autrice, afferma che il colpevole storicamente più significativo potrebbe essere una mentalità rigida che hanno molti medici. "C'è il bianco e nero, c'è una risposta giusta e una risposta sbagliata, c'è il bene e il male, e alcuni medici hanno davvero difficoltà a essere flessibili. La flessibilità psicologica è alla base della resilienza, è protettiva. La vita non andrà sempre bene. Devi essere in grado di fletterti e adattarti, e alcuni medici (non tutti, ovviamente ) tendono ad essere inferiori sulla flessibilità cognitiva." "I medici tendono a non parlare di ciò che li preoccupa, e questo per molte ragioni diverse. Tendono in modo sproporzionato ad essere bravi ad aiutare altre persone ma non a ricevere aiuto". Inoltre, c'è una pentola a pressione dove lavorano. Fern non pensa che qualcuno sosterrebbe che il sistema sanitario negli Stati Uniti è disfunzionale, almeno in una certa misura. Dice che questa disfunzione agisce come la pentola a pressione dei medici. Aggiungi circostanze, culture e problemi quotidiani che tutti hanno, come problemi relazionali, problemi genitoriali e problemi di salute mentale. Quindi, aggiungi la minore resilienza di un individuo, l'incapacità di ricevere aiuto e una situazione difficile per buona misura: una perdita, un divorzio o problemi finanziari, ad esempio, che possono sopraffare. "Alcune persone pensano che ci sia una ragione per il suicidio, ma spesso c'è uno spettro di ragioni; alcuni medici stanno cercando di sfuggire al dolore emotivo. Per altri, può essere la paura o una vendetta, tipo, al diavolo te, mi ucciderò. Poi c'è la componente organica, come il trauma cerebrale, lo squilibrio cerebrale, la depressione, l'ansia o il disturbo bipolare. E infine, un problema di droga o alcol. "Ma il motivo per cui il suicidio del medico è elevato, penso, è perché c'è questo ethos intorno al silenzio e, ' Ascolterò e risolverò i problemi di tutti gli altri, ma non raggiungerò e chiederò aiuto per il mio '". "Se approfitti dei servizi di salute mentale, stai insinuando che sei malato di mente. E la maggior parte dei medici non lo farà." Eckleberry-Hunt pensa che il messaggio sia stato pasticciato nel settore sanitario. Tutti discutono di burnout, meditazione, cura di sé e altri costrutti essenziali. "Ma non ci occupiamo della causa principale [del suicidio]. Invece, ti insegniamo strategie calmanti." Inoltre, Jaiswal afferma che non tutti i medici che si suicidano sperimentano il burnout o stanno vivendo il burnout e che la stragrande maggioranza dei medici che sperimentano il burnout non ha ideazione suicidaria. "Nel senso, che 'affrontiamo il burnout del medico e che, si spera, si tradurrà in un numero ridotto di suicidi del medico' - c'è un'argomentazione molto tenue da sostenere perché questo è solo un aspetto di questo complesso sistema... ,". Eckleberry-Hunt afferma che "anche se avessi un programma di benessere legittimo e ben finanziato per gli operatori sanitari, avresti comunque un tasso di base di suicidi medici, e questo si riduce all'educazione alla droga e all'alcol e al parlare di avere un sistema per l'accesso dei medici che non viene fornito con la fatturazione dell'assicurazione". "Per la maggior parte delle persone, c'è ancora una grande sfiducia nel sistema. Come medici, pochissimi di loro sentono che il sistema in cui stanno operando ha a cuore il loro miglior interesse. Ed è per questo che pochissimi medici si autodichiareranno qualsiasi problema di salute mentale, depressione o persino ideazione a colleghi, superiori o manager; la cosa più importante che il sistema deve fare sia riconquistare la fiducia del medico". Edited March 18 by mario61 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted March 18 Author Share Posted March 18 Integrazione di vitamina D collegata a un minor numero di tentativi di suicidio L'integrazione orale di vitamina D ha quasi dimezzato i tassi di suicidio e autolesionismo intenzionale in uno studio sui veterani statunitensi, con un effetto ancora più forte tra i veterani neri. Lo studio di coorte retrospettivo ha anche mostrato che dosaggi giornalieri più elevati di integratori di vitamina D sembravano offrire una maggiore protezione contro il rischio di suicidio e autolesionismo rispetto a dosi più basse, che l'effetto era maggiore tra quelli con carenza o insufficienza di vitamina D al basale e che sia la vitamina D2 ( gli integratori di ergocalciferolo) e D3 (colecalciferolo) si sono dimostrati efficaci. "In quanto farmaco relativamente sicuro, facilmente accessibile e conveniente, l'integrazione con vitamina D nella [Veterans Administration] può essere promettente se confermata negli studi clinici per prevenire tentativi di suicidio e suicidio", scrivono Jill E. Lavigne, PhD e Jason B. Gibbons, PhD, nel loro studio, pubblicato online il 1° febbraio su PLoS One.https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0279166Un terzo dei militari è carente di vitamina D, con livelli di 25-idrossivitamina D [25(OH)D] inferiori a 20 ng/mL "C'è stata almeno qualche indicazione sulla vitamina D come potenziale integratore per la depressione e che le persone gravemente depresse hanno avuto maggiori benefici. Quindi, è possibile che parte di ciò che stiamo vedendo con questi grandi effetti sia in qualche modo condizionato dal fatto che questa popolazione sia più gravemente depressa al basale". Chiesto di commentare, Michael F. Holick, MD, PhD, professore di medicina, Boston University Chobanian & Avedisian School of Medicine, Massachusetts, ha dichiarato a Medscape Medical News: "questa è una pubblicazione incredibilmente importante per una serie di motivi. Per prima cosa, è un numero enorme". Holick ha notato che c'è stata controversia in letteratura sul fatto che la vitamina D2 (ergocalciferolo) sia efficace quanto la D3 (colecalciferolo), ma che questo studio conferma il suo lavoro precedente dimostrando che hanno la stessa attività. "Questo ora dimostra anche che la vitamina D2 è efficace quanto la vitamina D3 in questo caso di riduzione del rischio di suicidio"; "Quando guardiamo i grafici che mostrano il tasso di suicidi rispetto ai controlli, è drammatico ... un rischio ridotto di quasi il 50% ... Questo studio è molto potente". Per i veterani con livelli basali di vitamina D nel sangue di 20-39 ng/mL, mentre l'associazione complessiva non era significativa, l'integrazione di vitamina D3 è stata associata a una significativa riduzione del 9,6% nel tentativo di suicidio e nel rischio di autolesionismo per ogni punto percentuale aggiuntivo di aumento dosaggio medio giornaliero.Tra quelli con sufficienza di vitamina D (≥ 40 ng/mL), non vi erano associazioni significative complessive o dose-risposta con la vitamina D2 o D3 e il rischio di suicidio/tentativo di autolesionismo. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted March 18 Author Share Posted March 18 COVID aumenta il rischio di complicanze gastrointestinali a lungo termine Le persone che hanno avuto il COVID-19 hanno un rischio complessivo più elevato del 36% di sviluppare problemi gastrointestinali (GI) nell'anno successivo all'infezione rispetto alle persone che non hanno avuto la malattia, indica un nuovo ampio studio. I ricercatori stimano che, finora, le infezioni da SARS-CoV-2 abbiano contribuito a oltre 6 milioni di nuovi casi di disturbi gastrointestinali negli Stati Uniti e 42 milioni di nuovi casi in tutto il mondo. Segni e sintomi di problemi gastrointestinali, come costipazione e diarrea, erano anche più comuni tra i pazienti che avevano avuto il virus, secondo lo studio. "Complessivamente, i nostri risultati mostrano che le persone con infezione da SARS-CoV-2 sono a maggior rischio di disturbi gastrointestinali nella fase post-acuta di COVID-19". "L'assistenza post-COVID dovrebbe comportare attenzione alla salute e alle malattie gastrointestinali". I risultati sono stati pubblicati online su Nature Communications. 7/3/2023https://www.nature.com/articles/s41467-023-36223-7.pdf Lo studio ha incluso pazienti COVID ospedalizzati e non ospedalizzati. La maggior parte della popolazione dello studio era di se**o maschile, ma lo studio ha incluso quasi 1,2 milioni di pazienti di se**o femminile. Rispetto alle persone di controllo, l'aumento del rischio di diagnosi gastrointestinale dei pazienti post-COVID e il carico di malattia in eccesso a 1 anno, rispettivamente, erano i seguenti: - 102% per colangite; 0,22 per 1000 persone - 62% per ulcera peptica; 1,57 per 1000 persone - 54% per la sindrome dell'intestino irritabile (IBS); 0,44 per 1000 persone - 47% per gastrite acuta; 0,47 per 1000 persone - 46% per pancreatite acuta; 0,6 per 1000 persone - 36% per dispepsia funzionale; 0,63 per 1000 persone - 35% per malattia da reflusso gastroesofageo; 15,5 per 1000 persone I pazienti che avevano avuto il virus erano a più alto rischio di sintomi gastrointestinali rispetto ai loro coetanei senza COVID. Il loro rischio era del 60% più alto per la stitichezza, il 58% per la diarrea, il 52% per il vomito, il 46% per il gonfiore e il 44% per il dolore addominale.Il rischio è aumentato con la gravità del COVID-19 ed è stato più alto per coloro che hanno ricevuto cure intensive a causa del virus. È difficile dire ai pazienti per quanto tempo potrebbero durare i loro sintomi gastrointestinali dopo il COVID, dato il tempo relativamente breve che i ricercatori hanno avuto a disposizione per studiare il virus. I sintomi che vede nei pazienti dopo il COVID imitano quelli dell'IBS ( irritable bowel syndrome) postinfettiva, che secondo la letteratura potrebbe durare per mesi o anni. "Ma dovrebbero migliorare nel tempo". "Tuttavia anche le persone che hanno contratto l'infezione da SARS-CoV-2 da marzo 2020 stanno ancora tornando per problemi gastrointestinali", ha detto. A differenza di altri sintomi di COVID lungo, come la nebbia del cervello, fortunatamente i gastroenterologi sanno come trattare i disturbi gastrointestinali che si evolvono dall'infezione da SARS-CoV-2. Tutti gli operatori sanitari "devono pensare a COVID come fattore di rischio per tutte queste malattie" e dovrebbero chiedere ai pazienti dell'infezione da SARS-CoV-2 quando raccolgono le loro anamnesi. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted March 19 Author Share Posted March 19 Quanto dura il COVID? un'analisi retrospettiva dei calciatori in due importanti campionati europei.https://doi.org/10.1101/2023.03.11.23287138 14 marzo 2023. L'obiettivo di questo studio era indagare la correlazione tra infezione da SARS-CoV-2 e lesioni muscolari in un ampio campione di calciatori professionisti. Questo studio di coorte retrospettivo ha rivelato un'associazione significativa tra infezione da SARS-CoV-2 e aumento del rischio di lesioni muscolari, sottolineando l'importanza di considerare attentamente l'infezione nel processo decisionale per determinare la prontezza degli atleti a tornare allo sport. I giocatori di football sono più inclini a lesioni muscolari dopo l'infezione da COVID-19? Lo “Studio Infortuni Italiani” durante il Campionato di Serie A Int. J. Ambiente. Ris. Sanità pubblica 2023, 20(6), 5182; https://www.mdpi.com/1660-4601/20/6/5182 15 marzo 2023 Il calcio è stato il primo sport a riprendere le competizioni dopo il blocco della malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) e prontamente è stata sollevata l'ipotesi di una potenziale relazione tra l'infezione da sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus 2 (SARS-CoV-2) e lesioni muscoloscheletriche negli atleti . Questo studio mirava a confermare l'associazione tra infezione da SARS-CoV-2 e lesioni da stiramento muscolare in un'ampia popolazione di giocatori di calcio d'élite e a indagare se il livello di gravità del COVID-19 potesse influenzare il rischio di lesioni. Una percentuale significativamente più alta di lesioni della giunzione muscolo-tendinea (40,6% vs. 27,1%) è stata riscontrata confrontando il livello II/III rispetto al non-COVID-19. Questo studio conferma la correlazione tra infezione da SARS-CoV-2 e lesioni muscolari indirette ed evidenzia come la gravità dell'infezione rappresenterebbe un ulteriore fattore di rischio. Strain longitudinale globale del ventricolo sinistro come parametro di lieve disfunzione miocardica negli atleti dopo COVID19https://doi.org/10.1101/2023.03.14.23287258 15 marzo 2023 Non è chiaro se la compromissione della funzione ventricolare sinistra (LV) contribuisca a sintomi cardiopolmonari persistenti o a una ridotta capacità di esercizio dopo il COVID-19. Lo scopo di questo studio prospettico era determinare le differenze nella deformazione longitudinale globale LV (GLS) tra gli atleti che non avevano una storia di disfunzione LV ma avevano un test COVID-19 positivo (PCAt) e gli atleti di controllo sani (CON) e metterli in relazione ai sintomi durante il COVID-19. Il GLS era significativamente inferiore e la funzione diastolica significativamente ridotta. Non c'era alcuna associazione tra GLS e sintomi acuti come dispnea a riposo, dispnea da sforzo durante o dopo COVID-19, palpitazioni, dolore toracico o aumento della frequenza cardiaca a riposo. Tuttavia, c'è stata una tendenza verso un GLS inferiore in PCAt con limitazione delle prestazioni percepita soggettivamente. In una coorte di atleti a una mediana di due mesi dopo COVID-19, sono stati osservati GLS e funzione diastolica significativamente inferiori, suggerendo una lieve disfunzione miocardica. GLS potrebbe essere utilizzato come elemento di screening durante gli esami di ritorno allo sport. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted March 19 Author Share Posted March 19 Esercizio di resistenza e relazione con l'aterosclerosi coronarica European Heart Journal, ehad152, https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehad152 06 marzo 2023 L'impatto della partecipazione a sport di resistenza a lungo termine (oltre a uno stile di vita sano) sull'aterosclerosi coronarica e sugli eventi cardiaci acuti rimane controverso. I primi studi hanno indicato che la regolare partecipazione a sport di resistenza fornisce una relativa immunità dalla cardiopatia ischemica. Eppure, studi più recenti hanno riportato un aumento della prevalenza di placche aterosclerotiche coronariche tra atleti altamente allenati rispetto a non atleti sani. Inoltre, questi studi hanno evidenziato una differenza relativa nella composizione della placca con una maggiore probabilità di calcificazione più stabile delle placche negli atleti rispetto ai non atleti in cui il tipo di placca era più frequentemente misto. Tuttavia, i dati sulla prevalenza assoluta di placche coronariche calcificate e non calcificate in atleti mancano. Una migliore comprensione dell'intervallo superiore della relazione dose-risposta tra esercizio e malattia coronarica è auspicabile data la popolarità degli sport di resistenza intensivi nella società moderna. L'esercizio fisico regolare migliora il controllo della pressione sanguigna, i profili lipidici e riduce l'incidenza di diabete e infarto del miocardio e aumenta l'aspettativa di vita. Gli sport di resistenza non mostrano di offrire una protezione aggiuntiva contro l'aterosclerosi coronarica rispetto a uno stile di vita attivo, sano. Al contrario, gli atleti di mezza età avevano più placche coronariche, comprendente placche non calcificate più instabili nei segmenti prossimali. I risultati non supportano l'ipotesi che gli atleti di resistenza altamente allenati abbiano una composizione della placca più benigna per spiegare il loro minor rischio di eventi cardiovascolari rispetto ai non atleti. Mancando studi sull'impatto dell'attività fisica, i dati aprono la questione se gli eventi coronarici siano effettivamente meno prevalenti in questa fascia alta di esercizio, e se è così, cosa spiega il paradosso. La partecipazione a sport di resistenza per tutta la vita non è associata a una composizione della placca coronarica più favorevole rispetto a uno stile di vita sano. Gli atleti di resistenza per tutta la vita avevano più placche coronariche, comprese più placche non calcificate nei segmenti prossimali, rispetto a individui in forma e sani con un profilo di rischio cardiovascolare altrettanto basso. È necessaria una ricerca longitudinale per conciliare questi risultati con il rischio di eventi cardiovascolari all'estremità superiore dello spettro degli esercizi di resistenza. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
SauroClaudio Posted March 20 Share Posted March 20 ALIMENTAZIONE CON SOLA CARNE , CON RISO E CON SOLO LATTE ùL’esperimento di Vilhjalmur Stefansson e di Andersen: solo carne ed acqua per un anno… Pochi di noi avrebbero osato prendere entrambi gli approcci al loro estremo! Dare lo zucchero e il grano è una cosa, ma che cosa significa rinunciare a tutto, tranne la carne? Sì, sto parlando di una dieta a basso contenuto di carboidrati ma anche senza cibi come le noci e le bacche. Sorprendentemente e comprensibilmente, gli studi sugli effetti a lungo termine di una tale dieta sono gravemente carenti. Potreste aver sentito parlare del Dr. Vilhjalmur Stefansson, l’etnologo canadese che ha trascorso più di un decennio con gli Inuit durante le sue esplorazioni artiche all’inizio del secolo scorso. Per nove di questi anni, ha vissuto quasi esclusivamente mangiando pesce e carne. All’epoca, questa alimentazione era considerata eretica e pericolosa per la vita, proprio come lo è oggi (si noti che Stefansson si riferisce sia al pesce che alla carne con la parola carne. Vi riporto tutta la sua straordinaria esperienza che è raccolta in questo sito: https://www-mendosa-com.translate.goog/stefansson1.htm... Riporterò solo una parte: “”La convinzione che dovevo trovare fondamentale nel mio lavoro nell’artico, facendo la differenza tra il successo e il fallimento, la vita e la morte, era la visione che l’uomo non può vivere solo di carne. I pochi medici e dietologi che pensavano di poter essere considerati non ortodossi se non ciarlatani. Gli argomenti spaziano dalla metafisica alla chimica: l’uomo non aveva intenzione di essere carnivoro – sapevate che esaminare i denti, il suo stomaco e il suo racconto biblico. Come accennato, avrebbe contratto lo scorbuto se non avesse mangiato le verdure con la carne. I reni sarebbero stati rovinati dal sovraccarico. Ci sarebbero stati avvelenamenti da proteine e, in generale, un inferno di malattie (ndr. proprio quello che dicono oggi i vari vegetariani/vegani).”” Per il resto potrete leggervi la sua esperienza ( che è assai lunga nel sito sopra). Per il resto posso dire: La carne utilizzata comprendeva carni bovine, agnello, vitello, maiale e pollo. Le parti utilizzate erano il muscolo, il fegato, il rene, il cervello, il midollo osseo, la pancetta e il grasso. Così, il grasso giocò un ruolo importante nelle loro diete. Secondo gli autori, Andersen di solito mangiava carne bovina, mentre Stefansson gradiva di più l’agnello. Entrambi gli uomini mangiavano circa 800 grammi di carne al giorno in 3-4 pasti. Il contenuto proteico variava da 100 a 140 grammi, il grasso da 200 a 300 grammi e carboidrati da 7 a 12 grammi. Dal punto di vista calorico, le percentuali erano del 15-25% di proteine, 75-85% di grassi e 1-2% di carboidrati (ndr. ovviamente i due esploratori mangiavano a sazietà. Pertanto il calcolo delle calorie rimane un inutile esercizio per malati di mente). I carboidrati venivano esclusivamente dal glicogeno della carne, rendendo questo non un bassissimo contenuto di carboidrati. Oltre all’acqua, caffè e tè non fu ammesso altro durante tutto il periodo. Gli esami alla fine dell’osservazione mostrarono che entrambi gli uomini erano sani e furono sani anche durante l’intero follow-up. Gli autori scrivono: Non esistevano evidenze soggettive o obiettive di una perdita di vigore fisico o mentale. I denti non mostravano deterioramento e la gengivite era scomparsa. C’era però un aumento del deposito del tartaro sui denti di [Stefansson]. L’eliminazione delle feci dell’intestino era regolare. (ndr. Stefansson soffriva di gengivite. Questa era scomparsa durante l’esperimento. Tornò velocemente quando egli tornò su una dieta di tipo occidentale) Anche se nessuno era in sovrappeso all’inizio dell’esperimento e la perdita di peso non era l’obiettivo dell’esperimento, entrambi gli uomini persero qualche chilo durante l’anno. CHE DIRE???.L'ALIMENTAZIONE CON SOLA CARNE È RIVOLUZIONARIA COME L'ALIMENTAZIONE CON SOLO RISO DI KEMPNER ANCHE SE SONO L'ALFA E L'OMEGA. DAL MOMENTO CHE QUESTE SONO REALTÀ E NON INVENZIONI COME INTERPRETARE IL TUTTO?? COME PUÒ UN ORGANISMO STAR BENE MANGIANDO PER MESI SOLA CARNE O SOLO RISO?? ALFA ED OMEGA. IO A QUESTO PUNTO CREDO CHE L'ORGANISMO ABBIA UN ADATTAMENTO INCREDIBILE A QUALSIASI TIPO DI ALIMENTAZIONE (MI È CAPITATA UNA DONNA DI 50 ANNI CHE DALL'ETÀ DI 18 ANNI BEVEVA SOLO LATTE PERCHÈ ERA L'UNICO ALIMENTO CHE TOLLERAVA (A 18 ANNI AVEVA BEVUTO UN LITRO DI VARECCHINA BRUCIANDOSI LO STOMACO: STAVA BENE E TUTTI GLI ESAMI ERANO NORMALI)). ED ALLORA CREDO CHE DOVREMO RIVEDRE MOLTE DELLE NOSTRE CONVINZIONI. PER CURIOSITÀ RIPORTO LA DIETA DI RISO: E’ RIVOLUZIONARIO QUESTO SITO RISPETTO ALLE CREDENZE ATTUALI: https://www.drmcdougall.com/.../walter-kempner-md.../In pratica lo traduco: WALTER KEMPNER, MD - FONDATORE DELLA DIETA DEL RISO Kempner, medico e ricercatore, è il padre della moderna terapia dietetica e creatore della dieta del riso. Tutti coloro che hanno seguito le sue orme, tra cui Nathan Pritikin, Dean Ornish, Neal Barnard, Caldwell Esselstyn e me stesso, devono rendere omaggio a quest'uomo e al suo lavoro. Il programma Kempner's Rice Diet è iniziato alla Duke University di Durham, nel North Carolina, nel 1939. Il trattamento era una semplice terapia di riso bianco (neppure integrale), frutta, succo e zucchero ed era riservato solo ai pazienti più gravi. Sebbene a basso contenuto tecnologico, i benefici della dieta del riso superano di gran lunga quelli di qualsiasi farmaco o intervento chirurgico mai prescritto per condizioni croniche, tra cui malattia coronarica, insufficienza cardiaca e renale, ipertensione, diabete, artrite e obesità. Originariamente utilizzato solo per brevi periodi di tempo e sotto stretta supervisione a causa di preoccupazioni sulle carenze nutrizionali, la ricerca successiva ha dimostrato che la dieta del riso è sicura e nutrizionalmente adeguata per la stragrande maggioranza dei pazienti. Un importante passo avanti avvenne per caso nel 1942, quando uno dei pazienti del Dr. Kempner, una donna della Carolina del Nord di 33 anni con glomerulonefrite cronica (malattia renale) e papilledema (malattia degli occhi) non seguì le sue istruzioni di ritornare dopo due settimane. A causa del forte accento tedesco del dottor Kempner, ha frainteso le sue istruzioni di tornare tra due settimane e, dopo due mesi, è finalmente tornata con la sola dieta di riso, senza segni di deficienza, ma piuttosto con una buona salute. La donna aveva sperimentato una drastica riduzione della pressione sanguigna, da 190/120 a 124/84 mmHg, la risoluzione dei danni agli occhi (emorragia retinica e papilledema) e una diminuzione notevole della dimensione del cuore. Dopo questa esperienza, il Dr. Kempner ha iniziato a trattare i suoi pazienti per lunghi periodi di tempo e ha ampliato le indicazioni da soli problemi gravi (glomerulonefrite e ipertensione maligna) a pazienti con malattie relativamente minori, come ipertensione di routine (160/100 mmHg), mal di testa, stanchezza cronica, dolori al petto, edema, xantoma, pseudo tumore cerebri e psoriasi. Documenti medici di Walter Kempner Durante la sua carriera, i colleghi professionisti volevano che il Dr. Kempner istituisse studi randomizzati e controllati. Tuttavia, negli studi progettati in questo modo, metà dei pazienti viene curata e la metà non viene curata. La sua etica medica non gli avrebbe permesso di negare la sua comprovata terapia dietetica a nessuno; quindi, ha rifiutato. Inoltre, ha giustamente sottolineato che ogni paziente ha svolto il proprio controllo. Il Dr. Kempner ha documentato i benefici dei suoi trattamenti monitorando i loro cambiamenti in colesterolo, pressione sanguigna, glicemia e peso corporeo, così come con le immagini. Ad esempio, i suoi registri hanno mostrato che il 93% dei pazienti con un colesterolo elevato ha beneficiato di una riduzione media da 273 mg / dL prima del trattamento a 177 mg / dL dopo. Queste riduzioni di colesterolo sono maggiori di quelle normalmente osservate con potenti statine e senza costi e rischi. I suoi numeri mostravano anche come una dieta ricca di carboidrati migliorasse gli zuccheri nel sangue e il diabete di tipo 2, spesso guarito. I seguenti sono esempi tipici dei benefici che il Dr. Kempner ha osservato dalla Dieta del Riso: Riduzione dell'obesità massiva: in un articolo sono stati riportati i risultati di 106 pazienti gravemente obesi trattati come pazienti ambulatoriali con la dieta del riso, esercizio fisico e miglioramento motivazionale sotto supervisione quotidiana. La perdita di peso media era di 63,9 kg (141 sterline). Il peso normale è stato raggiunto da 43 dei pazienti. Curare l'ipertensione grave. All'inizio, il Dr. Kempner trattava solo pazienti con condizioni quasi fatali, come l'ipertensione maligna (pressioni sanguigne nella gamma di 220/120 mmHg). In questa condizione di emergenza le persone spesso soffrivano di insufficienza cardiaca e renale e danni agli occhi (con emorragie retiniche, essudati e papilledema). Oggi tali pazienti vengono trattati con potenti farmaci e chirurgia dell'occhio del laser, con rischi e costi molto maggiori e con molti meno benefici. Il trattamento sicuro ed efficace della dieta del riso per i danni agli occhi e ai reni è stato ampiamente dimenticato. Fermare emorragie ed essudati. Gli occhi sono una finestra sulla condizione del sistema dei vasi sanguigni e degli organi principali in tutto il corpo. Osservando (con un oftalmoscopio) nella parte posteriore dell'occhio (retina) un medico può effettivamente vedere un danno continuo, che non è limitato all'occhio, ma sta anche accadendo nei reni e in tutti gli altri tessuti. Le foto della retina mostrano come la Dieta del Riso blocca il sanguinamento (emorragia) e la fuoriuscita (essudato) dai vasi sanguigni. Questo serve come una dimostrazione drammatica della capacità del corpo di guarire dato l'ambiente favorevole di una dieta sana. Inversione della malattia cardiaca. Il restringimento delle arterie cardiache (coronarie) dovuto all'aterosclerosi (un risultato della dieta occidentale) causa dolori al petto (angina) e cambiamenti nell'elettrocardiogramma (ECG che presentano onde "T" invertite). La dieta del riso allevia i dolori al petto e corregge le anormalità dell'ECG. In altre parole, la dieta del riso può curare la malattia cardiaca comune, che colpisce più della metà degli americani. I cardiologi dei nostri giorni prescrivono di routine la chirurgia cardiaca per le arterie bloccate, con costi e rischi molto maggiori e molti meno benefici. Trattamento dell'insufficienza cardiaca e renale. Negli ultimi stadi della malattia, la dieta occidentale causa il fallimento degli organi principali, inclusi cuore, reni, fegato e cervello. L'ingrandimento del cuore, come visto su una radiografia del torace, è un classico segno di insufficienza cardiaca. La Dieta del Riso fa sì che i cuori ingrossati tornino alle dimensioni e alle funzioni normali. Anche la funzionalità renale migliora notevolmente, così come il paziente in generale. Le componenti della dieta del riso * Il riso secco da 250 a 350 grammi al giorno costituisce la base della dieta. Qualsiasi tipo di riso viene utilizzato fino a quando non contiene latte o sale. Il riso è bollito o cotto a vapore in acqua normale o succo di frutta, senza sale, latte o grasso. (Una tazza di riso bianco secco pesa circa 200 grammi e contiene circa 13 grammi di proteine, 150 grammi di carboidrati, 1 grammo di grassi e 700 calorie.) * L'assunzione di calorie è di solito da 2.000 a 2.400 calorie al giorno. L'assunzione varia in base alle condizioni del paziente: le persone sottopeso ricevono più calorie e viceversa. * Sono ammessi succhi di frutta e frutta. * I frutti secchi possono essere utilizzati finché non è stato aggiunto altro che zucchero. * Lo zucchero bianco può essere usato a piacere (ad libitum); in media un paziente assorbe circa 100 grammi al giorno (400 calorie) ma, se necessario (per mantenere il peso corporeo), vengono utilizzati fino a 500 grammi (2000 calorie) al giorno (questo ha dello sbalorditivo perchè significa che lo zucchero bianco non centra un cavolo con il diabete e visti i risultati non ha nessuna azione pro-infiammatoria) * Nessun avocado, date o noci. * Nessun succo di pomodoro o vegetale. * Le vitamine supplementari sono aggiunte nelle seguenti quantità: vitamina A 5.000 unità, vitamina D 1.000 unità , tiamina cloruro 5 mg, riboflavina 5 mg, niacinamide 25 mg, calcio pantotenato 2 mg (forse sono queste che hanno funzionato). (Tuttavia, nessuno dei pazienti con la dieta del riso durante i cinque mesi di trattamento ha mostrato segni (epiteliali, neurali o metabolici) per far sospettare una carenza vitaminica (inoltre vedo che aggiunge tutte le vitamine presenti nel riso integrale) * L'adattamento alla dieta richiede circa due mesi. * L'esercizio è incoraggiato. Il riposo a letto è consigliato solo in condizioni severe. * L'assunzione di acqua è limitata in alcuni pazienti gravemente malati a meno di 1,5 litri (6 tazze) al giorno per prevenire l'intossicazione da acqua e gli squilibri elettrolitici. * Alcuni pazienti con malattia renale non possono tollerare la dieta a causa della loro incapacità di conservare i minerali. * Una volta che la salute del paziente è tornata, è possibile aggiungere piccole quantità di verdure non leguminose, patate, carne magra o pesce (tutte preparate senza sale o grasso). Tuttavia, se queste aggiunte comportano conseguenze avverse (aumento della pressione sanguigna, ingrossamento del cuore, alterazioni anomale dell'elettrocardiogramma, peggioramento delle condizioni renali o oculari, ecc.), La Dieta basica del Riso, senza modifiche, deve essere continuata. * Un medico competente in terapia dietetica dovrebbe seguire chiunque abbia bisogno della dieta del riso. I pazienti malati necessitano di una supervisione più stretta. La ripartizione dei nutrienti è circa da 2000 a 2400 calorie al giorno (a seconda del peso corporeo del paziente): 95% di carboidrati, 4-5% di proteine (da 20 a 25 grammi), 2-3% di grassi (il riso è relativamente alto nel grasso essenziale acido linoleico), 140 milligrammi di calcio e 150 milligrammi di sodio al giorno. Per una perdita di peso più rapida ed efficace, le calorie sono limitate. Perché il riso bianco e lo zucchero da tavola? Uno dei motivi per cui Kempner scelse il riso era perché credeva che le proteine del riso fossero facilmente assimilabili e che non ci fossero preoccupazioni per ottenere una quantità sufficiente di amminoacidi essenziali. (Questa adeguatezza e completezza delle proteine non è limitata al riso, ed è vera per tutti gli amidi, compresi mais, patate e patate dolci.) Scelse il riso piuttosto che un altro amido perché ai suoi tempi quasi la metà della popolazione mondiale consumava grandi quantità quantità di riso (a volte il riso costituiva dall'80% al 90% della loro dieta). Il riso bianco, a differenza del riso integrale marrone, era usato perché era considerato più appetibile per il grande pubblico ed era più facilmente disponibile. Il riso bianco puro contiene circa l'8% delle calorie in proteine. L'aggiunta di zuccheri semplici porta il contenuto proteico della dieta di riso al 5% o meno delle calorie totali. Il corpo ha bisogno solo di una piccola quantità di proteine al giorno (meno del 5% delle calorie dal cibo). Il fegato e i reni devono elaborare ed eliminare qualsiasi proteina consumata oltre i requisiti di base, causando un lavoro extra e spesso danni agli organi. L'aggiunta di zucchero da tavola bianco aggiunge calorie senza proteine e grassi. Frutta e succhi sono anche ricchi di zuccheri (carboidrati) e povere di grassi e proteine. I principali benefici della dieta del riso si ottengono allentando il carico di lavoro su tessuti e organi compromessi, fornendo loro energia pulita da carboidrati e zuccheri evitando i comuni veleni alimentari come sale, grassi, colesterolo e proteine animeali. In un ambiente così favorevole, i poteri curativi del corpo possono superare i danni una volta causati da cibi malsani. Dr. Kempner ha aggiunto multivitaminici, che possono essere necessari a causa di tutti i cibi raffinati serviti. L'utilizzo di cibi integrali (in particolare la dieta a base di amido McDougall), piuttosto che il riso bianco e lo zucchero, fornisce tutte le vitamine e i minerali necessari. Non sono raccomandati supplementi diversi dalla vitamina B12. La dieta del riso oggi Dopo quasi 70 anni, nel 2002 la Duke University ha interrotto la sua relazione con la dieta del riso. Il programma di dieta del riso, tuttavia, ha continuato a funzionare indipendentemente fino all'autunno del 2013 sotto la direzione di Robert Rosati, MD, quando è stato chiuso per motivi di lavoro. Kitty Rosati (con suo marito, Robert) ha pubblicato diversi libri nazionali molto venduti sulla dieta del riso. Francis Neelon, MD, ex direttore medico della Rice Diet, si è unito agli interessi commerciali per ristabilire la Dieta del Riso, e ha in programma di aprire una struttura ambulatoriale a Durham, in California, a partire da febbraio 2014. Uno dei collaboratori più stretti del Dr. Kempner, Barbara Newborg, MD, ha recentemente pubblicato una vasta biografia sul padre della moderna terapia dietetica, Walter Kempner e la Dieta del Riso: Challenging Conventional Wisdom. La dieta McDougall contro la dieta del riso Walter Kempner, MD è stato molto influente nella mia carriera. Il suo lavoro pubblicato mi ha mostrato il potere della terapia dietetica e che le carenze nutrizionali non si verificano con diete a base di piante semplici (anche con l'aggiunta di un sacco di zucchero). Anche prima che io nascessi, il Dr. Kempner aveva confutato concetti che sono ancora considerati veri dalla maggior parte dei medici di oggi, come "la dieta ha poco a che fare con le malattie cardiache", "le proteine aggiuntive migliorano la salute" e "i carboidrati causano il diabete" “. Mi trovo a raccomandare la dieta del riso più volte all'anno ai pochi pazienti che vedo sull'orlo del fallimento completo del cuore o dei reni. Altrimenti, raccomando la dieta McDougall (una dieta a base di amido con frutta e verdure non amidacee insieme a sale e zucchero per gli aromi) a quasi tutti i miei pazienti. Non è necessario fare scuse per servire pasta e salsa marinara, burritos di fagioli, riso e verdure cinesi. La dieta che raccomando, la dieta McDougall, è per vivere. La dieta del riso è quella che riservo ai "quasi morti". Sono grato ogni giorno per i contributi di Walter Kempner alla scienza medica. Sfortunatamente, poiché i profitti, piuttosto che il benessere dei pazienti, dettano la pratica medica comune, la terapia dietetica rimane non apprezzata e praticamente sconosciuta. McDougall Mailings McDougall Foundation La nostra fondazione senza scopo di lucro ha finanziato uno studio sul trattamento dietetico della sclerosi multipla (SM) con l'Oregon Health & Science University. Il nostro secondo progetto in corso è la misurazione delle variazioni dello spessore delle pareti delle arterie che si verificano a seguito della Dieta McDougall utilizzando le misurazioni degli ultrasuoni (CIMT). P.S Comunque al di la di alcune critiche la dieta con riso ha degli aspetti sconvolgenti. Di questo ci si rende conto dal commento che fa lo stesso Dott. McDougall’S che benché introduca anche altri alimenti dice” Mi trovo a raccomandare la dieta del riso più volte all'anno ai pochi pazienti che vedo sull'orlo del fallimento completo del cuore o dei reni”” E poi ancora: “La dieta del riso è quella che riservo ai "quasi morti". Quello che è più sconvolgente in questa dieta è che stravolge completamente certe convinzioni della medicina ufficiale. Vediamo le più importanti. • Il trattamento di ipertensione, aterosclerosi, diabete, retinopatia, obesità, insufficienza cardiaca, con un alimento (il riso e zucchero) che determina un forte imput insulinemico, cioè in pratica determina una forte produzione di insulina considerata dalla medicina ufficiale come deleteria sia per le malattie cronico degenerative che per i tumori. Dal momento che i risultati di guarigione ci sono stati in tutte le malattie sopraelencate significa che l’imput insulinemico è da tenere in poco conto se i recettori insulinici di membrana restano intatti. In pratica l’imput insulinemico non danneggia i recettori insulinici di membrana, ma devono essere altri i fattori che vanno a danneggiarli (ho già posto dei Post sull’azione deleteria che hanno i grassi saturi su tali recettori, e sulla carenza dello Zinco (85% della popolazione) e del Cromo 73% della popolazione) e soprattutto della Vit D (85% della popolazione). Nel mio Post precedente avevo detto che erano gli zuccheri che determinavano una perdita di Zinco e di Cromo, ma alla luce di quello che ho letto è probabile siano altri fattori che determinano una perdita di Zinco e di Cromo. Abbiamo visto anche l’importanza della Vit D nel mantenere integri tali recettori ed è molto significativo che questa venga aggiunta alla dieta di riso. • Un altro aspetto sconvolgente è che lo zucchero viene aggiunto fino a 500 gr e non determina diabete, anzi lo cura. • Per Kempner non sono i carboidrati che causano patologia ma sono, sale, grassi e PROTEINE ANIMALI; questo aspetto delle proteine animali è molto importante, perché le proteine vegetali (a meno che non si ecceda) non causano patologia (ASPETTO SOTTOLINEATO CONTINUAMENTE DALL'ONCOLOGO GIUSEPPE NACCI). In sostanza c’è una differenza sostanziale fra proteine animali e vegetali. • Per Kempner (nella persona adulta) bastano pochissime proteine per supplire al fabbisogno quotidiano, ed è meglio che tali proteine siano vegetali. In questo contesto possiamo trovare un parallelismo con quello che dice l’oncologo Dott. Giuseppe Nacci, che ha impostato la sua terapia per i tumori esclusivamente sulla dieta ipoproteica: http://www.disinform...seppe_nacci.htm . C’è da dire che il Dott. Nacci, inizialmente radiato, è stato da poco riabilitato ed ha scritto anche un libro “ 25 casi di tumore curati senza Chemioterapia” • Un altro punto importante è che Kempner è riuscito a curare ed a guarire patologia che la medicina ufficiale non sa curare, e questo con la sola dieta di riso. Se infatti ipertensione, diabete, obesità sono parzialmente curabili, la dilatazione cardiaca non è curabile con i moderni farmaci e neppure le retinopatie diabetiche. Dice testualmente Kempner: “Trattamento dell'insufficienza cardiaca e renale. Negli ultimi stadi della malattia, la dieta occidentale causa il fallimento degli organi principali, inclusi cuore, reni, fegato e cervello. L'ingrandimento del cuore, come visto su una radiografia del torace, è un classico segno di insufficienza cardiaca. La Dieta del Riso fa sì che i cuori ingrossati tornino alle dimensioni e alle funzioni normali. Anche la funzionalità renale migliora notevolmente, così come il paziente in generale” • Pure i danni renali è riuscito a curare, me lo ero dimenticato. In sostanza la spiegazione è questa “L'aggiunta di zucchero da tavola bianco aggiunge calorie senza proteine e grassi. Frutta e succhi sono anche ricchi di zuccheri (carboidrati) e povere di grassi e proteine. I principali benefici della dieta del riso si ottengono allentando il carico di lavoro su tessuti e organi compromessi, fornendo loro energia pulita da carboidrati e evitando i comuni veleni alimentari come sale, grassi, colesterolo e proteine animali. In un ambiente così favorevole, i poteri curativi del corpo possono superare i danni una volta causati da cibi malsani. Dr. Kempner ha aggiunto multivitaminici, che possono essere necessari a causa di tutti i cibi raffinati serviti” Che altro dire?? Visto che i risultati li ha ottenuti, forse dovremo ritrattare alcune nostre concezioni sulla patologia. P.S. Ora capisco perchè mio zio Ruggero è arrivato a 103 anni, mangiando in abbondanza pastine e dolci. ALIMENTAZIONE CON SOLO LATTE Proprio a me, che nel 2017 avevo scritto un Post drastico sulla tossicità del latte e dei prodotti caseari è capitata una persona che da 37 anni beve solo latte. La sua storia è questa, almeno come da lei riferita: all’età di 17 anni (ora ne ha 54) ha bevuto “per sbaglio” mezza bottiglia di Ipoclorito di Sodio (varecchina); portata in ospedale e salvata per miracolo con lavanda gastrica e pure rimasta in coma per quattro giorni, ora alla Gastroscopia la mucosa dello stomaco si presenta tutta una cicatrice fino al duodeno ed oltre. Non riesce a digerire ed a tollerare nessun alimento ad eccezione del latte del quale ne beve tre litri al giorno. Anche i formaggi fa fatica a digerirli, in particolare i formaggi stagionati. Perfino lo yogurt gli crea dei problemi. Non parliamo poi di tutti gli altri alimenti, carne, pesce, verdure che non digerisce assolutamente e se li assume gli creano dolore intestinale talvolta insopportabile. Si è recata da me per vedere se io avevo qualche rimedio, consigliata da un amica, ma io ho dovuto ammettere che un caso come il suo non mi era mai successo e che i rimedi non avrei saputo quali fossero. Fin dall’età di 17 anni, cioè quando è uscita dall’ospedale, si è aiutata con degli integratori di vitamine ed oligoelementi (tipo Supradin). Ho cercato di visitarla accuratamente, ed ho trovato che la sua salute è buona, non è andata neppure soggetta alle influenze invernali. Pure la dentatura è buona (del resto nel Supradin c’è anche Vit D). Aveva fatto degli esami e pure i Marker dell’infiammazione erano nella norma, il che significa che la caseina non causa nessun processo infiammatorio .Proprio a me è capitata una persona che da 37 anni beve solo latte, credo sia l’unica in Italia e forse nel mondo, e per giunta in buona salute. E’ proprio vero, molto spesso ci si creano idee errate, o forse tutto è estremamente soggettivo, come la vecchietta di 103 anni che fumava il toscano dall’età di 20 anni (episodio che ho già raccontato) senza sviluppare nessun tumore polmonare. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted Thursday at 05:51 PM Author Share Posted Thursday at 05:51 PM Più magnesio nella nostra dieta quotidiana porta a una migliore salute del cervello con l'avanzare dell'età, secondo gli scienziati del Neuroimaging and Brain Lab dell'Australian National University (ANU). La ricerca è stata pubblicata sull'European Journal of Nutrition. 10/03/2023 https://link.springer.com/article/10.1007/s00394-023-03123-x I ricercatori affermano che una maggiore assunzione di alimenti ricchi di magnesio come spinaci e noci potrebbe anche aiutare a ridurre il rischio di demenza, che è la seconda causa di morte in Australia e il settimo più grande killer a livello globale. Lo studio su oltre 6.000 partecipanti cognitivamente sani nel Regno Unito di età compresa tra 40 e 73 anni ha rilevato che le persone che consumano più di 550 milligrammi di magnesio ogni giorno hanno un'età cerebrale che è circa un anno più giovane quando raggiungono i 55 anni rispetto a qualcuno con un normale assunzione di magnesio di circa 350 milligrammi al giorno. "Lo studio mostra che un aumento del 41% dell'assunzione di magnesio potrebbe portare a un minore atrofia del cervello correlato all'età, che è associato a una migliore funzione cognitiva e a un rischio inferiore o all'insorgenza ritardata della demenza in età avanzata". "Questa ricerca evidenzia i potenziali benefici di una dieta ricca di magnesio e il ruolo che svolge nel promuovere una buona salute del cervello". Si ritiene che il numero di persone in tutto il mondo a cui verrà diagnosticata la demenza dovrebbe più che raddoppiare, passando da 57,4 milioni nel 2019 a 152,8 milioni nel 2050, mettendo a dura prova i servizi sanitari e sociali e l'economia globale. "Poiché non esiste una cura per la demenza e lo sviluppo di trattamenti farmacologici non ha avuto successo negli ultimi 30 anni, è stato suggerito che si dovrebbe rivolgere maggiore attenzione alla prevenzione e la ricerca potrebbe informare lo sviluppo di interventi di salute pubblica volti a promuovere un sano invecchiamento cerebrale attraverso strategie dietetiche". I ricercatori affermano che un maggiore apporto di magnesio nella nostra dieta sin dalla giovane età può salvaguardare dalle malattie neurodegenerative e dal declino cognitivo quando raggiungiamo i 40 anni. "Lo studio mostra che una maggiore assunzione dietetica di magnesio può contribuire alla neuroprotezione nelle prime fasi del processo di invecchiamento e gli effetti preventivi possono iniziare a 40 anni o anche prima". “Ciò significa che le persone di tutte le età dovrebbero prestare maggiore attenzione al loro apporto di magnesio. "Gli effetti neuroprotettivi di più magnesio nella dieta sembrano avvantaggiare le donne più degli uomini e di più nelle donne in post-menopausa rispetto a quelle in pre-menopausa, sebbene ciò possa essere dovuto all'effetto antinfiammatorio del magnesio". Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
mario61 Posted Thursday at 07:32 PM Author Share Posted Thursday at 07:32 PM Prove che l'aumento delle concentrazioni sieriche di 25(OH)D a 30 ng/mL nel Regno dell'Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti potrebbe migliorare notevolmente i risultati sulla salute Biomedicines 2023, 11(4), 994; https://doi.org/10.3390/biomedicines11040994 23 March 2023 Sempre più prove supportano i potenziali effetti protettivi della vitamina D contro malattie croniche come il morbo di Alzheimer, malattie autoimmuni, tumori, malattie cardiovascolari (cardiopatia ischemica e ictus), diabete di tipo 2, ipertensione, malattia renale cronica, ictus e malattie infettive come malattie acute del tratto respiratorio, COVID-19, influenza e polmonite, nonché esiti avversi della gravidanza. Le rispettive prove si basano su studi ecologici e osservazionali, studi controllati randomizzati, studi meccanicistici e studi di randomizzazione mendeliana. Tuttavia, gli studi controllati randomizzati sull'integrazione di vitamina D non sono riusciti in gran parte a mostrare benefici, probabilmente a causa della scarsa progettazione e analisi. In questo lavoro, miriamo a utilizzare le migliori evidenze disponibili sui potenziali effetti benefici della vitamina D per stimare la prevista riduzione dei tassi di incidenza e mortalità delle malattie correlate alla vitamina D nel Regno dell'Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti se il livello sierico minimo di Vit D fosse aumentato a 30 ng/mL.Le riduzioni stimate sarebbero del 25% per l'incidenza di infarto miocardico, del 35% per l'incidenza di ictus, del 20-35% per la mortalità per malattie cardiovascolari e del 35% e forse anche di più per la prevenzione del diabete di tipo 2. Dallo studio VITAL, si stima che i tassi di mortalità per cancro potrebbero essere ridotti del 35%. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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