Carissimi amici,
ho avuto modo in questo brevissimo periodo in cui sono iscritto al forum di scambiare due chiacchiere con altri utenti ed è da lì che nasce questo topic.
Cercherò di spiegare in maniera semplice un concetto che semplice non è, ma è essenziale per l'avanzamento di ognuno di noi, e dal momento che ho letto parecchi riferimenti a discipline orientali qui su CN, prenderò come riferimento quello che credo sia il principale dei testi sacri orientali, la Bhagavad Gita.
Chi intraprende un cammino di risveglio, di consapevolezza, sa che è necessario eliminare quelle molteplicità psicologiche che rappresentano l'ego e con le quali ci identifichiamo di continuo. Sono questi "io" che impediscono il cammino del risveglio della coscienza, nonchè le nostre pratiche meditative. E' evidente che non ci sia meditazione senza che emergano pensieri, che sono il frutto delle molteplicità psicologiche. Il pensiero è evidente che rappresenti l'errore da correggere.
"La causa dell'errore è nel mondo del desiderio. L'ira è solo una variante o un aspetto del desiderio. L'ira è lo stesso desiderio. Quando un desiderio non è gratificato, uno diventa irascibile contro coloro che si frappongono come ostacolo al raggiungimento o alla soddisfazione del loro desiderio. Il desiderio è nato nelle qualità di Rajas e quando sorge genera ancora Rajas e spinge l'uomo a fare tutto il possibile per ottenere quell'oggetto. Pertanto ricorda che il desiderio è l'avversario dell'uomo sulla Terra" (Gita, cap. III-37)
Al di là dell'apparente contraddizione delle prime frasi, questo estratto è incredibilmente esoterico e rappresenta una chiave preziosissima per il risveglio della coscienza. Cerchiamo di analizzarlo.
Il pensiero, ovvero la causa dell'errore, deriva dal desiderio. Credo che questo sia evidente e che possa essere facilmente constatato con un minimo di auto-osservazione. Il testo fa l'esempio dell'ira, uno degli aggregati psichici dell'ego pluralizzato. Probabilmente il più facile da osservare ed eliminare.
L'ira evidentemente non è l'unico "io" che ci impedisce di meditare, ci sono innumerevoli altri vizi psicologici come avidità, cupidigia etc.
Molti di voi sanno cosa è Rajas, uno dei tre guna che ritroviamo nello yoga. Rajas è emozione o passione. Gli altri due sono Sattva e Tamas (armonia e pigrizia).
Dunque il desiderio nasce dalla passione e produce passione ed è il nemico numero uno di ogni iniziato.
La Bhagavad Gita ripete questo concetto che appare di un'importanza fondamentale:
"Colui che sa resistere alle forze del desiderio e della rabbia e che ha soggiogato la propria mente emana attorno a sè la beatitudine di Dio" (Gita, cap. V-26)
Un importante maestro indiano del secolo scorso, Swami Sivananda ci aiuta a comprendere meglio il concetto:
"Tu pensi ad un oggetto dei sensi. E si sviluppa l'attaccamento a questi oggetti. Da questi attaccamenti sorge il desiderio. Dal desiderio esce la rabbia. Dalla rabbia scorre la delusione, dalla delusione nasce una memoria confusa e da questa la distruzione della ragione. Dalla distruzione della ragione tu muori."
Per morte si intende il sonno della coscienza e per ragione quel discernimento che è una virtù fondamentale della coscienza. Dunque si capisce quanto sia essenziale osservare i nostri desideri per l'eliminazione dell'ego. Se ci auto-osserviamo in meditazione possiamo constatare come ogni nostra azione provenga da un desiderio che è frutto della passione, dell'ego, del vizio.
Pertanto il lavoro, che abbiamo problemi con il partner o problemi economici o di salute o di qualsiasi altro tipo, è sempre lo stesso: analizzare ed eliminare il desiderio e l'io. Allora i problemi diventeranno eventi da vivere con curiosità o, verosimilmente, spariranno totalmente. Poichè non esisterà più il processo karmico da cui si svilupperanno. E riusciremo a disidentificarci dal corpo fisico per sperimentare le dimensioni superiori e risvegliare quei "poteri" che tanto ... bramiamo (desideriamo ).