Con questo messaggio, sorto dall'osservazione delle cose di questi tempi che ben conosciamo, che non volevo scrivere avendo preso sin dall'inizio la decisione di stare in disparte su determinati argomenti, vorrei esporre la visione non dualistica di ciò che sta accadendo in questo momento nel mondo. Non volevo scrivere perché non ho molto tempo per stare a discettare le eccezioni che sicuramente queste parole solleveranno, infatti non lo farò, ma poi qualcuno mi ha svegliato di notte per suggerirmi di vedere come queste parole potrebbero invece essere di beneficio e servizio a qualcuno, quindi mi accingo a sottopormi al vostro giudizio solo per riguardo verso quell'uno che potrebbe avere eventuale beneficio da queste parole. Se non sono di vostra utilità vi prego di passare oltre, se potete.
Partiamo da alcune premesse, la Realtà è unica e priva di contraddizione in sé stessa, totalmente coerente nella sua esistenza, la sua dimensione è l'eterno, la sua sostanza indifferenziata, la sua natura è fissa e immutabile nella sostanza, mentre contemporaneamente nella manifestazione è molteplice e dinamica, questa è la sua natura irriducibile. Il molteplice e il dinamismo nella loro essenza sono eterni, ma nella loro manifestazione non lo sono, perché è nella loro natura la morte e il tempo. Non c'è quindi nessuna contraddizione tra eternità e morte, la seconda serve la prima
Nella Realtà è l'uomo, questi è - come tutte le altre creature viventi - votato a una sua attività particolare per la quale è perfettamente equipaggiato, al pari delle altre creature con cui condivide lo spazio che sono perfettamente dotate per fare le loro. Qualsiasi essa sia egli la compie per mezzo di: 1- un corpo fisico che gli permette di interagire con la materia 2- una coscienza che gli permette di interfacciarsi con l'ambiente (senso di auto-esistenza) 3- di una mente che funge da capiente serbatoio di esperienze (quindi votata all'accumulo). Le "regole" in base alle quali egli pensa non sono già nella mente ma egli le prende dall'esterno, osservando la ciò che lo circonda, in quanto la Realtà essendo priva di contraddizione è contemporaneamente legge e quindi osservare la realtà vuol dire osservare pure la legge. Chiaramente l'uomo non può mai e poi mai sottrarsi alle leggi della sua realtà, può solo rispettarle, quello che può non fare invece è comprenderle (cioè creare una specie di realtà fasulla con leggi diverse nella sua testa), perché questo non è strettamente necessario per l'attività che questi deve compiere nel suo tempo di vita, se questi si pensa come un corpo e un insieme di ricordi. Se però l'uomo inizia a pensarsi diversamente da così - e il fatto che ne abbia la potenzialità indica che molto probabilmente sarebbe l'ideale per lui - inizia uno spontaneo processo di rettificazione del contenuto della sua mente, che lo porta a comprendere com'è fatto davvero (ovvero a capire che il corpo e i pensieri sono diversi per ciascuno ma la coscienza e la natura della mente sono indifferenziati e dunque della natura dell'eterno) e a vedersi unito e coerente alla realtà e non più separato. Allo stesso modo funziona l'opposto processo, se uno vede l'identità di sé stesso con gli altri sorge in lui la giusta attitudine della mente alle opere giuste, ovvero di beneficio per sé e per gli altri, la cosa ognuno la vede benissimo per sé stesso.
Che sia proprio l'ideale per lui lo testimonia il fatto che l'uomo per questa sua ignoranza soffre molto, ma non è colpa sua, e lui lo sa bene, per questo prova rabbia e tristezza. A voler vedere un senso evolutivo direi proprio che la sofferenza è al servizio della causa dell'uomo. Ecco, se uno comprendesse che gli uomini sono tutti uguali, e che soffrono perché sono ignoranti e non perché sono cattivi già avrebbe fatto un grosso passo avanti per risolvere il problema del male nel mondo (il male non è nel mondo, è solo nell'uomo, fintanto che è in questa ignoranza per sé stesso).
Chiaramente, poiché le cose stanno così, in un tempo lungo ma non infinito la questione se la mente dell'uomo sia destinata ad evolversi mai a sufficienza affinché l'intera umanità nel suo complesso sia libera dalla sofferenza, o se non lo farà, è irrilevante (a mio parere se non ci auto-eliminiamo prima è assolutamente inevitabile che la coscienza collettiva faccia questo balzo dall'egoismo alla fratellanza), e a giudicare da ora uno potrebbe sia dire che in futuro ci sarà sicuramente la "redenzione" del mondo sia che non ci sarà, ma questa è la prospettiva dell'eterno e noi invece che parliamo siamo nel tempo, perciò?
Il punto di congiunzione tra il tempo e l'eternità è l'unità, ovvero il presente, il singolo terreno in cui portare la pace perché la pace sia nel mondo è proprio ciascun uomo. Non si può infatti portare la pace con la guerra, la pace si porta con la pace.
Perciò uno deve vedere bene se lui stesso ha capito la lezione prima di mettersi su qualunque pulpito a scagliarsi contro l'altro, e non perché sia la morale che lo imponga, ma perché l'uomo -se realizza l'errore che lo abita- passa istantaneamente a percepire per sé stesso la propria unità con la realtà e questo è sufficiente per ciascuno di noi fino alla fine di questi giorni. A nessuno infatti è stata data la responsabilità e quindi il potere sul mondo nel complesso, ma a ciascuno è stata data la responsabilità (e quindi la libertà) di sé stesso. Si fa un errore di giudizio quando ci si impiccia di fatti non propri senza sapere quello che si fa, non porta beneficio a nessuno, si fa un errore pure quando si confonde il tempo e l'eternità e non si vede che nel tempo è assolutamente necessario il dinamismo degli opposti, e che l'accettazione di questo è molto benefica. Se uno è nato per lottare lotti, ma chi in questa vita si vuole svegliare deve lasciare queste cose quanto prima e applicare una corretta discriminazione a sé stesso.
Mi fermo qui perché è inutile dire che questo è un atto radicalmente trasformativo, la cui potenza genera meraviglie di ogni tipo. Uno deve sperimentare personalmente la verità di queste cose e io spero che tanti lo facciano e siano nella gioia e nella pace per questo.
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"Perché guardi la pagliuzza nell'occhio di tuo fratello e non la trave nel tuo?"
"Perché giudichi le irrilevanti azioni materiali del tuo prossimo e non vedi che per questo giudizio non sei nella pace tu stesso? Non sei qui per giudicare, semmai per discernere."
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Piccola nota di riflessione personale sulla pandemia, dividendo un piano di manifestazione temporale e un piano di eternità.
Sul piano fisico-temporale
Il covid è un morbo come ce ne sono stati altri sulla terra, ricordiamo la peste bubbonica che decimò l'Europa per esempio, ne sono morti circa 10-15 milioni. All'epoca i vaccini non c'erano, senza fare nulla - secondo alcuni - anche il covid avrebbe potuto fare numeri maggiori di quelli.
La cosa sicuramente dette un grande impulso alla medicina ed eccoci ad oggi dove l'uomo non è solo guarito dalla medicina, ma pure ammalato dalla stessa, la questione è evidente, così com'è evidente la corruzione che il denaro ha fatto dello scopo guaritore della medicina. Entrambe le cose sono vere, uno ha tutte le ragioni per vedere l'una e l'altra cosa, infatti nessuna fazione riesce ad avere ragione dell'altra perché sono aspetti complementari e apparentemente contraddittori della manifestazione.
Sul piano spirituale
Si tratta di un'opportunità di risveglio, per tutti, sia che il corpo muoia sia che resti in vita, sia che si prenda il morbo sia che non si prenda, sia che si scelga di vaccinarsi sia che non si scelga di vaccinarsi, la cosa dev'essere molto chiara, perché nessuno abbia la presunzione di essere qua per giudicare il prossimo (anche perché com'è possibile giudicare uno che non sa cosa fa?). Possiamo solo collaborare e possibilmente aiutarci a vicenda a trarre il meglio per noi stessi e per il mondo da queste vicende.
Pure Gesù chiese che fosse allontanato il calice, ma poi lo bevette fino in fondo e fu per la sua gloria e la nostra salvezza.