Inviato 12 luglio 2017 - 08:04
Se ti avessi davanti ti racconterei una storia. Ci pensavo l'altra sera, avevo bisogno fosse reale, almeno per un pò. Ero sveglia alle tre del mattino, in un caldo immobile di un paese che non era il mio. Sono andata nella veranda per fumare, senza riconoscere quel cielo, manco la luna vedevo, perdio. Allora ho pensato che quel cielo violento e senza pace, senza una vera notte, rosso dai lampioni della città sotto, doveva essere quasi uguale al cielo che vedevi tu, sempre. E ho pensato, mentre dovevo chiudere gli occhi per il fumo che lasciavo salirmi davanti alla faccia, che avrei preso il treno. Avrei preso il treno e sarei arrivata chissà come nella tua città, vestita con tessuti che mi svolazzavano intorno, e alla stazione come per magia ti avrei trovato, e ti avrei incantato con un sorriso o una battuta scema, e mi avresti preso per mano per trascinarmi via perché i miei vestiti venivano increspati e gonfiati dal vento e i miei capelli turbinavano intorno nascondendo il mio viso e da un momento all'altro sarei potuta volare via.
Ho pensato e vissuto, mentre la sigaretta si consumava lenta, alla prima frase, al primo sorriso ricambiato, al primo imbarazzo, al primo sguardo. Ho fissato nella mente quei momenti immaginati, col cuore che mi batteva per davvero. Ho vissuto insieme a te un germe di vita che sbocciava, una prima carezza, un primo bacio, forse un Ti Amo, nah, forse quello no. O forse si.
Ho pensato, visto, provato, e ne ho sentito la mancanza, di te e della prima volta che abbiamo fatto l'amore, e del cielo infuocato che ho guardato poi dicendoti che non ero mai stata così felice. Ho vissuto nella cenere che cadeva nel buio la prima incomprensione, il primo dubbio, la prima rabbia. La prima riappacificazione, poi la seconda. Ancora sorrisi e baci e vita che scorre veloce, e ancora timori e germi di rancori e poi carezze e perdono. Ho vissuto così tanto in quel momento malsano, in quel modo malsano che costringe all'immobilità, perché le immagini non svaniscono, non subito. Non potevo allungare una mano o tendermi verso il vuoto, o tutto sarebbe svanito, so che sarebbe svanito comunque, ma ancora ero fuori, e l'alba ancora lontana. Sono stata per un pò, a vivere e sognarti, quando poi la brace ha iniziato a scaldarmi la punta delle dita ho dovuto riaprire gli occhi. Questa è la storia di come ci siamo trovati e poi persi, inevitabilmente. Non esistono lieti fini, perché la fine di per se è quello che è, fine.
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